Una
copertina semplicemente strepitosa (opera dell’artista
Ed Unitsky), credo la più bella vista negli ultimi anni, mi introduce ad un doppio cd di una band australiana, dedita ad un progressive rock di gran classe, dalle sonorità molto vicine a Spock’s Beard, Flower Kings, fino a risalire a certe suggestioni targate Yes o Genesis. Stiamo parlando degli Unitopia, band di grandi musicisti giunta qui alla sua seconda fatica sulla lunga distanza. Ed è proprio questo doppio cd, intitolato
“The Garden”, l’oggetto della nostra recensione.
Parlare sinteticamente di 100 e passa minuti di gran musica sarebbe impresa ardua anche per il recensore più esperto; per riassumere le migliaia di sensazioni diverse ispiratemi da questo album, vi posso rimandare ancora una volta alla splendida copertina: un caleidoscopio di immagini, colori, atmosfere diverse, che si mescolano inquinandosi positivamente a vicenda, contribuendo così ad un quadro d’insieme etereo e morbido, in cui la perizia di sei grandi musicisti dà vita ad un gustoso impasto sonoro.
Date le coordinate stilistiche del nuovo lavoro degli Unitopia, posso quindi raccontarvi che questo
“The Garden” è una sorta di concept album sulla speranza, sulla redenzione dopo il dolore, sulla possibilità di una vita migliore. La sensazione che permea le tracce di questo doppio lavoro è molto simile allo spirito di speranza religiosa caratterizzante i lavori di
Neal Morse, e sono proprio le atmosfere di Morse e dei suoi “ex” Spock’s Beard il riferimento principale di questa band, che molto deve a “Snow” e compagni quanto ad arrangiamenti e sfumature musicali.
Brani di appena due minuti, seguiti da lunghissime suite di 22 minuti e passa, momenti di puro prog rock mescolati ad improvvisazioni jazz, per poi scivolare in accelerazioni prettamente metal, che poi si travestono da ritornelli reggae… Chitarre ritmiche serrate che abbracciano percussioni e sassofoni, ritmiche prog da capogiro che ammiccano a xilofoni e mellotron… Potrei continuare all’infinito, tante sono le diverse nuances di questo “The Garden”. Se proprio devo citarvi qualche titolo, vi consiglio vivamente le due suite, che aprono i rispettivi cd:
“The Garden” e
“Journey’s Friend”, in cinque movimenti ciascuno, sono la summa stilistica di questa incredibile band. La voce di Mark Tureack vi ricorderà non poco Peter Gabriel, e così pure le caratteristiche salienti di questi due brani lunghissimi, e pregni di cambi d’umore e di sonorità. Una sarabanda di sensazioni difficile da descrivere con 26 lettere… è proprio quando incontro albums come questo che vi consiglio vivamente di andare sul
myspace della band: datevi la possibilità di giudicare con le vostre orecchie… C’è anche da dire che, ad onor del vero, non tutti i brani sembrano avere lo stesso spessore: sarebbe probabilmente stato più saggio racchiudere in un unico cd solo i pezzi più convincenti, e lasciar fuori dal lotto tracce peraltro godibilissime ma di minor appeal, com’è praticamente il caso di quasi tutto il cd 2, esclusa la stupenda opener di cui abbiamo già parlato. Spendo ancora una parola per
“I wish I could fly”, bellissima nella sua introduzione delicata e sognante, e
“Inside the power”, forse il brano più muscoloso del disco, con una prestazione potente e molto convincente, quasi a voler suggerire che, se solo volessero, gli Unitopia potrebbero fare musica di ogni e qualsiasi tipo.
Insomma, “The Garden” è un doppio cd pieno zeppo di Musica con la M maiuscola. Richiede inevitabilmente tempo, dedizione, attenzione; non è certo un dischetto da ascoltare in macchina andando al mare. Ma è dentro lavori come questi che si nasconde di solito la gemma preziosa quanto inaspettata. Brava la Inside Out, che ancora una volta ha fatto centro scovando in Australia una band semplicemente deliziosa.
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