C'è stato un tempo in cui le riviste musicali hanno rappresentato un significativo fenomeno di formazione personale e culturale, ed in cui la definizione "giornalista" non era affatto un termine usurpato. Anzi, restando nell'ambito delle sette note, c'è una persona che, più di tutte, ha esercitato un impatto decisivo. Sia nell'indirizzo degli ascolti che successivamente, almeno per quanto mi riguarda, nel ruolo di scribacchino. Il suo nome è Beppe Riva. E direi che non serve aggiungere altro. La parola al Maestro.
Ciao Beppe. Innanzitutto grazie di aver accettato l'invito per questa chiacchierata. Per me, che ti seguo dai tempi degli inserti Hard'n'Heavy di Rockerilla, è un vero onore. Inizierei però dal presente: cosa ha spinto te e l'amico/collega storico Giancarlo Trombetti ad aprire
www.rockaroundtheblog.it?
Ciao Alessandro, grazie a te delle belle parole. L'ipotesi del Blog era in discussione da tempo; l'intento era quello di ritagliarsi uno spazio personale ed in autonomia per scrivere di musica senza fare i conti con divergenze di redazione etc. Per dei veterani non troppo accomodanti come noi sembrava una soluzione logica. Probabilmente non si sarebbe concretizzato nulla senza il fondamentale apporto del terzo membro effettivo, Ruggero Montingelli, regista di programmi ed eventi televisivi di grande esperienza (dalla Rai a Videomusic), che elaborava professionalmente anche siti web. Purtroppo Ruggero è scomparso nel settembre 2021, ed è stata una grave perdita a livello umano, perchè era un vero amico che interagiva proficuamente con noi facendo da “equilibratore”; inoltre con lui il Blog si sarebbe affinato a livello informatico, un campo in cui né io né Giancarlo siamo in grado di intervenire. Noi proseguiamo un po' a briglie sciolte.
Tra i gruppi nuovi da te trattati, ho notato una grande ammirazione nei riguardi dei Ghost, ma anche della fantastica Dorothy Martin. Sono artisti, a tuo parere, degni di riaccendere la vecchia fiamma degli 80's?
Certamente gli artisti che citi ripropongono qualcosa del “magico” che c’era negli anni '80. Al di là di tale matrice, alla quale tu ed io siamo legati, credo che Tobias Forge sia l'unico vero artista geniale del rock post-2000, perché con i Ghost ha allestito una creatura alla Frankenstein, amalgamando svariate tendenze musicali, ma con un'identità ben riconoscibile: impresa non facile, ben lungi dal collocarsi in un genere standardizzato. Inoltre la componente scenica-teatrale e le mutazioni del suo stesso personaggio hanno reso elettrizzanti i capitoli della saga dei Ghost.
Per quanto riguarda Dorothy Martin, è una donna affascinante che riesce ad emozionare con una voce molto passionale, energica e melodica, valorizzata da eccellenti composizioni: quella che è stata, ad esempio, caratteristica vincente di una figura storica fondamentale come Ann Wilson (Heart). Se i Ghost sono già grandi in America - e non solo - Dorothy meriterebbe qualche attenzione in più.
Beppe Riva con un giovane Paul Di'Anno degli Iron MaidenInutile dire che, per tutti quelli della mia generazione, sei stato un autentico punto di riferimento. Beppe Riva parlava in termini entusiastici di un determinato disco? Si poteva andare sul sicuro, peraltro in un'epoca in cui non esistevano, teaser, preview e streaming. Forse i più giovani non se ne rendono conto, ma tu hai realizzato nei decenni quanto sei stato importante per il pubblico hard'n'heavy?
