Gli Stonefuze sono una band svedese che
sembra al debutto, ma in realtà non lo è: il gruppo è infatti il medesimo che dal 1992 al 1998 si esibiva col nome di Cornerstone (da non confondersi con gli omonimi danesi) e che ha pubblicato tre album.
Dopo otto anni di silenzio, i quattro musicisti hanno deciso di tornare insieme, cambiare nome e dare vita a un nuovo corso, il cui primo risultato è questo album, intitolato semplicemente "Stonefuze".
Dai tempi dei Cornerstone, la band ha ulteriormente indurito il proprio sound, che oggi si presenta come una sorta di incrocio fra stoner, hard rock e certo metal anni '70 (il riff di "Just Do It" è esemplare in tal senso).
La voglia di fare c'è, l'energia non manca, mentre la produzione è decente ma nulla più. Ciò che latita, invece, è l'ispirazione: queste 11 canzoni sono tutte più o meno simili e quasi tutte prive di spunti davvero interessanti. È soprattutto la prestazione vocale di Kent Franklin ad essere poco incisiva, il suo timbro aspro e rauco sarebbe probabilmente più adatto ad un certo tipo di heavy blues che non a cavalcate hard rock come si possono trovare su questo CD.
Alcuni brani funzionano, vedi "Motor Music" col suo andamento sincopato, la già citata "Just Do It" col suo riff settantiano, o "Pour Some Love" col suo refrain particolare ma azzeccato.
Il resto si alterna fra episodi accettabili, ma fin troppo banali e ripetitivi ("Apocalyptic", "Loud Guitars", "Grinding") ed altri decisamente brutti, come "Pollution Solution" o la conclusiva "Unknown". Se a questo si aggiunge un'assoluta mancanza di originalità nei titoli e nei testi, il quadro è completo.
In sostanza, possiamo apprezzare gli sforzi compiuti dagli Stonefuze, come per esempio il fatto di aver voluto pubblicare un album autoprodotto, ma il disco è un po' troppo sotto tono e troppo poco ispirato per essere consigliato.
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