Per i tedeschi
Deadlock fare meglio di "
Wolves", capitolo edito nel 2007 sempre dalla conterranea label
Lifeforce, era compito assai arduo.
Ed infatti non sono riusciti nell'impresa.
La band capitanata dal chitarrista
Sebastian Reichl e rappresentata per immagine e soavità dalla bella
Sabine, alle prese come sempre nelle clean vocals, lascia piuttosto attoniti per la direzione musicale di questo "
Manifesto" (per non parlare della copertina...) a causa di bizzarre scelte stilistiche inserite nel loro classico sound, fatto di un death metal molto aggressivo e pesante durante la strofa, in cui il latrato di Johannes Prem la fa da padrone, che nei chorus lascia la scena ai gorgheggi di Sabine e di conseguenza a partiture più classiche, melodiche ed ariose.
Tuttavia non c'è la magia di brani come "
We All Shall Bleed", a partire dall'intro in stile dance/elettronico che ci lascia perplessi e timorosi sul futuro sviluppo del disco... In effetti le composizioni sono assai strane ed anche la successiva "
Martyr to Science" pecca in fluidità e soluzioni, lasciando praticamente tutto il compito alla parte di melodica di Sabine, che però non va oltre il "carino".
Il problema si ripete per la successiva "
Slaughter's Palace" che contiene anch'essa delle parti veramente bislacche, a volte cacofoniche, di cui non si riesce a capire il senso; il senso di "appicicaticcio" a volte sembra palese e le strutture death e serrate a volte si modellano male con i break armoniosi e celestiali che precedono il chorus.
Anche gli assoli, uno dei punti vincenti del disco precedente, non riescono ad esaltare e non vanno oltre l'ordinario.
Ecco, il problema di un disco come "
Manifesto" è che non riesce a mantenere le premesse del passato e si attesta sull'ordinario, deludendo un po' per le aspettative iniziali, sebbene si possa parlare di un disco in ogni caso valido, anche se non proprio ispiratissimo ed a volte assai ripetitivo.
L'impressione generale è che la band abbia strafatto, andando oltre i propri limiti, cercando in continuazione la "giocata vincente" e non rendendosi conto che le forzature riescono solamente ai fuoriclasse, cosa che, con tutto il bene, i
Deadlock non sono davvero.
Un 6,5 che non rispecchia la differenza di valore rispetto al precedente "
Wolves" ma che comunque non può essere negato ad una band che in uno degli episodi di meno valore della propria carriera riesce a farsi notare ed apprezzare rispetto alla generale mediocrità imperante.
Speriamo fiduciosi nel futuro di questa band, che possa pensare meno a stupire per chissà quale astrusità di composizione e che possa pensare a convincere solo per l'effettiva validità del proprio songwriting.
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