"You know I am still Alive..."Nonostante la vita, musicale e non, gli abbia posto non pochi ostacoli,
Blaze Bayley non ha mai mollato, probabilmente trovando nella sua musica una valvola di sfogo. "The Man Who Would Not Die" rappresenta, infatti, Blaze al 100%, al di la del fatto che i suoi primi dischi dopo il periodo con gli Iron Maiden fossero usciti sotto il nick – Blaze - e che nel tempo siano stati diversi i musicisti che si sono avvicendati al suo fianco. L'anima del gruppo è comunque sempre stata quella di Blaze Bayley, inquieta e tormentata, la stessa che si riflette anche sulle canzoni che fanno parte di questo "nuovo" esordio.
"The Man Who Would Not Die" è Heavy Metal allo stato brado, ritmica martellante e passo schiacciasassi, con la caratteristica voce, roca e nasale di Blaze, ad assumerne il ruolo principale. I ragazzi che lo accompagnano non sembrano brillare per fantasia e personalità ma sicuramente sanno picchiare, sopratutto il batterista Larry Paterson che si rivela un vero rullo compressore. E questi ragazzi non si tirano indietro nemmeno sulla possente "Blackmailer" (qui sono le chitarre ad essere "martoriate" dalla coppia Nico Bermudez e Jay Walsh) o sulla lunga "Smile Back at Death", che lascia trapelare qualche reminescenza maideniana. Un'influenza, questa, che sfiora anche "While You Were Gone", che al di là qualche concessione melodica in più è un gran bel brano che corre sul filo del rasoio, segnalandosi come uno degli highlights del disco e sopratutto in grado di emozionare. E questo riesce, anche meglio, ad un pezzo eccezionale come la ballad "At the End of the Day", che se non brilla per originalità, è marcata a fuoco da una prova da brividi di Blaze. Chiusa questa parentesi intimista, arrivano gli schiaffi in pieno volto da parte delle immediate e lineari "Samurai" e "Robot" (leggermente effettata) o di una "A Crack in the System", articolata e modernista (ma sempre in campo Heavy Metal!) che ci restituisce le atmosfere di "Silicon Messiah" e "Tenth Dimension". Un altro brano non semplice, comunque legato a stilemi più classici, è "Waiting for My Life to Begin", con una gran prova d’assieme dell’intera band, che replica su "Voices from the Past" e la conclusiva "Serpent Hearted Man", tutte canzoni caratterizzate da ottimi passaggi strumentali, brusche accelerazioni, azzeccate soluzioni vocali. Non altrettanto convincente invece "The Truth Is One", aggressiva ma un po’ troppo farraginosa e sopratutto con un refrain non così fluido come nel resto dell’album.
Ad ogni modo, al di là dei singoli episodi, si tratta di un album che ha il suo punto di forza nella compattezza e nella sua drammaticità, assicurata anche dall'artwork, incentrato su un uomo fustigato e probabilmente prossimo alla sua esecuzione, circondato e torturato dai "poteri forti"... riuscirà a sopravvivere? Credo di si!
...The Truth Is One: Blaze Rules!
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