Dopo anni di gavetta e pane duro i Clutch sono riusciti a formare un seguito di pubblico dignitosamente consistente, specie in patria, che li considera una band dal massimo potenziale espresso in sede live.
Chi ha potuto assistere alla loro recente esibizione Italiana, nel corso del mini-festival con Dozer, Spiritu e Spiritual Beggars, credo potrà confermare questa valutazione anche se la prestazione degli Statunitensi è stata funestata in quell’occasione da qualche problema tecnico.
Era quindi prevedibile che i Clutch sfornassero prima o poi un live album, infatti in uscita ora per Megaforce.
Sfruttando un loro titolo, tredici brani di pura furia rock, densi, torridi, potenti, fantasiosi, grazie all’operato di quel mago del riff che è Tim Sult, meno popolare di quanto meriterebbe, di una coppia ritmica cronometrica ed aperta ad ogni variazione, ed ovviamente alla prestazione istrionica di Neil Fallon, l’antitesi del cantante acuto e strillante così di moda al momento.
Non una gran voce, ma un feeling, un’intensità, un coinvolgimento che lo eleva ai livelli di un Henry Rollins, con il quale si possono tracciare analogie per l’assoluta e sincera dedizione alla musica rock.
Impropriamente inseriti nel calderone stoner, anche se ormai l’area collaborativa delle formazioni heavy rock pare non avere più confini, nel sound dei Clutch si può trovare quasi di tutto, oltre alla fondamentale ultra-energia rock.
Assolato groove funky-ipnotico di schiacciante fisicità innervato da colpi metal-modernisti (“El jefe”,”12 oz. Epilogue”, la funky-psych “Brazenhead”), spietato rock battente a temperature di fusione (“Pure rock fury”,”Immortal” composta insieme al mitico Leslie West dei Mountain), esplosioni vocali tracimanti alla velocità dei rapper (“Careful with that mic..”), mirabile attitudine alla dilatazione jammistica, cosa che più li accosta al mondo stoner, negli svolazzi tecnico-cosmici della lead di Sult (“Big news I” e un po’ ovunque..), granulose applicazioni acid-fuzz a tematiche di classico hard rock (“Sea of destruction”,”Impetus”,”The soapmakers”), per un disco dove varietà e schiettezza sono le parole d’ordine e dove si ritorna a parlare il linguaggio universale del rock in maniera diretta, senza nasconderlo dietro schermature artificiali ed ingannevoli. Pure rock fury, appunto.
Il live è stato registrato durante il tour successivo alla pubblicazione di “Pure rock fury” e documenta le date di Chicago, Montreal e Kansas City. La resa sonora è ottima. “Sea of destruction” è inedita, sarà forse inserita nel prossimo album di studio.
Difetti? Primo, pubblico completamente assente, una presenza silente. Strano per un gruppo che ricava la propria forza dall’interazione con i fans, mi attendevo urla, cori, battaglie e colate di sudore, invece pare registrato in una camera insonorizzata.
Secondo, lo stile atipico dei Clutch potrebbe scontentare chi vi si avvicina pensando al canonico copione stoner/psych o heavy/hard rock. Vi sono elementi di tutti questi generi ma amalgamati in modo irriconoscibile nel Clutch-style, il quale necessita di alcuni passaggi per diffondersi come un virus.
In generale è un buon live, ma se già conoscete questa formazione è il live al quale non potete rinunciare.