La Beard of Stars ha deciso di fare un bel regalo agli appassionati di heavy rock psichedelico ristampando il debutto dei 500Ft. Of Pipe, album originariamente autoprodotto dalla band nel 1999 in sole 300 copie ed assolutamente introvabile fino ad oggi.
Coloro che hanno avuto modo di apprezzare il power-trio di Detroit con l’acclamato “Dope deal” si saranno resi conto delle potenzialità enormi di questa formazione nell’ambito della rinascita psych-rock in atto negli ultimi anni. Un sound esplosivo, sonorità urticanti e “drogate” che rivitalizzano gli antichi fondamenti di Stooges ed Mc5 rinforzandoli con dosi terremotanti di acid-fuzz, una “spazialità” gravida di echi e distorsioni che può essere vista come una versione maggiorata dei seminali Monster Magnet di “Spine of god”.
A completamento di un impianto già di per sé eccitante si aggiungono brillanti riferimenti hard ispirati ai Deep Purple epoca “Hush” grazie alle intuizioni del talentuoso Ross Westerbur, capace con le sue tastiere retrò di aumentare la potenza lisergica in fenomenale simbiosi con la massiccia lead di Kevin Edwards, oltre a sopperire all’assenza di un bassista manovrando un Mini-moog o un Rhodes Piano Bass, fornendo inoltre ottime vocals grintose e cariche di energia.
Un vero tour de force che rappresenta un modo di interpretare il ruolo di tastierista assai diverso dalle concezioni moderne, molto vicino alle teorie di Vincent Crane, che personalmente mi trova perfettamente d’accordo.
“The electrifying church of the new light” non ha nulla da invidiare al suo successore, è una meravigliosa collana di gemme acide ed heavy, un concentrato psych-rock differente ad esempio da quello dei We o degli On Trial, meno portato ad atmosfere avvolgenti e soffuse ma in compenso più cattivo e spigoloso, ipnotico e granuloso, ricco di vibrazioni cosmiche ma anche di ben più terrena aggressività garage.
Pochi i cedimenti imputabili all’inesperienza, già al debutto la band ha palesato spiccata personalità e livello medio dei brani molto elevato, da “Turn me on, baby” con il suo groove Magnetiano, passando per la strepitosa ultra-psichedelia di “Automation” e “Open the pod bay doors, Hal”, colossali viaggi nello stordimento elettrico con uno stellare Edwards memorabile protagonista, giungendo al devastante trip della title-track dove emergono perfino intensi richiami ai Pink Floyd spaziali di “Astronomy domine”, un brano assolutamente imperdibile per chi ama questo tipo di espressione rock, è un album che si dipana fluidamente bollente provocando sensazioni di distacco dalla realtà, esemplare esaltazione di quella musica che deve nutrire la mente oltre che il corpo.
Se gli Statunitensi, impegnati a creare rockstars fasulle che vivono di sola apparenza estetica, hanno bellamente ignorato questa eccellente formazione, i Liguri maestri affaristi e commercianti ne hanno subito approfittato e l’etichetta Savonese si ritrova in cartello un diamante che non ha ancora espresso interamente la propria brillantezza. Era un delitto che questo disco restasse patrimonio di pochi eletti, la sua ristampa permette agli appassionati di aggiungere un tassello di valore nel mosaico del nuovo psych-rock contribuendo inoltre a far levitare l’attesa per un prossimo terzo lavoro, che dovrebbe rappresentare la consacrazione definitiva per i 500Ft of Pipe.
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