Misfits: reunion controverse fra passato e presente [Parte 2]

Info

Pubblicato il:28/10/2024
Immagine



Avevamo lasciato i nostri “disadattati” alle prese con lo split avvenuto nel 1984, non prima di aver parlato di “Earth A.D.” ed aver fatto menzione dei live bootleg realizzati pochi mesi prima dell’effettivo scioglimento.
Avete presente quello strano fenomeno nel quale certi artisti sono pressoché ignorati e di colpo, una volta passati a miglior vita o spariti dalle scene, vengono di colpo osannati da molti? Ricevendo per di più un trattamento che gli avrebbe giovato assai prima! Il caso dei Misfits, neanche a dirlo, fa parte di una nutrita schiera di esempi in merito: vuoi per i vari attestati di stima ricevuti da artisti di spicco, vuoi per le cover realizzate nel corso degli anni da band di una certa fama… o magari per il successo del Danzig solista, per il fascino postumo che il loro immaginario horror riuscì ad esercitare sui giovani ribelli americani, complice anche l’efficacissima mascotte che i nostri scelsero (il Crimson Ghost). Tanti, tantissimi motivi; rimane comunque emblematico come i Misfits divennero negli anni successivi al loro split un nome sempre più di culto.
Le raccolte, lo sappiamo benissimo, si tramutano troppo spesso in un becero tentativo di batter cassa con la minima fatica; nonostante anche in questi casi l’intento di guadagnare fosse certamente al primo posto, dobbiamo comunque considerare un fattore per me fondamentale: molto materiale racchiuso nell’ottimo “Legacy Of Brutality” (1985) e nell’altrettanto ottima raccolta “Collection” (1986, conosciuta anche come “Misfits”) è raro, oltre che di gran valore artistico. Ecco che di colpo una mera operazione commerciale divenne ben più di un lucroso divertissement: alla base delle compilation ci fu una necessità artistica e divulgativa in tempi nei quali internet non era così diffuso e capillare come oggi, con la musica in streaming nemmeno nell’anticamera del cervello dei suoi ideatori e con social come Youtube ben lontani dall’essere presenti come nello scenario attuale.
Anch’esse, quindi, contribuirono ad alimentare quel mito lontano e misterioso di questa band atipica, due uscite che ad oggi risultano molto importanti per avere tra le proprie mani alcune delle più belle canzoni in ambito Horror Punk mai composte.




Inutile ribadirlo, il pubblico li reclamava: i Misfits furono quasi “costretti” a rimettersi in carreggiata, assecondando la fama che li stava decisamente sommergendo. Una serie di circostanze portò dunque, nel 1995, alla resurrezione di questo cadavere musicale ambulante, con una formazione diversa dall’originale e già che c’era la possibilità, sempre in quell’annata si è pubblicata un’altra bellissima raccolta del primo periodo dal titolo molto originale di “Collection II”. Per i puristi dell’epoca (i die hard fan di Danzig) il colpo fu di quelli duri da incassare; per il grande pubblico, si trattò invece di una sostanziale gioia, ben accolta soprattutto dalle tasche di Jerry Only (diciamolo chiaramente…) visto il suo incredibile fiuto per gli affari, dote che tutt’oggi lo contraddistingue come il “contabile” Punk.
I nuovi Misfits con Michale Graves alla voce, per via di una serie di caratteristiche, risultarono tanto vicini, quanto lontani da quel mito cadaverico che fu (ed è tutt’ora) la formazione originaria, facendo conoscere la band a nuove generazioni di ascoltatori e creando un a fan base spesso in contrasto con quella della prima era. Nulla di nuovo sul fronte occidentale visto che questo è successo a molte band importanti che hanno visto nella loro storia reunion o la sostituzione di qualche membro storico.
Il 1997 vide la pubblicazione postuma dell’album “Static Age”, ormai uscito fuori tempo massimo, visto che fu scomposto e smembrato in singoli, Ep e raccolte varie; ma soprattutto la prima prova discografica degli astro zombie americani: “American Psycho”.
Mettiamo subito le carte in tavola: parliamo senza dubbio di un bel disco, un lavoro ben svolto e per molti aspetti furbo… eppure abbastanza lontano dai primi lavori, sia in senso musicale, sia soprattutto a livello di immagine e di attitudine. Il nuovo parto discografico è un Punk Rock tanto metallico quanto venato di grandi aperture melodiche; le parti vocali in questo contesto trovano grande forza e importanza, anche per via del nuovo cantante che ha un timbro caratteristico e personale. I cori sono molto trascinanti, il ritmo è frenetico, la produzione si presenta invece molto pulita presentando un suono sia potente che corposo, specialmente per quanto riguarda la chitarra di Doyle: un insieme che ci dona un disco sì molto energico e potente, con un bel tiro, ma anche spiccatamente radiofonico con molte canzoni incredibilmente efficaci sul fronte live come dimostra l'apprezzabile "Evilive II" del '98, che seppur non abbia la stessa aurea del primo, mostra una certa verve e riascoltandolo oggi ci fa rimpiangere questa incarnazione rispetto alla successiva. Ben altro livello rispetto a certo Punk che imperversava all'epoca (Green Day, The Offspring ecc).
Album paraculo quanto si vuole, ma avercene di ritorni del genere: ed ecco che di colpo da band si comincia a parlare di brand.




