BRUTAL ASSAULT 2024, il report di Metal.it

Info

Pubblicato il:01/09/2024
Tra gli innumerevoli appuntamenti fissi che scandiscono l'estate metallica europea, il Brutal Assault é sicuramente uno dei più rinomati e gettonati. Come i piú assidui frequentatori di Instagram avranno avuto modo di notare, noi di Metal.it abbiamo presenziato alla 27esima edizione del festival nella ridente Repubblica Ceca ed in questo report cercheremo di ripercorrere l'esperienza fatta e di trasmettervi un po' di sana atmosfera da festival che abbiamo respirato durante i 4 giorni in cui siamo stati ospiti della fortezza Josefov di Jaromer.

ORGANIZZAZIONE

Sul perché il Brutal Assault ormai sia un appuntamento imperdibile e sul perché dovreste prendere in considerazione l'idea di andarci vi rimandiamo a questo articolo in cui elenchiamo brevemente quali sono i punti di forza di questo festival, in questa sede ci concentreremo sull'edizione 2024.
Anche quest'anno il festival ha dimostrato di avere alle spalle un'organizzazione solida ed efficiente: a partire dalla qualitá del suono su tutti i palchi e a prescindere dagli orari (solamente Obscura e Cynic hanno avuto problemi tecnici ma non imputabili agli organizzatori, ma piuttosto ai loro fonici) fino alla puntualitá ineccepibile di ogni esibizione tutto é andato a meraviglia. Menzione speciale per la comoda e utilissima app mobile che permette di creare la scaletta delle band da vedere, segnalando eventuali sovrapposizioni ed inviando una notifica poco prima dell'inizio di ogni esibizione.

FESTIVAL CASHLESS
Che piaccia o meno, il presente ed il futuro dei festival é cashless ed in tal senso il Brutal Assault non fa eccezione: dal 2016 infatti all'ingresso verrete dotati di bracciale con chip che verrá usato per effettuare qualsiasi acquisto all'interno del festival, che si tratti di cibo, merch o beni agli stand che popolano l'area market. Il sistema é ormai collaudato ed anche quest'anno non abbiamo riscontrato alcun problema per poter caricare ed utilizzare il braccialetto. Va sottolineato come il denaro non venga convertito in gettoni o coins ma quel che caricate é quello che potete spendere e tutti i beni hanno prezzi in euro e corone ceche. I punti di top-up per ricaricare il braccialetto sono tanti e ben distribuiti nell'area festival, il consiglio é quello di rivolgersi a quelli piú periferici: pochissima o addirittura nessuna coda ed essendo lontano dai palchi principali é piú facile comunicare con gli addetti al caricamento. Tenete presente che ricaricando con carta di credito verrà trattenuta una commissione del 2%, altrimenti sia euro che corone sono tranquillamente accettate. Personalmente trovo il sistema comodissimo e assolutamente zero sbatti, ottimo anche il sistema di refund per recuperare il credito residuo al termine del festival, che potrete anche decidere di devolvere, in parte o totalmente, in beneficienza ad associazioni che collaborano con il festival (Sea Shepherd ma anche altre onlus) o al festival stesso.

CIBO
Anche quest'anno la quantitá, la qualitá e la varietá di scelta del reparto gastronomico si é rivelata ampissima, in grado di soddisfare pressoché qualsiasi palato: vastissima scelta di cibo tradizionale ed internazionale, a prezzi generalmente onesti ed in linea con la qualitá offerta (ricordo hamburger ottimi intorno ai 6/7 euro, per fare un esempio) ed anche tante cose particolari, come ad esempio trote grigliate con chips di carote. Anche quest'anno ampia attenzione é stata dedicata a vegani e vegetariani che hanno avuto a disposizione un settore dedicato a cucina dedicata alle loro esigenze.
Il Brutal si svolge in Repubblica Ceca, quindi inutile sottolineare la qualitá e la quantitá di birra messa a disposizione: alle spine erano disponibili diversi tipi di birra (bionda, lager, pils, scura, IPA) tutte molto buone e rispetto a quelle italiane molto meno gassate, quindi decisamente piú beverine. Per i palati piú raffinati alcune bancarelle offrivano anche birre artigianali per un'esperienza ancor piú di livello, assolutamente top. Immancabili come sempre le tende targate Red Bull e i punti dove gustarsi qualche cocktail, che dovendo peró guidare abbiamo dovuto saltare.

