Questo è uno dei gruppi che ho più spesso citato nelle mie recensioni. Il loro debutto “Revenge is easy” era risultato una delle novità maggiormente stimolanti del 2000 in campo heavy rock, al quale ha fatto seguito un lungo periodo di relativo silenzio discografico ma di intensa e proficua attività live. I Puny Human sono ovviamente una presenza di nicchia estrema, totalmente al di fuori delle logiche di mercato, ma probabilmente anche l’unica formazione di questo tipo ad ottenere qualche attenzione ed un minimo di visibilità nel circo mediatico di MTV poiché il drummer Iann Robinson è un popolare Veejay dell’emittente, solito presentarsi di fronte alle telecamere abbigliato con T-shirts della propria band o di colleghi underground come Fireball Ministry, Halfway to Gone o Five Horse Johnson. Un modo di pubblicizzare il settore alquanto spartano, ma perlomeno una minuscola fiammella di vera musica che s’insinua tra le lolite pop-rock, i trucidi rappers ed i saltimbanchi mascherati.
Questo secondo lavoro porta notevoli cambiamenti nello stile del gruppo, protagonista all’esordio di un rozzissimo e selvaggio heavy acidamente impastato con aperture psych e rumorosa aggressività, per un sound crudo, pesante ed intimidatorio.
I quasi tre anni trascorsi hanno permesso una maturazione dei Puny Human, adesso molto più controllati e puliti, intenti in un songwriting votato al rock essenziale, meno roboante ma ancora solido e granitico.
Il primo nome che mi viene in mente per un confronto è quello dei Corrosion of Conformity, o ancora meglio quello dei Clutch, sia per l’attenzione ad un rifferama infaticabile e variegato, sia per analogie vocali tra Fallon ed il rude Starace, il quale ha completamente abbandonato il rauco urlare del primo album per mettersi a cantare in maniera più contenuta, addirittura con alcuni accenni melodici.
Cambiamenti quindi, per i quali ha sicuramente inciso l’esperienza del produttore J.Yuenger, che ricordiamo all’opera sul famoso e discusso “The action is go” dei Fu Manchu, che ha totalmente prosciugato il suono del gruppo da tutte le distorsioni e le asperità, rendendolo concreto e compatto pur se fin troppo scarno e lineare, certamente assai meglio assimilabile anche al di fuori della galassia dell’heavy alternativo.
Le fiamme che risaltano in copertina, vero revival degli anni ’70, anticipano il bollente groove di canzoni come “Champagne minivan”,”Greasin’the wheel”,”Witches chasing cabs”, pura energia rock battente, blocchi serrati di riffs incalzanti ed articolati che mostrano nuovi scenari ad ogni ascolto, ma senza deragliare o andare fuori misura. Il boogie-rock in odor di southern “Ever now we are..”, l’hard velenoso e tagliente “Kill you in the face”, la concessione finale all’oppressione acida e psych “B.i.b.l.e.” gli episodi più brillanti, con i singoli membri della formazione che palesano chiari miglioramenti e maggior consapevolezza nei propri mezzi, rinunciando in parte all’originaria carica distruttiva in cambio di una potenza rock seria e priva di fronzoli.
Se il debut-album era un mostro sfrenato ed informe, il suo successore è un mostro lucido e dai contorni perfettamente definiti. A titolo personale posso sentire la mancanza dell’incolta rozzezza di brani come “Raze the leghorn bar” o “Jesus has my leg” ma è indispensabile evidenziare che il nuovo lavoro rappresenta un passo in avanti nella crescita dei Puny Human, ora in grado di rivolgersi ad un pubblico più vario ed ampio rispetto a prima.
Forse il capitolo successivo provvederà a coniugare le due anime della band, quella rissosa del passato e quella adulta del presente, ed allora il quartetto Newyorkese decollerà definitivamente, intanto lasciamo che questa nutriente linfa rock ci scorra nelle vene.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?