Insomma, al netto delle critiche più o meno giuste e motivate, i Misftits con Graves partirono molto bene, con un lavoro che seppur non risultasse in grado – per diversi motivi – di competere con i primi due full originali si confermò comunque molto ben fatto e realizzato: ed ecco che a fine millennio, nel 1999, si pensò bene di replicare con “Famous Monsters” che fa del detto “squadra che vince non si cambia” il proprio motto.
Si continua sulla scia del precedente album con tante citazioni al passato remoto, con canzoni dotate di una personalità ambivalente: se infatti da un lato la band volle accentuare ancora di più il lato melodico del nuovo sound, con un Michael sempre più presente, dall’altra parte le chitarre si fregiarono di qualche divagazione Metal ancora più presente e accentuata. Un lavoro di buon livello al di là di quello che ne possano pensare le vedovelle di Danzig. Melodie easy, zuccherose e quasi adolescenziali vanno a incunearsi in quelle chitarre Metal e la sezione ritmica arrembante. Album di livello, ma detto ciò è assolutamente comprensibile come i duri e puri abbiano disconosciuto questa incarnazione della band, dal suono così tanto smussato ed un'immagine più educata, decisamente più adatta al grande pubblico e ben distante da quel mito scabroso che fu.




Dopo questi due lavori, oltre ad alcuni singoli di contorno e nonostante il successo abbastanza sorprendente (tra cameo televisivi, merchandising vario, uscite secondarie e ristampe su ristampe) la nuova incarnazione della band si sfaldò irrimediabilmente e il sodalizio con la Roadrunner e si concluse con l'inutile (e brutta) raccolta "Cuts From The Crypt" (2001) che mostra chiaramente cosa voglia dire
l'espressione raschiare il fondo del barile. Ecco quindi che al nostro Jerry Only toccò nuovamente l’ingrato compito di ricostruire i Misfits.
Passarono ben quattro anni, nel 2003 la band licenziò “Project 1950”.
Jerry trasformò i Misftits in un power trio altamente adrenalinico con lui nelle vesti di bassista e cantante (non esattamente indimenticabile dietro al microfono, ma tant’è…), Dez Cadena (Black Flag) alla chitarra e ultimo – ma non per importanza! – Marky Ramone alla batteria. Un vero e proprio super gruppo in ambito Punk, quello imbastito da quel mattacchione di Jerry Only, che purtroppo ebbe breve durata. Sprecando una delle più grandi occasioni mai realizzatesi in ambito musicale nel nuovo millennio vista la carature dei musicisti coinvolti.
Project 1950”, che tra l’altro vide al suo interno un discreto numero di ospiti, consistette in un divertente album di cover Rock ‘N Roll, nel quale dei grandi classici degli anni ’50 come “Diana”, “This Magic Moment”, “Runaway”,” Great Balls of Fire” o “Monster Mash” – episodi ben riusciti – vennero rinvigoriti e rinverditi dalla potenza e dai volumi del Punk, facendoci divertire molto sia per l’idea in sé che per la sua messa in pratica: dopotutto, avere dietro alle pelli uno come Marky Ramone fa la differenza in termini di tiro e groove, insieme all’ex ascia dei Black Flag. Solo un album di cover. Immaginate cosa sarebbe potuto accadere, se questo trio avesse potuto esprimersi al 100%!