LOCATION
In generale il tempo é stato ottimo, anche fin troppo caldo, nei 4 giorni di festival con una leggera pioggerellina a guastare la giornata per una mezz'oretta scarsa la seconda giornata: tra le mura del forte e le strutture mobili messe a disposizione dal festival tuttavia abbiamo avuto tutto il necessario per ripararci dalla pioggia e dalla calura nei momenti piú caldi, ed anzi fa piacere constatare come lo staff abbia provveduto a pavimentare alcuni passaggi nei tunnel che negli anni scorsi erano distese di sabbia e che nei momenti piú affollati diventavano irrespirabili e polverosissimi.

DIVERTIMENTI
Come sempre ampio spazio é stato dedicato anche alle attivitá extra musicali, arricchendo l'offerta del festival: tra cinema horror, talk con gli addetti ai lavori, laboratori musicali per bambini, un open stage dove chiunque poteva esibirsi suonando lo strumento preferito (da solo in compagnia, numerose le jam session improvvisate messe in piedi dai passanti), clinic da parte di artisti che si sono esibiti al festival, spettacoli post-apocalittici, tour guidati sulle mura della fortezza sede del fest ed un'esperienza interattiva denominata PIT OF DOOM é davvero difficile annoiarsi. Alla fine il limite é davvero il tempo a disposizione e le energie residue, ma se per voi un festival non é solamente l'occasione per ascoltare tanta buona musica dal vivo qui troverete sicuramente qualcosa che fa al caso vostro.

ATMOSFERA
Prima di passare in rassegna le esibizioni che piú ci hanno colpito, non possiamo esimerci dallo spendere due parole sull'atmosfera che si é respirata nella fortezza per tutti e quattro i giorni di festival: un'atmosfera di festa, di grande entusiasmo per questa musica che riesce ad unire persone diverse provenienti da tutto il mondo (abbiamo avuto modo di vedere gente proveniente da tutto il mondo, dal Sud America, dal Regno Unito, e da tutta Europa, tra cui una buona fetta di italiani) sotto la bandiera del metal. Il pubblico che ha assistito alle esibizioni delle band si é rivelato davvero caloroso e coinvolto, che si trattasse delle band minori o dei mostri sacri del genere, e piú volte gli stessi artisti sono parsi genuinamente colpiti dalla risposta dei presenti. Moshpit, wall of death, pogo, circle pit, crowd surfing si sono sprecati ma sempre con grande attenzione verso il prossimo, come non sono mancati anche i classici e pittoreschi personaggi da festival con i loro vestiti o travestimenti assurdi che non possono non strappare un sorriso.

LE BAND

TERRORIZER
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Per quanto mi riguarda i Terrorizer nascono e muoiono con "World Downfall", e tutta la produzione successiva é davvero trascurabile: non avendoli mai visti live peró mi avvicino al palco principale per assistere all'esibizione del gruppo di Pete Sandoval e David Vincent, senza troppe aspettative: la band é trascinata da un tamarro Brian Werner che fa di tutto per mostrare un po'di presenza scenica, mentre il resto della band si mostra piuttosto statica. La scaletta, com'era lecito attendersi, é fortemente incentrata su quel capolavoro di "World Downfall"; dopo l'iniziale "Hordes Of Zombies" infatti i Terrorizer inanellano un classico dietro l'altro: "Fear Of Napalm", "Ripped To Shreds", "After World Obliteration", "Corporation Pull-In", "Dead Shall Rise" fomentano il pubblico che pare gradire l'esibizione della band. Certo, Werner non sará Oscar Garcia e Richie Brown non é certo Jesse Pintado, ma la prestazione del gruppo da un punto di vista musicale é ineccepibile, ed anche il buon Commando dietro le pelli nonostante il passare degli anni mostra ancora una certa botta. In generale peró ho percepito una certa svogliatezza, o meglio scolasticitá, nell'esibizione del gruppo, soprattutto da parte di Vincent che mi é sembrato molto professionale e freddo, come se stesse semplicemente timbrando il cartellino come un qualsiasi impiegato statale.

Setlist:

Hordes of Zombies
After World Obliteration
Storm of Stress
Fear of Napalm
Human Prey
Corporation Pull-In
Strategic Warheads
Condemned System
Resurrection
Enslaved by Propaganda
Need to Live
Ripped to Shreds
Injustice
Whirlwind Struggle
Infestation
Dead Shall Rise


VLTIMAS
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Dopo aver calcato il palco principale in compagnia dei Terrorizer, David Vincent si cambia di abito e fa ingresso sull'Obscure Stage con i suoi Vltimas: il gruppo propone un death metal con qualche venatura black e fin dall'iniziale "Epic" é evidente come i membri del gruppo abbiano tutti alle spalle una lunga e gloriosa gavetta sui palchi di tutto il mondo. La band suona compatta e convinta, ed anche lo stesso Vincent mi sembra piú coinvolto nella performance, forse anche perché in questa sede ha un ruolo piú centrale rispetto ai Terrorizer, oltre a non dover occuparsi di suonare il basso. Il pubblico é numeroso davanti al palco e si lascia trasportare dalle note di brani come "Mephisto Manifesto" o "Miserere", apprezzando molto quindi l'esibizione degli Vltimas che nel corso dei 40 minuti a loro disposizione hanno dato prova di essere efficaci non solo su disco ma anche sul palco.

