Nuovo (ennesimo?) cambio di rotta per i
The Haunted, che dopo l'esperimento perpetrato nel precedente "
The Dead Eye" del 2006, sempre su
Century Media, album in cui si assegnava un ruolo importante al groove, strizzando l'occhio a gruppi come gli
Entombed di "Wolverine Blues" ed i
Down di "Nola", fanno un bel passo indietro verso il thrash di "
rEVOLVEr", ma in ogni caso ancora una volta diverso dai capitoli precedenti.
Abbandonati il momento più thrash scandinavo di "
One Kill Wonder" e, per fortuna, la furia iconoclasta e gli eccessi del sopravvalutato debutto, i
The Haunted sterzano, per la quarta volta durante la loro carriera, stavolta in direzione udite udite statunitense, nel senso che la loro proposta è oggi un mix di thrash nordico ed americano, ma senza la componente (a mio avviso fuori luogo) groove e mezza southern di "The Dead Eye", un lavoro che a differenza del mio collega Gino Schettino non sono mai riuscito a digerire.
Questo "
Versus" punta molto più al sodo: riff serrati e violenti ma sempre distinguibili, senza mai esagerare nella componente "casino fino a se stesso" (sì, come nel primo disco, esatto), assoli taglienti e melodici (sembra più volte di ascoltare il vecchio Skolnick dei
Testament che furono!), melodie di scuola classica e minutaggio molto breve in ogni brano, che quasi mai riesce a superare i 4 minuti.
La partenza affidata alla doppietta "
Moronic Colossus" e "
Pieces" è ottima e ci mostra immediatamente che i The Haunted si sono ripresi perfettamente dalla sbandata del lavoro precedente; anche
Dolving alla voce, dimenticati i bagordi del debutto, è sinonimo di qualità e sicurezza, sebbene non possa nascondere le mie simpatie per i lavori cantati da
Marco Aro, che a mio avviso si prestava molto meglio al songwriting della band. In ogni caso Dolving si lascia a dir poco apprezzare, sebbene risulti un po' ostico nei momenti in cui si lascia andare a vocalizzi puliti e psichedelici che ricordano da vicino il compianto Staley degli
Alice in Chains.
Non abbiamo ancora parlato dell'ovvia consistenza di fondo, ovvero quel thrash a-là At The Gates che è insito nella natura degli At the Gates stessi e che si perde solamente in alcuni episodi più particolari come "
Trenches" in cui pare di ascoltare qualche giovane gruppetto alle prese con sonorità
Soilwork e compagnia cantante.
In definitiva "
Versus" è un disco molto equilibrato, più canonico e "sicuro" rispetto al precedente, bilanciato tra mid-tempos più melodiosi ed attacchi all'arma bianca, che risulta molto fresco ed immediato, sebbene non raggiunga le cime di "
The Haunted Made Me Do It" e dello splendido "
rEVOLVEr".
Un graditissimo ritorno di una band che va comunque apprezzata per il suo girovagare e sperimentare ma sempre nel campo dell'estremo,
sempre ben salda alle proprie radici e rispettosa dei propri fans.
E tutto questo ai giorni d'oggi è merce più che rara.