Il giudizio non spetta a me, ma sicuramente sono rimasto piacevolmente sorpreso in numerose occasioni. Nonostante quasi inattivo per circa 15 anni (2005-2020), quel pubblico non mi ha mai dimenticato; inizialmente, addirittura due gruppi Facebook mi sono stati dedicati, ho ricevuto richieste d'interviste pubblicate su siti web, una persino su “
L'Espresso”, ed ho collezionato citazioni su libri dedicati al rock/metal; inoltre durante i concerti mi hanno avvicinato numerosi appassionati che desideravano salutarmi, addirittura con foto-ricordo. Questi fatti, tutt'altro che episodici, mi fanno pensare di aver lasciato un'impronta significativa, soprattutto per la mia dedizione alla causa.
Oltre ad averci fatto scoprire tonnellate di grandi album, la tua penna ha ispirato decine di sedicenti scribacchini. E mi ci metto in mezzo io in primis. Senza peli sulla lingua, quanto ti inorgoglisce questa cosa e quanto, invece, ti provoca un po’ di fastidio?
Senza proporre paragoni azzardati e fatte le debite proporzioni, è qualcosa di simile alle influenze musicali: se un certo tipo di “esperienza” viene elaborata in termini personali, tenendo conto delle componenti basilari (ad esempio: competenza, linguaggio, passione), può far piacere aver dettato qualche linea guida che ha ispirato altri entusiasti di musica rock. Se invece sono ricalcate in modo un po' troppo derivativo intere locuzioni, oppure viene scimmiottato un certo modo d'esprimersi, genera certamente fastidio, perché assomiglia ad una “parodia” dell'originale. E questo non è sfuggito ad alcuni attenti ed ironici osservatori. Mi è capitato pure, ed ho ritenuto di segnalarlo al Direttore della rivista, che un suo collaboratore copiasse intere frasi di un mio scritto, addirittura parlando dello stesso gruppo. Una citazione rimasta in memoria può capitare a tutti, così invece è un plagio disonesto.
Esiste qualcuno, in particolare, che a tuo avviso ha ereditato il tuo indiscusso talento nella scrittura?
Grazie dell'”indiscusso”, mi strappi un sorriso. Ovviamente non parlo di chi opera in ambito rock o metal, non voglio urtare la suscettibilità di nessuno! Però ho in casa la mia prima figlia, Valeria, che scrive meglio di me e con talento visionario, alla quale auguro di trasformare la sua passione in professione, cimento che non è riuscito al padre; ha già pubblicato due romanzi, “
Bagliori nel fumo” ed il secondo appena uscito, “
Fisheye”.
Il primo è un noir psicologico sulla figura di un giovane piromane, che appicca il fuoco con il folle intento di riportare ordine in un mondo immerso nel degrado; invece “Fisheye” è il curioso racconto, visto attraverso gli occhi di un pesce rosso nella sua boccia, che cerca di interpretare tramite metafore la personalità degli esseri umani che frequentano l'appartamento.
Hai fatto scoprire al pubblico italiano tutti i più grandi nomi del settore. A posteriori, al netto dell'entusiasmo nei confronti di un movimento che era tutto sommato nuovo, col senno di poi hai qualche rimpianto giornalistico? Qualcuno che, magari, avresti considerato di più, ed altri che invece avresti ridimensionato?
Quando iniziai su
Rockerilla nel 1979, dopo un primo articolo sui
Van Halen, ho voluto fin da subito allinearmi alla “linea giornalistica” della rivista, che intendeva puntare sui nomi nuovi. E' stata una fortuna, perché contemporaneamente nasceva la NWOBHM e con tale movimento si rilanciava il metal classico in generale. Ma se anziché occuparmi di
Iron Maiden,
Saxon,
Def Leppard,
Diamond Head e subito dopo del boom americano di
Motley Crue,
Manowar,
Metallica etc. li avessi ignorati, indugiando sui capisaldi storici dell'hard'n'heavy, probabilmente non avrebbe funzionato altrettanto bene.