Setlist:

Epic
Invictus
Mephisto Manifesto
Exercitus Irae
Last Ones Alive Win Nothing
Miserere
Diabolus Est Sanguis
Everlasting


MISERY INDEX
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C'è stato un periodo in cui ero veramente sotto con i Misery Index, intorno al 2010 o giú di lí, e dove ho ascoltato a ripetizione dischi come "Traitors" e "Heirs To Thievery": come spesso accade li ho poi persi di vista, vuoi perché i gusti cambiano o perché semplicemente ci si dimentica che certe band esistono e basta, quindi perché perdere l'occasione di riallacciare i rapporti con Jason Netherton e soci? La band americana ha davvero messo a ferro e fuoco l’ Obscure con il suo death metal venato di grind ed hardcore ed ha sciorinato una prestazione efficace e ficcante: nonostante non conoscessi una buona parte dei brani presenti in scaletta la loro resa efficace in sede live è riuscita a colmare la lacuna e a rendere l’ esibizione davvero piacevole e coinvolgente. Certo poi quando i Misery Index hanno pescato dal cilindro veri e propri classici come “The Carrion Call”, “Heirs To thievery” e la conclusiva ed anthemica “Traitors” (con tutti i presenti ad accompagnare l’ anthemico ritornello con il pugno al cielo) l’ entusiasmo ha raggiunto picchi ancor più alti. Ben ritrovati!

Setlist:

Embracing Extinction
The Carrion Call
The Spectator
Blood on Their Hands
Fed to the Wolves
New Salem
Conspiracy of None
Heirs to Thievery
Infiltrators
Traitors


BRUTUS
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La sera è ormai calata sulla fortezza, lo scenario perfetto per accogliere sul palco una delle band che attendevo di vedere con maggiore ansia e curiosità: mi riferisco ai belgi Brutus capitanati dalla batterista e cantante Stefanie Mannaerts, i quali si presentano sul palco con una disposizione dei musicisti piuttosto inusuale, con il drum kit sul lato destro del palco in perfetta linea e continuità con chitarra e batteria. Questo certamente ha avuto il merito di annullare, o quantomeno ridurre, la distanza tra band e pubblico, soprattutto per quanto riguarda la figura carismatica di Stefanie. Dare una descrizione precisa del genere dei Brutus mi risulta complicato, visto che il gruppo riesce a mescolare influenze rock, hardcore, alternative e a mostrare anche un certo animo melodico ed intimista. A rendere il tutto ancor più interessante contribuisce sicuramente la voce di Stefanie, in gradi di essere graffiante ed a tratti quasi roca ma anche suadente con i suoi vocalizzi dal sapore quasi malinconico, probabilmente la vera marcia in più dei Brutus. La prova solida e convincente alla batteria inoltre non ha in alcun modo intaccato la sua prestazione vocale, davvero di alto livello e quasi identica alla versione in studio: oltre a me molti altri aspettavano con ansia la loro esibizione, vista la mole enorme di gente in ascolto all’ Obscure e va detto che le aspettative sono state rispettate, soprattutto su brani come “Liar”, “War” e “Sugar Dragon”. Assolutamente promossi e da rivedere.

Setlist:

War
Liar
Justice de Julia II
Miles Away
Brave
What Have We Done
Space
Dust
Sugar Dragon



ESCUELA GRIND

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Nonostante l’ora sia all’ incirca quella di pranzo, sul Sea Shepherd c’è un nutrito gruppetto di persone pronto a godersi il concerto degli Escuela Grind: personalmente conosco solo di sfuggita la band ma visto che al momento non ci sono altre band in azione sugli altri palchi che mi interessi seguire decido di dare loro una chance. E devo dire che questi ragazzi hanno saputo mettere insieme uno spettacolo decisamente niente male, trainati certamente dalla carismatica cantante Katerina che oltre a sfoggiare un growl possente niente male ha avuto il merito di coinvolgere la folla, saltando qua e là sul palco mostrando una certa ironia e spiritosaggine. Il resto l’ha fatto il grind/hardcore degli Escuela Grind che ha scatenato mosh e circle pit a più riprese, mentre i rallentamenti quasi sludge hanno fatto roteare parecchie teste. Sicuramente la band non stravolgerà le sorti del genere e difficilmente acquisterò mai un loro disco, ma va detto come dal vivo il gruppo sappia essere incisivo e divertente.

