I Devious con il loro secondo album, questo Domain, hanno avuto probabilmente l'intenzione fare un prodotto che includesse e facesse propri tutti i rami e i colori che il death metal, nei suoi vent'anni di storia, ha saputo regalare. Dal death viscerale degli inizi al tecno death che tanto va di moda ora, passando per l'intimismo e la melodia del primo melodeath non manca assolutamente nulla. Il gruppo non si priva nemmeno di una capatina nel campo black melodico e dell'utilizzo di tastiere a fine accompagnamento.
Il rischio che si corre con una proposta cosi sfaccettata è, prima di tutto, quello di renderla disomogena ma anche quello di porsi un obiettivo troppo alto e difficilmente raggiungibile. Sicuramente è raro trovare un gruppo che riesca ad eccellere anche in una sola delle sfaccettature qui proposte in un genere che, pur non essendo comparabile come ampiezza al metal in generale, riesce comunque, per varietà della proposta, ad annoverare ben 3/4 "scuole di pensiero". Se è difficile eccellere anche in una sola di queste "scuole", è facilmente intuibile come proporre un qualcosa che cerchi di riunirle tutte e risultare efficaci nell'interpretare ognuna di queste anime sia molto difficile, per non dire quasi impossibile.
Altrettanto intuitivo è il fatto che se ci trovassimo davanti ad un uscita in grado di riuscire in questo nobile intento probabilmente sarebbe opportuno parlare di capolavoro assoluto. Purtroppo però non è il caso. Il gruppo cade in modo equo in entrambe le trappole da me enunciate prima. Innanzitutto non riuscendo sempre ad amalgamare credibilmente le varie anime che vogliono fare convergere, ma soprattutto non riuscendo a mantenere una qualità buona in ogni sfaccettatura.
Quando vengono chiamati all'assalto sonoro senza mezzi termini rendono abbastanza bene a dire il vero, mentre le parti più intimiste invece risultano davvero poco riuscite rovinando il tutto. Questo rendimento altalenante condiziona in modo pesante il giudizio globale che avrebbe potuto essere molto migliore se il gruppo avesse individuato il suo punto forte e lo avesse sfruttato al massimo.
Non stiamo parlando di un prodotto inascoltabile o con brutture particolarmente evidenti ma di musica a tratti scritta bene, raramente scritta ottimamente in cui le buone idee naufragano in un oceano di forzature penalizzanti. Che il gruppo scenda con i piedi per terra e cerchi, con umiltà, di individuare le sue armi migliori (che ci sono eccome) lasciando da parte tentazioni di sfide troppo alte per il loro livello attuale.
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