C'era tanta voglia di aprirsi alle novità fra i nostri appassionati di “musica pesante”. Ovviamente, proponendo molti gruppi emergenti, non si può pensare che tutti siano destinati ad unanimi consensi. L'importante è averli trattati con onestà intellettuale. Su una nota rivista, anni fa è apparso un articoletto dove si sottolineava come avessi sopravvalutato gli Americade. Già, però nessun cenno a tanti altri apparsi per la prima volta su Rockerilla (in Italia, naturalmente) e poi diventati pilastri del rock duro. Con il senno di poi si può sempre discutere, allora comunque la priorità per noi era l'heavy metal, al di là dei gusti particolaristici.
Dopo il grande successo riscosso da Hard'n'Heavy su Rockerilla, arrivò il grande passo, quello per cui tutti andammo letteralmente in brodo di giuggiole: Metal Shock. Come avvenne la tua transizione tra una testata e l'altra.
Avvenne con la consapevolezza di mettere in campo una rivista interamente dedicata al nostro genere preferito, ma anche con rammarico per me, sapendo quanto mi ero impegnato per la crescita delle pagine metal su Rockerilla, culminata nei supplementi denominati come la rubrica stessa, Hard'n'Heavy. Nell'importante libro della Hoepli, “
La storia di Hard Rock & Heavy Metal”, il direttore di Rockerilla ha dichiarato a posteriori che c'era la volontà di continuare con quei supplementi (di successo), ma io la vedevo dura, perché in edicola c'era già HM e di lì a poco ci sarebbe stato Metal Shock, dello stesso editore di
Tuttifrutti e con
Giancarlo Trombetti in redazione. Mi fidai di Giancarlo che mi assicurò libertà di scelte e la gestione delle recensioni, oltre che della rubrica retrospettiva Shock Relics: mantenne la parola.
Ogni uscita di Metal Shock di quel periodo, soprattutto tra il 1987 ed il 1991, era per me (e per tanti altri) un rito quasi religioso. Poi ve ne andaste, e francamente, la magia iniziò a scemare. Troppa la differenza di qualità negli scritti del giornale. Onestamente, che ne pensi del Metal Shock post Beppe Riva?
Sinceramente, come succede per le storie sentimentali, le strade si sono separate ed io non stavo a spiare cosa facesse la mia “ex”! In termini concreti, ho smesso di seguirlo, anche perché il redattore dell'epoca era ben contento di essersi sbarazzato di me! Ero concentrato in una differente dimensione con il come-back su Rockerilla, che mi aveva riaccolto ben volentieri; inoltre era in programma lo start di
Thunder, dove restavo in tema di classico hard rock e metal, un'avventura però finita male.
Fosti anche una sorta di talent-scout per alcune band italiane che oggi vengono giustamente definite storiche. Due nomi su tutti: gli ormai disciolti Vanadium e gli ancora attivi Death SS. Se ti va, parlaci delle peculiarità di quei due gruppi che ti conquistarono.
Il chitarrista dei Vanadium,
Stefano Tessarin, mi fu presentato dal fondatore di un pionieristico “
Heavy Metal Fan Club” di Milano, ancor prima che uscisse il loro primo singolo, “
We Want Live With R'n'R”. Poi conobbi
Pino Scotto, che già era il portavoce della formazione con la sua ben nota personalità. Fui invitato anche ad ascoltarli in sala prove, nei pressi di Viale Forlanini. Ricordo che Pino venne a Bergamo insieme a Lio per un'intervista che generalmente concordavamo all'uscita degli album. I Vanadium erano già dei professionisti notevoli e collaudati dal vivo, mentre altri gruppi italiani muovevano i primi passi. Il loro quintetto in stile
Deep Purple mi colpì immediatamente.
Il misterioso caso dei Death SS era ben differente, erano molto più underground e facevano scalpore per gli inquietanti costumi horror e per la formula heavy-doom spiccatamente originale. All'epoca avevano solo un demo all'attivo e fece sensazione la mia cosiddetta “
intervista nel cimitero”, ispirata ad un racconto di
HP Lovecraft e pubblicata su Rockerilla. Poi, oltre che un'istituzione del metal italiano celebre anche all'estero, si sono dimostrati particolarmente longevi, grazie alle scelte lungimiranti del nocchiero infernale,
Sylvester.