INCANTATION
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Nonostante una lunga ed onorata carriera pluridecennale, gli Incantation sono una di quelle formazioni che anche in tempi recenti sono stati capaci di mantenersi su ottimi livelli pur non apportando significative modifiche alla loro idea di musica: e quindi perchè mai dovremmo privarci del piacere di vedere dal vivo John McEntee e la sua creatura? Una volta preso possesso del Marshall, il gruppo riversa sui presenti una massiccia dose di death metal sulfureo e blasfemo come da tradizione che ha subito l’effetto di esaltare il pubblico presente ed anche piuttosto numeroso. Nonostante barba e capelli ormai bianchi, McEntee sfodera il suo growl cupo così caratteristico e fa trasparire quanto davvero sia ancora legato alla sua musica ed alla sua band con una prestazione davvero compatta e convincente. Ad accompagnarlo un gruppetto di musicisti decisamente più giovani che ha saputo far rendere alla grande brani ormai epocali quali “Ibex Moon”, "Blasphemous Cremation” o la più recente “Vanquish In Vengeance”. Anche stavolta lo zio John ci ha preso per mano e ci ha portati tutti a scuola di death metal.

FORBIDDEN
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Sono passati ben 16 anni (!!) da quando vidi i Forbidden in quel di Bologna in compagnia del nostro Graz e di Thrash, e conservo un ricordo davvero ottimo di quel concerto. Gli anni passano ed avere di nuovo la possibiltà di vedere la band di Craig Locicero mi ha reso davvero felice: la band è discograficamente ferma da un po’ ed anche l’ attività live non è delle più intense, quindi non è il caso di perderli quest’oggi. La band fa il suo ingresso sulle note di “Parting Ways” e subito una scarica di thrash metal investe i presenti: purtroppo dietro al microfono non c’è più Russ Anderson (ma questo lo scoprirò solo dopo il concerto) ma Norman Skinner si dimostra subito un sostituto all’altezza ed azzeccato, sia nelle parti più cantate che negli acuti più sparati. Come era lecito attendersi, la scaletta pesca a piene mani dai primi due leggendari album “Forbidden Evil” e “Twisted Into Form” in una sorta di best of targato Forbidden: l’ entusiasmo da parte del pubblico è palpabile, tanto che la band viene più volte acclamata, e sotto al palco mentre il gruppo esegue brani come “Off The Edge”, “Out Of Body (Out Of Mind)”, “Through Eyes Of Glass” e l'immancabile chiusura affidata a “Caliche Of Blood” c’è il macello vero. Grandissima prova della band, che quest’oggi ha in veste di chitarrista Daniel Mongrain dei Voivod, che conferma ancora una volta quanto i Forbidden siano una band estremamente sottovalutata.

Setlist:

Parting of the Ways
Infinite
Out of Body (Out of Mind)
Off the Edge
Forbidden Evil
March into Fire
Feel No Pain
Twisted into Form
Step by Step
Through Eyes of Glass
Chalice of Blood


TESTAMENT
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Dopo aver assistito a bordo palco all’esibizione degli amici Forbidden, adesso per Chuck Billy è il turno di salire sul Marshall Stage in veste di headliner con i suoi Testament: l’ ingresso in scena del gruppo è davvero spettacolare, con un enorme telo bianco raffigurante il teschio da sempre mascotte del gruppo che al deflagrare di “The New Order” (anticipata da “Eerie Inhabitants”) viene calata improvvisamente, rivelando la band sullo stage. Da dei veterani come i Testament che cosa aspettarsi se non uno spettacolo fatto di sudore, passione e thrash metal? Ed effettivamente la band ha regalato esattamente questo a tutti i fan assiepati davanti al palco, mostrando anche come il gruppo sia una macchina oliatissima e rodatissima sul palco, sia musicalmente che come presenza scenica: sulla caratura tecnica dei vari Skolnick, DiGiorgio e Peterson non c’è nemmeno da discutere, ma mi ha fatto davvero piacere constatare come questi signori diano ancora l’ impressione di divertirsi da matti a suonare per i propri fan, offrendosi a più riprese in pose epiche per i fotografi e duettando tra loro spesso e volentieri. Chuck Billy poi ha offerto una prova vocale sontuosa, alternando la sua voce potente e graffiante al suo ormai abituale growl, non stando mai fermo un secondo e interagendo molto con il resto della band e con il pubblico. Scongiurato il pericolo di un drum solo da parte del giovane Chris Dovas che fortunatamente è durato giusto un paio di minuti e che ha messo in luce le capacità tecniche del ragazzo, il resto dello show è filato via in un baleno ripercorrendo moltissimi dei classici targati Testament, concentrandosi esclusivamente sulla produzione storica del gruppo: “Into The Pit”, “C.O.T.L.O.D.”, “The preacher”, "Over The Wall”, “Apocalyptic City”, “Disciples Of The Watch” hanno infiammato il main stage e fomentato la folla che ha pogato senza sosta dall’ inizio alla fine, costringendo la security ad un bel daffare nelle primissime file, dove il crowd surfing era fitto e costante. Erano anni che non ascoltavo i Testament e devo dire che la loro prestazione è stata davvero di alto livello ed è stato un piacevolissimo tuffo nel passato. Se vi capita di trovarli in giro non perdeteveli!

