Il rock italiano è ancora vivo. È questo il primo pensiero che sovviene ascoltando i piemontesi Medea, band autrice di un rock sanguigno, essenziale, dove, senza sovrastrutture posticce, viene messa in evidenza l’essenza stessa del sound, fatto di chitarre solide, liriche non banali e un singer decisamente bravo.
Troppo facile richiamare alla mente i Litfiba che furono, in pezzi come “Colpo su colpo” e la splendida “Medea”, ma in questo caso la sensazione di deja-vù (che non è riferita solo alla band di Ghigo Renzulli) è tutt’altro che fastidiosa, è anzi piacevole perché i Medea ci sanno fare.
Sempre in bilico tra melodia, “56 Ore”, e schitarrate viscerali, “Settembre”, la band non disdegna puntate in territori lisergici, come nella conclusiva “La mia mente”.
Il disco cresce con gli ascolti e lascia la sensazione che la band abbia ancora molto potenziale da esprimere. Alcuni pezzi, oltre a quelli già citati, mostrano una maturità nel ricercare melodie non banali e un songwriting armonico e ben bilanciato, sebbene essenziale. Esempio calzante di ciò che dico è “Perfetta”, canzone senza fronzoli eppure decisamente “compiuta”.
Disco decisamente piacevole e band su cui puntare per il futuro. Bravi Medea, continuate così.
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