La recensione di "Operation: Mindcrime", primavera 1988, fu un capolavoro di poetica descrittiva quanto il disco stesso. Una recensione che personalmente tengo letteralmente tatuata sulla pelle. Quali furono le sensazioni che ti trasmesse quel disco, tali da farti scrivere un articolo simile?
Sai, sono prevalentemente i lettori a decretare una recensione molto riuscita ed è legittimo che siano loro i giudici di quanto viene dato alle stampe. Allora, quando ascoltavo qualcosa di avvincente, mi sentivo un po' in trance ed il tentativo era quello di trasmettere le proprie forti emozioni. Scrivevo di getto, poi correggevo a mente fredda. Il risultato poteva essere trascinante per chi leggeva, quasi ad inseguire l'effetto della musica. Molti appassionati, anche sul Blog, mi ricordano alcune frasi impresse nella loro memoria. Erano tempi in cui il “nostro” tipo di rock sembrava destinato a conquistare il mondo; i
Queensryche, così maestosi ed intensi, erano insieme la terra promessa e la palpitante realtà del metal che si fondeva con slanci progressive. Che altro aggiungere? Specchio di un'epoca.
Fosti anche il primo "sponsor" dell'AOR/melodic rock/hair metal. Prima con le tue Shock Relics ci facesti scoprire le meraviglie 70's di Angel, Legs Diamond, Starz ecc. Poi, a livello di novità di allora, i tuoi indimenticabili pezzi su House Of Lords, Bad English, Dokken, Dare, Signal e tanti altri. Si può dire che, a differenza della metal classico, questo tipo di sonorità ha attecchito molto meno presso il pubblico italiano? Se sì, quale fu il motivo a tuo parere?
Per me la scena heavy americana della seconda metà anni '70, quella dei gruppi che hai citato sulla scia dei vari
Blue Oyster Cult,
Aerosmith,
Montrose, resta qualcosa di speciale; quand'ero giovane giravo in auto con un'anonima Fiat 127 ascoltando le cassette di quei dischi, ed ancor oggi li riscopro periodicamente a turno con immutato entusiasmo. In questo momento “
Fire Power” dei Legs Diamond mi riempie di nostalgia! Ovviamente, i gruppi-eredi degli anni '80 non potevano che accendere l'interesse di chi ha amato alla follia i pionieri.
L'AOR è l'altra faccia, più sofisticata (nei casi migliori) dell'hard melodico, ma con il tratto comune di una ricerca di canzoni d'effetto. Il discorso, lo sai bene, sarebbe lungo, non è questa la sede per discuterne le distinzioni. Perché in Italia hanno avuto minor successo?
L'heavy metal è caratterizzato da un impatto travolgente, poi da noi non esisteva una gran tradizione (anche a livello di tour dei capiscuola) di uno stile più americano che europeo. Ma i cultori sono numerosi, anche se non si tratta di successo di massa.
Inutile dire che i tuoi scritti sui primi Manowar, almeno fino a "Kings Of Metal", hanno acceso la fantasia dei lettori. C'è una recensione di un loro disco in particolare che ritieni più riuscita di altre?
Mi esaltavano, erano unici nella loro vena epica, niente a che fare con una serie di stereotipati discendenti degli anni '90. Ogni loro novità diventava “
disco del mese” su Rockerilla (sezione
Hard'n'Heavy); persino
Joey DeMaio mi ringraziò quando vennero a suonare per la prima volta in Italia, a Milano. Ricordo con molto piacere l'impatto della recensione di “
Battle Hymns”, non so se sia stata la migliore però. Quando uscì “
Sign Of The Hammer” invitai ogni collaboratore a scrivere una mini-recensione, lo fece anche un rinomato giornalista di tutt'altra fede musicale. I Manowar si imposero persino nel referendum dei lettori di Rockerilla, che era prevalentemente dedicata al punk e alla new wave.