Setlist:

Eerie Inhabitants
The New Order
Apocalyptic City
The Haunting
The Preacher
Do or Die
Drum Solo
First Strike Is Deadly
A Day of Reckoning
C.O.T.L.O.D.
Raging Waters
Disciples of the Watch
Over the Wall
Into the Pit



IMPERIAL TRIUMPHANT

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Barocchi, dissonanti, avanguardistici: le strade di Metal.it e degli Imperial Triumphant si erano già incrociate in terra ceca al Brutal Assault 2022, ed allora la band era stata relegata al più piccolo Octagon Stage, scelta che già al tempo mi aveva un po’ sorpreso. Quest’ anno la band americana ha avuto la “promozione” che meritava ed eccoli quindi in azione sul più grande Obscure. La prima cosa che ho notato è che questa volta la band ha potuto contare su una potenza di fuoco maggiore a livello di suoni, che certamente ha dato un bel boost alla performance e che invece due anni fa era stato uno dei fattori che mi avevano lasciato un po’ freddino di fronte agli Imperial Triumphant. Una volta saliti sul palco con le maschere di ordinanza, Zacharin Efrin e compagni hanno squagliato i cervelli dei presenti con il loro death/black metal malato e dissonante ad altissimo tasso tecnico, ed hanno messo in luce anche una certa presenza scenica che non ha intaccato la performance musicale del gruppo. E’ davvero affascinante assistere allo spettacolo di queste maschere dorate e mute che propongono della musica così dissonante, quasi stessero comunicando attraverso un linguaggio alieno a noi incomprensibile senza aprire bocca. C’è stato addirittura spazio per un assolo di basso di Steve Blanco, che ha molestato il suo strumento e ne ha tratto un sacco di suoni deviati e devianti per mezzo della miriade di effetti: certo un assolo poco musicale ma mesmerizzante nella sua natura così schizzata. Unica pecca: l’assenza in scaletta di “Merkurius Gilded”, mio pezzo preferito del gruppo..pazienza, toccherà fare il tris per sperare di ascoltarla.

Setlist:

Gotham Luxe
Lower World
Cosmopolis
Bass Solo
Chernobyl Blues
Swarming Opulence


CYNIC
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Dopo una scorpacciata di thrash, death, grind e ogni sorta di forma estrema di metal, ci voleva proprio un concerto più sofisticato e raccolto per staccare un po’, e quale occasione migliore se non i Cynic di Paul Masvidal? La sua creatura ha ormai da un pezzo preso il largo dai lidi metal degli esordi, ma nonostante questo continua a trovare apprezzamento tra gli appassionati del genere, compreso il sottoscritto. Purtroppo però non c’è stato nemmeno il tempo di ascoltare per intero “Evolutionary Sleeper” che Paul ha dovuto stoppare il concerto per dei problemi con il proprio vocoder: per quanto l’intervento dei tecnici di palco ed i fitti colloqui con la persona al mixer siano stati tempestivi, non hanno portato ad un'immediata risoluzione del problema, con il pubblico che con ammirabile pazienza ha atteso circa un 15/20 minuti prima che i Cynic potessero riprendere a suonare. Purtroppo si sa, il tempo a disposizione nei festival è davvero poco ed un ritardo simile di fatto ha portato a dimezzare il concerto della band: visto che comunque la scaletta ha pescato dalla produzione recente targata Cynic e visto il notevole ritardo, dopo un paio di pezzi ho mollato l’osso e ho preferito approfittare della pausa inattesa per rifocillarmi in vista dei prossimi gruppi. Rivedrò i Cynic se dovessero capitare in uno dei prossimi festival a cui andrò? Non lo so, forse la loro proposta è più adatta ad uno show indoor dedicato..

