Difficile giudicare un album del genere, specialmente se viene da una band, gli Atrocity, che negli ultimi 12 anni sono stati capaci di pubblicare un solo full lenght album, circondato da una miriade di EP ed esperimenti vari. Carenza di idee? Forse, ma d'altra parte Alex Krull e compagni non sono nuovi ad un'esperienza del genere, visto che 11 anni fa ci avevano regalato il primo "Werk 80", album di sole cover pop anni '80, discretamente reinterpretate dal combo tedesco.
Oggi gli Atrocity ci riprovano, con una nuova raccolta di brani ottantiani, in gran parte totalmente estranei al mondo metal.
Le tastiere e l'atmosfera gothic metal la fanno da padrone su "Werk 80 II", complice anche la presenza (gradita ed efficace, a dire il vero) di Liv Kristine, ex cantante dei Theatre Of Tragedy, nonché moglie del fortunato Krull. I risultati sono altalenanti, diciamo, in quanto alcune cover riescono molto bene e giovano del trattamento "metallico", mentre altre risultano un po' troppo "mosce" e forse un po' troppo fedeli agli originali. In altre parole, in alcuni casi ci si sarebbe aspettati una maggiore irruenza nel proporre canzoni come "Don't You Forget About Me" o "People Are People". La cosa fa un po' rabbia, visto che, quando gli Atrocity decidono di picchiare duro, come su "Hey Little Girl", "Keine Heimat" o sulla leggendaria "Relax", con tanto di doppia cassa e growling, il risultato è senz'altro migliore. Qui devo ammettere di essere un po' prevenuto, in quanto non ho mai fatto mistero di apprezzare le cover, in chiave metal, di canzoni che col metal c'entrano poco o nulla, ma ritengo che la miglior cover sia sempre quella in cui un artista riesce a dare la propria impronta, senza rendere irriconoscibile il pezzo. Ecco, probabilmente dagli Atrocity mi sarei aspettato un po' più di coraggio. Quando questo c'è, vedi i pezzi succitati o l'eccellente, questa sì, "Fade To Grey", il giudizio su "Werk 80 II" si fa assolutamente positivo. "Such A Shame", invece, bellissima canzone dei Talk Talk che da ragazzino ho amato molto, risulta un po' troppo fiacca e con un bel po' di potenziale inespresso. "Smalltown Boy", primo singolo estratto dall'album, e "The Sun Always Shines On TV", di cui è stato prodotto un video, sono entrambe senza infamia e senza lode. Buona "Here Comes The Rain Again", resa con la giusta atmosfera ed energia, anche se, va detto, misurarsi con l'espressività e il talento di una cantante straordinaria come Annie Lennox non è un compito facile per nessuno. La conclusiva "Forever Young", ahimè, a mio avviso è pessima nel cantato di Krull, al di là del quale, comunque, nulla aggiunge e nulla toglie ad un album che avrebbe potuto essere di gran lunga più interessante.
Che dire? Mi aspettavo di più. Da una band come gli Atrocity sarebbe lecito aspettarsi parecchio vigore in più nell'interpretare un lotto di canzoni che, in fondo, sono tutte interessanti e quasi tutte dei piccoli classici del pop. Peccato, alla fine i brani che risaltano sono solo un paio ("Relax" e "Fade To Grey" su tutti) e "Werk 80 II" è un'occasione mancata per più di metà del disco. Speriamo che gli Atrocity sappiano risolvere i problemi di line-up che li hanno recentemente afflitti e soprattutto, che siano in grado di tornare presto con un nuovo album di materiale inedito.
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