Ho sempre considerato i
Sinister come una delle migliori band death metal in ambito europeo e non ho mai capito perché non abbiano mai riscosso troppi consensi. Sarà perché vengono dall’Olanda, che a parte i
Gorefest, non è mai stata una terra troppo prolifica per il death metal (salvo poi riscattarsi negli ultimi anni con una scena estrema di prim’ordine), o forse sarà perché sono stati un po’ ignorati e messi da parte da una certa critica specializzata, troppo presa ad incensare quello che, nello stesso periodo, veniva dalla Svezia. Resta il fatto che i
Sinister sono una band ormai storica e autrice sempre di dischi coerenti e mai troppo poco ispirati, anzi.
“
Savage Or Grace” è il sesto disco (più un mini) in studio per la band olandese e il secondo con la vocalist
Rachel. Ecco, siamo arrivati al punto dolente. Premetto che sono contrario all’uso di voci femminili, per brutali che possano essere, all’interno del death metal. Con ciò non metto in dubbio la bravura della bella
Rachel ma già sul precedente “
Creative Killings” avevo notato che più di una volta il suo growlare dava fastidio perché, benché risultasse molto profondo, talvolta tradiva la sua natura femminile facendo perdere in brutalità un disco che invece a livello di songwriting era un ottimo disco. Il nuovo disco è migliorato sotto tutti punti di vista, pur avendo perso lo storico chitarrista
Bart (ora sostituito da
Pascal), la band ci mostra un songwriting ispiratissimo che riesce ad unire la brutalità di “
Aggressive Measures” e le atmosfere oscure di “
Hate”, con una varietà davvero notevole che rende il disco piacevole all’ascolto e sicuramente tutto fuorché noioso. La musica sa essere intricata e a tratti più “in your face” e brutale, altre volte è più cadenzata e non disdegna parti atmosferiche tra cui l’epica intro “
Rise Of The Predator” e l’incipit di “
Conception Of Sin”. Insomma proprio un buon lavoro. La voce risulta più brutale e profonda rispetto a “
Creative Killings” e ciò devo dire mi insospettisce molto. Stavolta ci vuole un orecchio davvero ben allenato per capire che quella che canta è una donna. Come avrà fatto? Non voglio emettere sentenza circa cose che non conosco e non posso conoscere, ma a volte sembra chiara la sensazione che, la bella
Rachel, abbia usato dei filtri per “irrobustire” la sua già robusta voce (espediente a volte usato anche da alcuni maschietti). Dove sta la verità? Forse non lo sapremo mai. Ma resto fermo sul fatto che di cantanti con le palle in ambito death metal ce ne sono a bizzeffe e che le donne per quel che mi riguarda non sono fatte per il death metal. Come se per ammazzare un elefante, tra un bazooka e un pugnale sceglieste il secondo, che per affilato che possa essere resta pur sempre un pugnale. Per concludere però, non posso fare a meno di avvisarvi che questo è un buon disco.
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