UNTO OTHERS

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Sicuramente tra le formazioni underground in rampa di lancio, ero davvero curioso di vedere dal vivo gli americani Unto Others per tastare con mano la bontà del loro heavy metal venato di gothic, anche se la mia conoscenza del gruppo era limitata ai soli singoli e poco altro. A giudicare dalle tante persone che si sono assiepate all’ Obscure non ero l’ unico a nutrire grandi aspettative e devo dire che la band ha davvero ripagato: basta l’iniziale “Nightfall” per spazzare via ogni riserva e scatenare i fan, che hanno accompagnato praticamente sempre la band durante gli anthemici ritornelli, mentre la figura possente di Gabriel Franco ha troneggiato a centro dello stage ed ha offerto una prova vocale praticamente perfetta: non è certo un mistero che il suo timbro così cupo e baritonale sia uno dei punti di forza degli Unto Others, capace di conferire ai pezzi quell’aura malinconica tanto caratteristica e caratterizzante della musica del gruppo. Una menzione particolare va fatta anche per il chitarrista Sebastian Silva, che ha messo in mostra una grandissima presenza scenica ed ha passato tutto il concerto a svolazzare sul palco con una leggiadria degna di una Carla Fracci in versione gothic (con tanto di mantello), senza per questo sacrificare la pulizia esecutiva. Pezzi come “Give Me To The Night”, la recente “Raigeki” e la conclusiva “Dragon, Why Do You Cry?” hanno mandato in visibilio il pubblico che ha acclamato più volte a gran voce gli Unto Others che quest’oggi hanno dimostrato che la dimensione dal vivo è il loro habitat naturale.

Setlist:

Nightfall
Butterfly
Double Negative
Give Me to the Night
Can You Hear the Rain
When Will God's Work Be Done
Raigeki
Heroin
It Doesn’t Really Matter
Dragon, Why Do You Cry?


CULT OF FIRE
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La notizia che i cechi Cult Of Fire si sarebbero esibiti sul main stage accompagnati dall’ orchestra sinfonica boema di Praga per uno show unico e speciale dedicato al compositore boemo Bedrich Smetana ha generato così tanta curiosità da spingermi a saltare il concerto dei Cephalic Carnage (non esattamente una band che puoi vedere molto spesso..): in cuor mio ero convinto che il confine tra pacchianata di dubbio gusto ed esperienza totale di un’operazione di questo genere fosse piuttosto labile, ma fortunatamente qualsiasi mio dubbio è stato spazzato via nell’ arco di pochi minuti, se non secondi. I Cult Of Fire sono praticamente degli eroi nazionali qui, e lo dimostra il fatto che non ho mai visto il main stage così affollato per un headliner: quando il telo che nasconda alla vista il palco viene sganciato, il colpo d’ occhio è davvero imponente, con un maxi schermo posto sullo sfondo che mostra una carrellata di riprese davvero mozzafiato di tutto il territorio boemo, tra foreste selvagge, castelli medioevali dalla tipica architettura est-europea, corsi d ‘acqua che si snodano in pianure sconfinate mentre la band si esibisce in classici del repertorio di Smetana rivisti in chiave black metal. L’ orchestra, seppure non nutrita come numero di elementi, chiaramente ha un ruolo di primissimo piano e la cascata di blast beat e chitarre elettriche si amalgamano benissimo nel tessuto musicale, dando ai pezzi nuova linfa vitale. Certo non posso definirmi un fine conoscitore dell’ opera musicale di Smetana (di cui conosco la sola “La moldava", riconoscibilissima eppure così diversa nella versione proposta questa sera), ma certo questo show speciale “speciale” lo è stato davvero, non solo per una questione meramente musicale ma anche per tutto il contesto: durante il concerto dei Cult Of Fire era davvero palpabile nel pubblico una specie di fierezza ed orgoglio nazionale che è stato davvero incredibile e che mi ha fatto letteralmente venire i brividi. Era come se tutti i presenti si sentissero parte integrante del gruppo mentre celebravano una figura così importante della loro storia e cultura. Mi dispiace, Cephalic Carnage, ma a conti fatti ritengo di aver fatto la scelta giusta.

Setlist:

Z českých luhů a hájů
Tábor
Vltava
Pochod národní gardy
Triumfální symfonie
Vyšehrad
Váh


