Copertina 8

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2008
Durata:48 min.
Etichetta:AFM
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. THE KING OF HELL
  2. THE PLAGUE CALLED MAN
  3. TORMENTOR
  4. WHEN EMPIRES FALL
  5. WICKED DISPOSITION
  6. CARESS OF THE DEAD
  7. PAIN WILL BE THY NAME
  8. IN MY DARKNESS
  9. THE GARDEN OF TEMPTATION

Line up

  • James Rivera: vocals
  • Larry Barragan: guitar
  • Rob Trevino: guitar
  • Jerry Abarca: bass
  • Russell Deleon: drums

Voto medio utenti

Gli Helstar sono tornati, questa volta sul serio.
Dopo l'antipasto di "Sins Of The Past", che presentava vecchi brani ri-registrati con l'attuale formazione e due pezzi nuovi ("Tormentor" e "Caress Of The Dead"), finalmente è arrivato "The King Of Hell".
Quello che è a tutti gli effetti il primo vero album degli Helstar dal 1995, è anche un ottimo lavoro, potente, solido e ispirato.

Chi si avvicinerà per la prima volta a "The King Of Hell" dopo aver aspettato 13 anni, potrà tirare un sospiro di sollievo nell'ascoltare l'impatto della title track, che esplode dopo una sinistra intro cantata da un'evocativa voce femminile. Solamente un minuto dopo, l'urlo di James Rivera introduce un brano feroce e dannatamente heavy, con doppia cassa a manetta e un roccioso lavoro di chitarra.
Non da meno è "The Plague Called Man", grandiosa cavalcata speed metal in cui si ritrovano tutti gli elementi tipici della musica degli Helstar degli anni '80. La già nota "Tormentor" si conferma vincente soprattutto nell'epico refrain, mentre "When Empires Fall" è più canonica ma non meno potente. Passando per le granitiche "Wicked Disposition" e "Caress Of The Dead" si arriva a "Pain Will Be Thy Name", pezzo urlato e sparato a mille, in cui si sconfina senza mezzi termini nel thrash metal.
"In My Darkness" riporta invece alla mente "Nosferatu", l'album più complesso e incompreso degli Helstar, con un'atmosfera da pelle d'oca nelle prime battute, che pian piano lascia spazio a sonorità più heavy ma sempre magistralmente oscure. Il brano sfocia poi in un vero capolavoro, la conclusiva "Garden of Temptation": lugubri suoni di stampo orientale aprono la strada ad un tour de force di 9 minuti in cui le chitarre di Larry Barragan e Rob Trevino si rincorrono fra riff, melodie, assoli e cambi di tempo, il tutto con la voce straordinaria di James Rivera sugli scudi.

Un ritorno davvero convincente, quello degli Helstar. Meno elaborato di "Nosferatu" ma più aggressivo di "Distant Thunder", questo disco farà senza dubbio la felicità dei fans che con tanta pazienza lo hanno atteso.
Gli Helstar di oggi non hanno nulla da invidiare a quelli di 20 anni fa, anzi, se possibile sono diventati ancora più potenti di prima, grazie all'esperienza maturata da un gran cantante come James Rivera, ancora oggi in forma eccelsa, e dai suoi ritrovati compagni di avventura. Bentornati!
Recensione a cura di Michele 'Freeagle' Marando

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