Com’era già accaduto nel loro debutto, anche nel secondo lavoro dei
Pavic c’è parecchio amore e rispetto per i suoni dell’hard-rock classico, ma tutto questo da solo non è evidentemente più sufficiente per dare libero sfogo alle velleità espressive del guitar hero serbo (ormai italiano d’adozione) e dei suoi pards, che in “Unconditioned” tentano la carta della “modernizzazione”, attraverso un processo evolutivo che chiama in causa suggestioni di progressive e strutture armoniche pesanti e groovy, nel presumibile tentativo di svincolarsi dal ruolo di ottimi interpreti della “tradizione” carenti in fatto di “personalità”.
L’intento è di per sé lodevole e tuttavia il risultato, pur degno di nota, non mi conquista completamente, dal momento che si ha quasi l’impressione che la “inedita” situazione artistica non sia stata ancora metabolizzata a dovere e che alcune delle architetture musicali non siano perfettamente coerenti e quindi un po’ difficili da assimilare.
Il riffone, il basso pulsante e la brillante linea melodica rendono “Miracle man” uno degli episodi “contaminati” di maggiore efficacia dell’album, seguito dalle contrastate sperimentazioni in campo street espresse in “Ghost in a trash machine”, mentre personalmente non mi convincono più di tanto né le antinomie di “Creep” (chitarre e ritmica heavy, break prog-esque e refrain vaporoso), né le oscillazioni di “This world”, “Unconditioned love” e dell’anthemica “Ride ‘n run”, che suscitano solamente “interesse” e non “entusiasmo”.
Sul versante maggiormente “rigoroso”, segnaliamo sicuramente la bella “Trapped”, “Just go on”, impreziosita dallo special guest Kee Marcello (gradevole pure il video-clip), la discreta “Fallin’ for love” e la deliziosa ballata bluesy “Your love is shining”, impregnate di passionalità e sentimento, nonché le eccellenti “True sincerity” e “Hidden sorrow”, che combinano assai bene forza espressiva, dedizione e linfa vitale.
Il personale esecutivo è di prim’ordine, con Marko che si conferma un musicista versatile, sensibile e, quando serve, adeguatamente estroso e il suo “socio” preferito Chris Catena, artefice ancora una volta di una performance priva di sbavature, anche se probabilmente non “clamorosa” come in altre occasioni.
“Unconditioned”, può essere dunque considerato come un buon inizio del “nuovo” corso dei Pavic, un cammino che potrebbe portare il gruppo ad ottenere cospicue soddisfazioni, a “condizione”, però, di un ulteriore sforzo nella consistenza e nell’amalgama del volubile songwriting.
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