PESTILENCE
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Con i Pestilence avevo una questione aperta dal 2010, quando li vidi dal vivo per la prima ed unica volta nella mia vita in Olanda e fecero un concerto talmente disastroso tra scaletta ed un’esecuzione tanto rivedibili da farmi mettere una pietra sopra al gruppo di Patrick Mameli. Ma si sa, l'età avanza ed il tempo cura tutto o quasi, quindi rieccomi qui a dare una seconda chance a questa band tanto seminale per il death metal e che ho adorato (ed adoro) alla follia: ignoro totalmente qualsiasi uscita post "Resurrection Macabre" ma la speranza è che quest’oggi il gruppo si concentri sulla produzione storica ed in buona parte è così: archiviata l’iniziale “Morbvs Propagationem” (francamente impalpabile), i Pestilence inanellano una serie di classici quali “Dehydrated”, “Land Of Tears”, “The Secrecies Of Horror”, “Twisted Truth” intervallate dalle discrete (ma che potevano essere facilmente rimpiazzate) “Devouring Frenzy” e “Resurrection Macabre”. La band suona in maniera abbastanza precisa e compatta, e la resa dei brani è sufficiente, anche se stupisce non poco la scelta di non includere alcun brano da “Spheres” e “Malleus Maleficarum” concentrandosi di fatto solo su “Consuming Impulse” e “Testimony Of The Ancients” e poco altro. Pace fatta con i Pestilence, quindi? Non proprio..a fronte di un’esibizione certamente migliore di quella del 2010 (non che ci volesse molto) rimane comunque una certa freddezza di sottofondo, data anche dal fatto che lo stesso Mameli e certi suoi slogan pro old school death metal mi sono suonati vuoti o comunque non completamente sinceri..la band saluta con la consueta chiusura affidata a “Out Of The Body” che suggella un concerto non certo scoppiettante ma che pare aver soddisfatto i fan sotto al palco.

Setlist:

In Omnibvs
Morbvs Propagationem
Dehydrated
Resurrection Macabre
Devouring Frenzy
The Secrecies of Horror
Free Us From Temptation
Prophetic Revelations
Bitterness
Twisted Truth
Blood
Land of Tears
Out of the Body


CHTHE’ILIST
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Questo è uno dei motivi per i quali amo il Brutal Assault: dove altro è possibile assistere al concerto dei death metallers canadesi Chthe’ilist??? La loro presenza sul suolo europeo è più unica che rara e non c’è niente al mondo che mi possa far perdere l’esibizione del gruppo. Dopo un soundcheck certosino, il cui apice è stato certamente il check del cantante Phil Thogas che si è esibito in un campionario di suoni gutturali e suini di tutto rispetto, la band attacca subito con una scarica di death metal lovecraftiano: le chitarre a sette corde macinano una sequenza di riff contorti e dissonanti che riportano alla mente i mai troppo celebrati Demilich e nonostante l’accordatura piuttosto ribassata i suoni non sono impastati ed è possibile cogliere ogni sfumatura, al netto di qualche aggiustamente in apertura di concerto. Il materiale da cui attingere non è moltissimo, ma di qualità sopraffina: “Le Dernier crépuscule”, “Passage Into the Xexanotth”, “The Voices From Beneath the Well”, “Voidspawn” alternano momenti di raffinatezza tecnica a rallentamenti sulfurei che inducono ad un headbanging forsennato, mentre il basso di Claude Leduc si ritaglia un ruolo di assoluto protagonista con i suoi slap ed i diversi break che lo vedono assolutamente protagonista. La band è in palla e sul palco è davvero molto dinamica, ed è davvero incredibile che a furia di correre di qua e di là e di scapocciare nessuno dei musicisti perda una mezza nota e suoni in maniera assolutamente fedele alla versione in studio. Prova davvero granitica che ricorderò come una delle migliori di questo Brutal Assault.

EMPEROR
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Per il sottoscritto ci sono delle band che non importa quante volte hai visto nella vita ma ogni occasione che si ha per rivederle dal vivo va assolutamente sfruttata: gli Emperor rientrano a pieno titolo nella lista e la loro performance in veste di headliner sul Marshall Stage è quindi una tappa obbligatoria per questo Brutal Assault. Questa volta ad accompagnarmi non c’è il nostro Cafo come in occasione della loro unica tappa italiana di due anni fa, ma l'entusiasmo di poter rivedere in azione una delle mie band black metal preferite è la medesima. Lo stemma imperiale campeggia nel backdrop che viene allestito a fondo palco e già durante il suo fissaggio l’adrenalina comincia a salire, mentre le persone si assiepano nelle primissime file per poter seguire da vicino il concerto. Le tenebre ormai sono calate e con puntualità svizzera Ihsahn e soci fanno il loro ingresso sul palco mentre le note iniziali di “Into The Infinity Of Thoughts” scaldano l’ ambiente, che è già comunque bello elettrico. Il resto è facilmente prevedibile: ormai sono anni che la band gira il globo proponendo la propria musica ed anche questa sera l’ esibizione degli Emperor è da pelle d’ oca: merito certamente della qualità dei brani che sono dei veri e propri inni, ma anche la prestazione del gruppo è inattaccabile sotto tutti i punti di vista. La voce di Ihsahn è rimasta immutata negli anni ed anche se il frontman ormai è ben lontano dall’estetica black metal degli esordi la sua prova fa passare tutto in secondo piano. Trym è la solita macchina schiacciasassi e Samoth è come sempre imperturbabile, ma d’altronde basta la cupa e nera magia di brani come “I Am The Black Wizards", “Inno A Satana”, “Thus Spake The Nightspirit”, “With Strength I Burn” o “Ye Entranceimperium” per irretire il pubblico che è letteralmente rapito dalla musica degli Emperor. Le tastiere di Jorgen Munkeby (noto ai più per la sua band madre, gli Shining) riempiono di solennità l’aria e ricostruiscono dal vivo l'aura epica e magniloquente che solo dischi come “In The Nightside Eclipse” o “Anthems To The Welkin At Dusk” sanno creare, mentre il pubblico acclama a più riprese e a gran voce gli Emperor, accompagnando con il pugno e le corna in aria i momenti più pregni di pathos, come i finali di “Inno A Satana” e “I Am Black Wizards”. Quando la solito outro “The Wanderer” ci accomiata da questa band unica tutto intorno a me è una sequenza di visi sorridenti e felici, consapevoli di aver appena assistito ad un concerto con la C maiuscola. Semplicemente imperiali.