Un'altra "pietra miliare" di giornalismo resta, a mio parere, quella di "Hysteria" dei Def Leppard. Lo attendevo come poche altre uscite in quel 1987, e la tua fu una vera "radiografia" dell'album. Anche perché si trattava di un album dal suono totalmente innovativo per l'epoca.
Agli albori degli anni '80, eravamo tutti più headbanger...perché lo premetto? Perché inizialmente ci eravamo tuffati nell'”
Overture” dell'EP in stile primi
Rush dei Def Leppard. E già storcevamo il fatto di fronte alla tendenza più “commerciale” di “
High'n'Dry” (persino
Mariah Carey riprenderà “
Bringin' On The Heartbreak”). Con “
Pyromania” e “
Hysteria” il gruppo di Sheffield ha sfidato gli yankees sul loro stesso terreno, l'hard bombastico/melodico dai refrain contagiosi e produzione altamente curata, conquistando l'America con vendite milionarie. Però poi bisogna riconoscere che la qualità dei loro dischi è decaduta.
Ancora 1987. Ti cito alcuni tuoi pezzi favolosi: "Into The Pandemonium" dei Celtic Frost, "Permanent Vacation" degli Aerosmith, "Hall Of The Mountain King" dei Savatage. Tre dischi completamente diversi, ma dei quali descrivesti perfettamente il "mood". Credi che la tua cultura musicale così variegata, il non fossilizzarsi in una comfort zone, abbia contribuito a fare in modo che tu sapessi coglierne i dettagli salienti? In tal senso, non credi che gli scribacchini di oggi dovrebbero ampliare un po’ il loro raggio d'azione? Oppure credi che sia ormai una guerra persa in partenza?
L'ho detto anche in passato, la mia passione musicale è iniziata nella seconda metà degli anni '60, sono cresciuto ascoltando pop-rock, psichedelia, e nel 1970 ho svoltato decisamente verso l'hard rock ed il progressive. Qualcuno ha equivocato pensando che affermandolo prendessi le distanze dal metal, ma queste sono semplicemente le mie radici.
Tutto ciò si è riflesso nella necessità di occuparmi di vari stili musicali, comunque dai tratti affini. Non so come si atteggino gli “scribacchini” (come dici tu!) contemporanei. Leggo quel che riesco, non abbastanza per permettermi di giudicare. Ti confermo che in passato ho stimato critici rock lontani dalle mie preferenze musicali, ma di notevole talento nella scrittura. Alcuni mi hanno sicuramente influenzato, se questo può servire a rispondere alla tua legittima domanda; comunque non credo agli onnivori, i “competenti di tutto” non esistono.
Dopo il tuo addio a Metal Shock, tornasti a Rockerilla, ed iniziasti ad occuparti anche di stoner, addirittura di black metal come nel caso di "Into The Nightside Eclipse" degli Emperor. Se fossi diventato un paladino del Power Metal di quegli anni, probabilmente ti avrebbe giovato a livello di "visibilità", eppure andasti avanti per la tua strada con coerenza. Evidentemente perché quel genere non ti ha mai convinto. O sbaglio?
Nel 1991, non aveva più molto senso occuparsi di heavy rock “old school” su Rockerilla, essendo le riviste metal già da tempo in circolazione. Inoltre, a mio avviso l'epoca d'oro del rock/metal stile anni '80 era purtroppo al tramonto. Mi dedicai ai gruppi emergenti a “tutto volume” ma di differente orientamento, fra i miei preferiti
Monster Magnet,
Kyuss e
Type O Negative. Ho recensito anche gli
Emperor, è vero, ben ricordo la terrificante “
I Am The Black Wizards”, anche se le voci gutturali non mi sono mai piaciute; neanche il primo
Lee Dorrian dei
Cathedral, che poi è tornato al canto tradizionale.
