“Come puoi trovare te stesso se non ti perdi? Come puoi rinnovarti se non invecchi? Devono esserci picchi ed avvallamenti, altrimenti la vita è noiosa.” Le parole sono di Neil Young e le ritengo assolutamente funzionali a commentare l’operato di un veterano della musica come
Alice Cooper, figura leggendaria e assolutamente essenziale per la genesi e l’evoluzione del connubio tra rock e teatralità, capace di creare, nella sua lunghissima carriera, immensi capolavori, ma che ha spesso vissuto momenti veramente difficili, personali (la dipendenza dall’alcol) e artistici, dimostrando di saperli affrontare meglio di altri (forse anche grazie alla scissione tra l’uomo Vincent Furnier e il personaggio Alice Cooper), accettando di rigenerarsi e riciclarsi, anche se non sempre tale operazione è stata completamente all’altezza della sua fama.
Una vita costellata di smarrimenti e di “ritrovamenti”, di alti e bassi, verosimilmente per nulla tediosa, dunque, quella dello “zio” Alice, e personalmente non vedevo l’ora di poter valutare se il nuovo concept album (basato sulle vicende di un serial killer di nome Spider) dal titolo “Along came a Spider”, poteva essere catalogato tra i picchi o tra gli avvallamenti della sua ricca discografia, giunta al venticinquesimo sigillo.
Ebbene, direi che probabilmente non siamo ai massimi livelli della sua corposa esistenza artistica e tuttavia certamente nemmeno ai suoi minimi storici e quello che si può rilevare immediatamente è che qui il nostro sembra aver condensato, attraverso un’adeguata alchimia, le varie epoche del suo suono, l’hard/glam dei seventies, l’heavy degli eighties e pure alcune delle tendenze “moderniste” del nuovo millennio (quelle piuttosto evidenti in opere come “Brutal planet” e “Dragontown”, per intenderci).
Su tutto si staglia, poi, l’egregia ispirazione e soprattutto l’incredibile carisma di Mr. Cooper, il quale accompagnato da eccellenti musici, rende sia i brani maggiormente “tradizionali” (“I know where you live”, l’anthem impreziosito da un cameo di Slash “Vengeance is mine”, “(In touch with) your feminine side”, “Wrapped in silk”, “The one that got away”, la preziosa ballata “Salvation”), sia quelli più “attualizzati” (“Wake the dead”, con il contributo alla scrittura di un altro celebre e scapestrato “rock-uncle” - Mr. Ozzy Osbourne - , “Catch me if you can”) lodevoli numeri pregni d’emozione, tensione ed intrattenimento, in grado di non sfigurare poi troppo neanche se paragonati ad un passato spesso così radioso.
Rimane ancora qualche momento in tono minore a limitare leggermente l’efficacia complessiva di un lavoro comunque assai buono, e a convincermi che da uno come Alice possiamo (e “dobbiamo”) sicuramente aspettarci qualcosa di più.
Con questa consapevolezza, ritengo che i fans potranno trovare sostanziosi motivi di soddisfazione tra i solchi di “Along came a Spider”, mentre per tutti i “novizi” il consiglio è di dare la precedenza ai suoi numerosi masterpiece che hanno marchiato a fuoco la storia del rock, senza trascurare (come talvolta accade nelle classiche retrospettive a tema) quel “The Alice Cooper show” del 1977, per quanto mi riguarda degno di essere inserito di diritto in un’ipotetica playlist relativa ai live album più significativi di tutti i tempi.
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