Ad un anno dalla loro ultima release i canadesi tritaossa
Beneath The Massacre tornano a violentare e perforare le nostre orecchie con 32 minuti di tiratissima follia estrema chiamata “Dystopia”. In questi casi poco più di mezz’ora è sufficiente ad ostentare tutto il proprio tecnicismo attraverso intricati riffs e blasbeats che puniscono senza pietà. Tempi veloci, stop epilettici, irrefrenabili corse disperate di note che scivolano a velocità da capogiro sul manico sempre più incredulo della chitarra di Christofer, il tutto correlato da una brutalità unica e da una disinvoltura nell’esecuzione davvero degna di nota. Sulla medesima lunghezza d’onda di band quali Decrepit Birth, Origin, Despised Icon, Ion Dissonance e via dicendo, i Beneath The Massacre segnano con quest’album un traguardo importante nella propria carriera grazie ad una maggiore maturità compositiva e all’infernale voce di Elliot Desgagnés che in quest’occasione appare davvero migliorata. Con un’opener di un’immediatezza disarmante come “Condemned” viene sin da subito illustrato qual è il livello tecnico raggiunto, le chitarre irrompono sulla scena descrivendo una caduta quasi senza sosta, come di anime condannate all’Inferno che vengono gettate violentemente verso un fiume di lava incandescente e a cui non è data nessuna possibilità se non quella di agitarsi freneticamente in volo. I ruggenti growls suggeriscono colori rossastri e toni infuocati che fanno da tappezzeria all’Ade. La velocità supersonica di questo treno in corsa sa anche come rallentarsi in modo mai banale grazie a sapienti breakdown che rendono più variegato il tutto e mitigano il pregiudizio di chi, dopo pochi ascolti, sentenzia la similitudine di tutti i pezzi senza averne prima colto le sfumature. “The Wasteland” presenta davvero una brutalità inaudita e spazza via ogni dubbio sulla band, qualora ve ne fossero stati prima, su quanto questi ragazzi meritano la dovuta attenzione sia su disco che in sede live e sia su questo brano che su “No Future” c’è spazio persino per due soli schizofrenici e, in quest’ultima, per parti più cadenzate che calzano a pennello con l’esigenza di completezza compositiva. Tra le varianti è da segnalare anche la brevissima “Lithium Overdose” che in 52 secondi tocca una mastodonticità in pieno stile Impendindg Doom. In “Dystopia” è come se qualsiasi faccia del dado cadesse sul sei, ogni aspetto è soddisfacente tanto da indurre a riascoltarlo ripetutamente e con ingordigia per cogliere sempre nuove e affascinanti sfaccettature.
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