Dopo di esso, tra tour celebrativi, singoli di dubbia utilità, qualche Ep oltre a qualche Bside Project (il Pop Punk melodico e scanzonato degli Osaka Popstar,con all’attivo un solo album in studio datato 2006 dal titolo “Osaka Popstar and the American Legends of Punk”, un disco di poche pretese), l’asse Only–Cadena trovò la sua sostanziale stabilità: a ben otto anni di distanza dall’ultimo disco uscì finalmente, nel 2011 quello che è attualmente l’ultimo album in studio del combo americano, “The Devil’s Rain”.
The Devil’s Rain” è un sunto di quello che sono gli ultimi Misfits: registrazione e produzione professionale, canzoni ben suonate, tematiche edulcorate e alleggerite rispetto al passato, un Punk potente ed energico ma comunque carico di melodia e squisitamente (o schifosamente, dipende dai punti di vista) radio friendly.
L’Horror Punk si dimena tra pesantezza Metal e zuccherosità Pop come l’ultimo disco di inediti (che risale a “Famous Monsters” di ben dodici anni prima!), con un guitar work semplice, un Jerry Only che fa il suo onesto lavoro come cantante e una sezione ritmica incisiva. L’album scorre via liscio, senza però farci mancare qualche sussulto tra la potente title track, il singolone “Land of the Dead”, la marcia funerea che è “Sleepwalkin’”, o l’andamento deciso di “Vivid Red”, presentando però qualche riempitivo di troppo: un lavoro di discreta fattura insomma, che diverte e si fa ascoltare, pur risultando a corto di quei colpi di genio e quel guizzo creativo che avrebbero potuto tramandarlo ai posteri come un capolavoro al pari dei primi due dischi dell’era Danzig, od anche dell’esordio del periodo Graves.
Ed è questo – almeno fino ad ora – l’ultimo album in studio della band: che dopo qualche inutile singolo (“Vampire Girl/Zombie Girl”, "Friday the 13th", "Horror Xmas","Twilight of the Dead"), un rifacimento che suona come un aborto mancato ("Misfits Meet the Nutley Brass: Fiend Club Lounge") ed un live album non esattamente indimenticabile (“D.E.A.D. Alive!” del 2013 ce lo potevano risparmiare in effetti), hanno addirittura deciso di giocarsi la carte della reunion nostalgica. Ed ecco che grazie ad una serie di circostanze, alla corte di Only ritornano sia Doyle (sempre rimasto nell’underground con i suoi progetti solisti) sia Danzig (ormai in una fase disperatamente calante da diversi anni), trovando alla batteria un’ospite di lusso. Nientemeno che Dave Lombardo!. Gli Original Misfits per il momento si sono limitati a tenere qualche concerto con il materiale classico della prima ora, come se la data sul calendario fosse il 1984, poche date ben selezionate in festival e contesti prestigiosi, trasformando quindi quelle date in degli eventi speciali e super costosi che dello spirito Punk hanno poco o nulla; decidessero di donarci uno (o più) lavori in studio, solo il tempo potrà dircelo. Converrete con me, cari lettori, sul fatto che sognare non costi nulla… perché un bel comeback discografico che colga quanto di buono fatto da ognuno di questi musicisti sarebbe senz’ombra di dubbio una cosa ben gradita.

Articolo a cura di Seba Dall

Ultimi commenti dei lettori

Non è ancora stato scritto nessun commento per questo articolo! Vuoi essere il primo?