Per legioni di fans, il power metal è stato la naturale evoluzione del metallo anni '80. Non la penso così, sono sincero. Ho sempre trovato quel genere potente si, ma incapsulato nei soliti schemi; le parti vocali, più che epiche mi risultano spesso grossolane, anche le pose dei musicisti mi sembrano regolamentate. Ognuno è padrone delle proprie sensazioni naturalmente, è anche una questione generazionale.
So che preferisci stare alla larga dai social, tuttavia credo che faccia piacere una pagina Facebook a te dedicata, curata da un cultore degli 80's come Daniele Luzi.
Come ti dicevo ne era apparsa un'altra, ma effettivamente una era fin troppo per il soggetto! Ho ringraziato personalmente Daniele Luzi, che si è impegnato nella creazione di questa pagina FB quando tutti o quasi mi davano per disperso, e che continua a segnalare appuntamenti che mi riguardano, come la partecipazione mia e di Giancarlo al seguitissimo programma radiofonico
Linea Rock del grande esperto
Marco Garavelli su
Radio Lombardia. Sono molto grato a Daniele.
Tra tutti i tuoi colleghi passati, ovviamente Giancarlo a parte con cui ancora collabori per
www.rockaroundtheblog.it, c'è qualcuno che ricordi con maggior piacere a livello umano e/o affinità musicali?
Ai tempi di Rockerilla avevo stretto amicizia con
Tiziano Bergonzi, frequentato a lungo comprese vacanza estive in Spagna, e
Paolo Cossali. Infatti anche per loro due ho chiesto il “trasferimento” su Metal Shock, ottenendolo viste le qualità già dimostrate.
C'è stato un momento in particolare in cui hai capito che l'epopea d'oro di Metal Shock era destinata a terminare?
L'”epopea d'oro” è gratificante, io mi limito a considerarla la più favorevole (a mio giudizio). E' avvenuto quando se n'è andato Giancarlo – alla volta di Videomusic - con il quale ero in contatto costantemente, quindi potevo esercitare un po' di controllo a distanza. Il suo primo successore, un nome noto del settore, ha fatto bene e mi teneva in considerazione, affermando che “I lettori apprezzavano molto il mio operato”. In seguito, opinione sempre personale, il livello generale è calato e mi sentivo a disagio, quindi ho preferito lasciar perdere.
Un'altra incrollabile passione, che peraltro condividiamo, è quella per l'Inter. Immagino che l'argomento calcio sia bandito tra te ed uno juventino doc come Giancarlo.
Quando è stato affrontato si rischiava di degenerare, quindi meglio evitare. A me non piace far polemiche con gli avversari, tanto meno sui social che sono spesso uno strumento di maleducazione e di offesa. Gli sfottò pesanti ci possono stare allo stadio, ma c'è un limite. Con gli amici ci vuole rispetto; se è il caso, critico o discuto anche la mia squadra del cuore, ma sempre con chi condivide la stessa fede calcistica. L'Inter ha iniziato come meglio non si potrebbe, tuttavia è molto presto per azzardare pronostici. I quotidiani sportivi già prevedono un duello Inter-Juve per lo scudetto, ma è un gioco d'azzardo per incrementare le vendite. Vedremo!
High Tide e Black Widow sono altri due gruppi enormi, ma di culto, dei quali "sposasti" la causa in tempi non sospetti. Per entrambi, i Death SS si cimentarono in cover di alcuni loro classici. Immagino che fosti tu a mettere "la pulce nell'orecchio" a Sylvester.
No, non di mia iniziativa; può essere che a suo tempo avesse letto qualche mia “iperbole” a riguardo, visto che negli anni '80 i loro nomi erano usciti dai radar, ma non che io sappia.
