“Un cane che non sai mai se avvicinare perché potrebbe indifferentemente morderti la mano o leccartela …”, con questa “pittoresca” similitudine qualcuno tentò di spiegare l’approccio alla musica di una band che emergeva dalla scena Losangelina alla fine degli anni ottanta, e che sarebbe diventata una delle figure fondamentali del cosiddetto metal alternativo, maestra di un suono deviato, estroso, per nulla banale, per certi versi davvero rivoluzionario …i Jane’s Addiction.
Ebbene, mi sento di “prendere in prestito” la medesima espressione per commentare il lavoro dei “redivivi”
Jumping Shoes, nati anch’essi in quel periodo, gratificati da buoni riscontri di pubblico e critica (benevole recensioni, intensa ed apprezzata attività live, la partecipazione - con la title-track di questo Cd - alla compilation “Nightpieces 2” edita nel ’92 dalla Dracma Records, …), da sempre illuminati “adepti” dei magistrali autori di “Nothing’s shocking” e “Ritual de lo habitual” (titoli “vagamente” fuorvianti!) e oggi tornati alla “vita” discografica con questo “Limbo like a bubble”, realizzato dalla line-up orignale, con l’aggiunta della seconda chitarra di Marco Radicchi.
La loro iridescente miscela di ombrosità dark, heavy riffs, psichedelia pe(n)sante e riverberi funky, si rivela, infatti, “spiritualmente” e stilisticamente piuttosto affine allo psycho-rock dei magnifici californiani, e a contribuire ulteriormente alla nobile affinità arriva anche una certa evidente “ammirazione” esternata dal singer Amir Billal nei confronti della bizzarra e schizoide espressività vocale di Perry Farrel.
Un atto di “facile” clonazione, dunque? Assolutamente no, perché i Jumping Shoes sono troppo preparati e intelligenti per cadere nel “tranello”, e se lo erano già ai tempi dei loro esordi, immaginatevi cosa possono aver “combinato” nel 2008, grazie ad una “naturale” acquisizione di maturità.
“Limbo like a bubble”, appare, così, un disco veramente bello in tutti i suoi molteplici anfratti, al tempo stesso “caratterizzato” da un certo tipo di sound (una forma di “crossover”, alimentato da alcuni riferimenti abbastanza chiari), eppure anche così sorprendente, e soprattutto molto coinvolgente e avvolgente, con le sue melodie stranianti e vellutate, capaci di trasformarsi repentinamente in ritmi poderosi, pulsazioni traenti e ruvidi o suadenti fraseggi chitarristici.
Insomma, un caloroso “ben tornati” ai Jumping Shoes da Terni, e anche se oggi è forse vero che in questa musica non c’è più moltissimo di particolarmente “scioccante”, la loro notevole forza creativa e la loro indubbia validità artistica non possono che meritare un adeguato ampio riconoscimento.
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