L'arte non è un atto utilitario qualsiasi, l'arte non è un atto morale, l'arte non è né conoscenza concettuale, né storica. Ma tale concezione così difficile da afferrare, alla quale è forse possibile avvicinarsi unicamente attraverso giudizi negativi (ovvero parlando solo di ciò che essa non è), spesso può presentarsi nella dimensione quotidiana, sotto forma di fenomeno inatteso, disvelandosi in tutta la sua grandezza, questo particolare modo di presentarsi della forma d'arte è ciò che un grande pensatore del 900 definì epifania dell'essere.
Questa piccola e prolissa premessa, rappresenta ciò che (molto raramente) può nascondersi dietro un prodotto di consumo, quale può essere un semplice cd. In questo caso, il disco solista di
Amanda Palmer, animo femminino, dei
The Dresden Dolls.
Who Killed Amanda Palmer, titolo che omaggia il serial televisivo
Twin Peaks, vede la musicista americana spogliarsi (anche se non in maniera definitiva) dai rimandi sonori alla band madre, e ci regala una artista completa, dotata di un animo malinconico e profondamente teatrale, un animo che ha fatto propria la lezione del rock (mai come in questo caso, termine che va assunto nella sua totalità), ed in particolare dell'eclettismo che può far tornare alla mente
Nick Cave , sposandola alla perfezione con la libertà espressiva e compositiva vero punto di forza dei
The Dresden Dolls.
I brani del disco sono stati concepiti per piano e voce, ed anche se gli arrangiamenti presenti vanno a riportare alla mente i generi più disparati, è quella prima struttura portante a dominare su tutto, che si tratti della oscura e marziale
Astronaut ove spiccano melodie di ampio respiro date dalle parti classiche con la sezione di archi in primo piano, della cantilenante
Runs In The Family, ove si rivedono i
Cure in chiave maggiormente espressiva o della sognante
Apersand, vi è la sensazione di trovarsi ad ascoltare un lavoro che in più punti rasenta la perfezione. Non vi sono cali emozionali o punti di cedimento lungo tutta la durata dell'album, nonostante la diversità intrinseca delle tracce presenti, che ad un primo e superficiale ascolto potrebbero spiazzare l'ascoltatore.
Prodotto (nella quasi totalità) da
Ben Folds, al disco seguirà un photo book con i testi di
Neil Gaiman (autore di opere letterarie sotto forma di fumetto, quali
Sandman e
Black Orchid, e co-autore della storyline per
The Last Temptation di
Alice Cooper). Un vero è proprio progetto quindi, che investe musica, immagini e scrittura e che ha come denominatore comune la splendida voce di
Amanda Palmer.
Concludendo, non si può che consigliare questo lavoro a tutti coloro che sono alla ricerca di qualcosa di originale e dalla qualità sopraffina, ed in particolare a coloro che sono pronti ad abbandonare i concetti restrittivi di "genere musicale" e le diversificazioni da esso derivate. Un disco che in più frangenti diventa una vera e propria opera d'arte, una di quelle che con la propria totalità spiazzano e denudano l'uomo gettandolo nella sua parzialità.
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