Tengo però a precisare che nel 1970 e dintorni in Italia era stato instaurato un culto di queste formazioni, ben superiore alla stessa Inghilterra, grazie alla nostra stampa dell'epoca. Infatti io ero fra i giovani lettori che assorbirono quella lezione, e quando è toccato a me, ho fatto la mia parte per valorizzarne l'eredità musicale. Anche sul Blog ho trattato i Black Widow e gli High Tide, questi ultimi recentemente, in occasione della scomparsa del leader
Tony Hill.
Resta mitica la tua partecipazione Rai al programma Mr. Fantasy nella puntata Processo all'Heavy Metal. Che ricordi hai di quell'occasione? Non ti nascondo che l'immagine, così posata e forbita nel linguaggio, peraltro con un look totalmente diverso dal "costume" che si associava al metallaro comune, colpì positivamente anche tanti benpensanti.
Anch'io possedevo il “chiodo” ed altri accessori alla moda heavy metal, ma non intendevo far passare quell'immagine tipica (che molti liquidavano come “tamarra”), visto che l'occasione televisiva era più unica che rara, in quel momento. Non so se sia stata una scelta opportuna o meno, di certo non mi sono “mascherato”, ed il linguaggio è stato il mio solito.
Qualche anno fa è uscito il libro Shocking Metal, che trattava dell'editoria metal. Leggendolo, non ho trovato una dichiarazione tua che sia una. Devo dirti che la cosa mi sconcertò non poco: non fosti contattato dall'autore? Oppure sorsero altri problemi? Facendo un parallelismo, è come se si volesse parlare di hard'n'heavy senza citare Toni Iommi.
Sono stato citato eccome, però erano gli altri a parlarne; trovo alquanto discutibili alcune considerazioni fatte “sopra la mia testa”, ma in genere l'autore mi ha riservato una collocazione di primo piano nella stampa di “genere”, e non posso lamentarmi. Alcune mie affermazioni erano già state riportate sul libro di
Max Stefani (già direttore del “
Mucchio Selvaggio”) che trattava più in generale il fenomeno e la stampa rock in Italia. In nessuno dei due casi sono stato interpellato (!?), ma ritengo comunque lusinghieri i giudizi sul mio conto. Ancor di più su un importante volume del 2021 edito da Hoepli, “La storia di Hard Rock & Heavy Metal” di
Follero e
Masperone.
In particolare credo di dover sentitamente ringraziare Daniele Follero, che mi ha attribuito una parte rilevante in due capitoli, “
La scoperta del Metal in Italia” e “
Autobiografia di un giornalista Metal” (immagina di chi si tratta...) che mi hanno reso pienamente giustizia, se si può così dire.
Esauritasi la vena creativa (anche per questioni anagrafiche) dei gruppi storici che ancora oggi tirano il movimento, credi che il metal possa avere un futuro? Io la vedo nerissimo, ma magari mi sbaglio.
A giudicare dall'afflusso in certi importanti festival, nell'Europa continentale il fenomeno è ancora di notevole successo. Sulla capacità di rigenerarsi a livello creativo e di formulare proposte all'altezza del passato, anch'io ho seri dubbi, ma consideriamo pure che entrambi siamo figli del nostro (rispettivo) tempo, quindi, “mai dire mai”. Certo - faccio un esempio – se in città si sente la musica a tutto volume che fuoriesce dalle auto guidate dai giovani e ferme ai semafori, difficilmente si ascolta qualcosa di diverso da rap & trap. Evito tristi e prevedibili commenti.
Caro Beppe, è stato un onore. Colgo l'occasione per ringraziarti di tutto ciò che hai fatto per quelli della mia generazione. Sei stato un pezzo fondamentale per la mia crescita musicale, nonché un'influenza "stilistica" per i miei scritti, che spero non siano mai scaduti nel "plagio" involontario. Un abbraccio.
A te (che scrivi con molta competenza e non hai bisogno di “plagiare” nessuno!), e molte grazie al redattore
Gianluca Grazioli che ha pubblicato le nostre chiacchiere, ma anche ai seguaci di Metal.it che hanno avuto la pazienza di leggere...