Avendo appena completato un intero decennio di attività nella scena rock, i Mustasch pubblicano questo “Lowlife highlights” per sottolineare il traguardo raggiunto. Non si tratta però di un nuovo lavoro, bensì di uno sguardo sul passato della band svedese.
E’ infatti un’antologia che prende in esame il periodo antecedente a “Parasite” e “Last version of the truth”, i titoli che hanno finalmente garantito al gruppo un minimo di notorietà extra-nazionale. Questo significa che nonostante l’assenza di materiale inedito, il corposo “greatest hits” può risultare ugualmente interessante per chi ha scoperto i Mustasch solo di recente.
La selezione dei brani è ottima, visto che comprende quasi tutti i vecchi cavalli di battaglia del quartetto (“Unsafe at any speed, Down in black, Ratsafari, ecc.) finora popolari solo tra i fans scandinavi.
Dalla raccolta emerge pienamente la personalità dei Mustasch, per i quali si può impostare un parallelo con i vicini norvegesi El Caco. Le due formazioni propongono infatti un similare heavy rock massiccio e potente, ma sempre molto curato ed intrigante nelle sue linee melodiche. Oltre a questo le unisce una specifica abilità nell’imporsi ad un pubblico più vasto della sola cerchia dei rockers, non a caso entrambe hanno più volte frequentato le charts dei rispettivi paesi e goduto di buona esposizione mediatica tramite video-clips, comparsate televisive, ecc.
Personalmente resto maggiormente coinvolto dal lavoro dei Mustasch, i quali rispetto ai cugini di Norvegia non presentano alcuna infiltrazione “modernista” e vantano anche superiore flessibilità nelle soluzioni. Una dote che emerge anche in questo disco, dove si alternano richiami allo scandi-stoner massiccio e cadenzato, influenza che purtroppo sembra essersi attenuata col tempo, echi della tradizione energy-rock e perfino occhieggiamenti verso gli ultimi Metallica (“Homophobic/Alcoholic, Haunted by myself”), colosso che i Mustasch imitano vagamente nel look ed in certi atteggiamenti guasconi.
Vi sono anche i germi della linea attualmente sposata dal gruppo, ovvero brani dal tiro roccioso ma di grande appeal mass-mediatico. Assolutamente vincenti ed accessibili a tutti episodi come “Fredrika”,”White magic”,”Into the arena”, a dimostrazione che non siamo di fronte alla solita micro-realtà per esperti di settore. Anzi, mi sento di consigliare questo “Lowlife highlights” a tutti coloro che amano il rock di grande impatto ma mai esasperato ed indigesto.
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