Yngwie is back!
Voi penserete che tanto questa frase la scrivono tutti prima di fare una recensione di un qualsiasi nuovo album di Malmsteen. Bè può darsi, ma allora lasciatemi anche dire che il sottoscritto della produzione anni 90 del Maestro salva proprio poco e niente, e non ha gradito in alcuna maniera gli ultimi due dischi: "Facing the Animal" e "Alchemy".
Qui la storia è un po' diversa, quando ho sentito questo disco davvero non ci credevo. Sapete qual'è la cosa assurda? Che in questo album non c'è una cosa che vada per il verso giusto ma che a me piaccia da morire! Una produzione obbrobriosa, paragonabile ad un demo (non, vi preoccupate, io non ho ricevuto la copia in low-fi che è stata distribuita alla stampa specializzata); una copertina oltremodo oscena, la potete vedere voi stessi, e non vi sembra manchi qualcosa? E si, manca proprio lui. Signore e Signori, Yngwie Johan Malmsteen ha rinunciato a mettersi in copertina, non lo faceva da quando aveva 18 anni...
E cos'altro c'è che non va? Bè direi la prestazione vocale scandalosa di Mark Boals che mi duole dirlo, in quanto uno dei miei cantanti preferiti, è completamente svociato. Non so cosa gli sia successo ma è un altro rispetto ad Alchemy. E anche qui vi faccio una domanda? Come è possibile che Malmsteen, che ha cambiato cantanti come il passare delle stagioni, stavolta si sia tenuto Boals? Interrogativi ai quali probabilmente non avrò mai una risposta, sta di fatto che War to End All Wars straccia tutta la produzione anni 90 del chitarrista Svedese. Ancora non ho detto perchè questo disco mi piaccia tanto. In sostanza: Yngwie si limita.
Lo abbiamo visto alle prese con il suo egocentrismo, con la sua Fender che spuntava fuori da tutti i pizzi, nei concerti che malediva compagni, pubblico e roadies; e ora invece sembra quasi un chitarrista come tanti altri. Quasi perchè naturalmente da un disco di Malmsteen non vi potete aspettare che faccia da ritmica e metta un assolino ogni tanto, ma credo che in questo lavoro lo svedese abbia azzeccato le giuste dosi come non mai (ok ok, non considerate i primi capolavori). Il gusto la fa da padrona su tutte le canzoni e stavolta le abilità di Yngwie compositore hanno la meglio su quelle di Yngwie chitarrista, figuratevi che se dovessi parlare di qualche virtuosismo citerei la prova mostruosa che svolge al... basso!
Il Maestro non è mai stato questo grande bassista, e invece stavolta ha forgiato qualcosa di unico! Potrei parlarvi di ogni singolo pezzo, della strumentale "
Arpegios from Hell", delle fughe di "
Prelude" oppure della trascinante "
Bad Reputation" o di tutti gli altri brani, ma non avrebbe senso: questo è un disco completo e va gustato senza avere troppe anticipazioni. Però la sorpresina finale ve la dico lo stesso: "
Black Sheep of the Family" la bonus track europea, un pezzo reggae (non un pezzo con influenze reggae) con Yngwie alla voce... una perla che conclude un grandissimo disco.
Cosa sarebbe stato quest'album se avesse avuto una produzione degna e un cantato migliore? Un capolavoro...
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