Setlist:

Into the Infinity of Thoughts
The Burning Shadows of Silence
Thus Spake the Nightspirit
The Loss and Curse of Reverence
With Strength I Burn
Curse You All Men!
I Am the Black Wizards
Inno a Satana
Opus a Satana
In the Wordless Chamber
Ye Entrancemperium
The Wanderer


DODHEIMSGARD
Ancora frastornato dall’esibizione degli Emperor, è tempo di muoversi in direzione Obscure Stage per assistere allo spettacolo di un’ altra band degna di nota: purtroppo complice la distanza ed una parziale sovrapposizione tra i due gruppi arrivo a ridosso del mixer che la band norvegese è quasi a metà della propria setlist, giusto in tempo per godere delle note di “Interstellar Nexus”, dall’ultimo e spettacolare “Black Medium Current”: inutile dire come dal vivo la band sia una macchina perfetta, mentre l’esibizione è stata arricchita dal maxischermo a lato palco che proiettava delle immagini e dei video astratti vagamente inquietanti ad accompagnamento della musica eclettica e poliforme della band. C’è ovviamente spazio per scavare nella poco nutrita ma significativa discografia della band andando a pescare brani da “Monuental Possession” come “The Crystal Spectre”, con il singer Vicotnik assoluto mattatore sul palco. Anche se si è trattato di un’esibizione a metà per il sottoscritto, le vibrazioni sono state più che positive e la speranza è di ritrovare i Dodheimsgard in futuro per poterli seguire con tutta l’attenzione che meritano.

LAIBACH
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Tra gli highlights di questa edizione del Brutal Assault personalmente ci metto anche gli sloveni Laibach:tra i giganti dell’industrial, la loro presenza nel bill del festival è l’ennesima dimostrazione delle ampie veduto e dello spettro esteso dei generi che questa kermesse ha come filosofia di base. Il colpo d’occhio al palco è davvero suggestivo, con tastiere di ogni tipo messe ai due lati del palco (materiale di approfondimento e studio per il nostro Gab) tra attrezzature chiaramente vintage ed altre più moderne. La band è preannunciata dall’inconfondibile fill di batteria di “Life Is Life” ripetuto in maniera ossessiva, prima che l’onnipresente maxischermo dia il via alle danze proiettando qualche spezzone del film “Iron Sky”: ed infatti l’apertura è affidata proprio a “B Mashina” dalla colonna sonora del film, con Milan Fras che fa il suo ingresso sul Marshall Stage accompagnato dalla cantante Mina Spiler.
La voce baritonale ed inespressiva di Fras cattura da subito il pubblico e non lo lascia più, mentre la band inanella i grandi classici a firma Laibach: “Alle gegen alle”, “Brat moj”, “Geburt einer Nation”, “Leben heisst leben” e la danzereccia “Tanz Mit Laibach”. Lo spettacolo viene elevato ad un livello superiore grazie ad un sapiente utilizzo del maxischermo, che aggiunge una dimensione visiva notevole al concerto, alternando pezzi tratti dai video ufficiali, spezzoni girati appositamente per i live e diffondendo anche messaggi antimilitaristi e pacifisti. Sicuramente la parte centrale del concerto è stata la più intensa e coinvolgente, più incentrata su brani impegnativi e marziali, mentre in chiusura la band si è affidata a pezzi più “leggeri”, come le arcinote cover di “Sympathy for the devil” dei Rolling Stone e l’ immancabile “I Want to know what love is” dei Foreigner, con tanto di cuoricini e visual ironiche. I Laibach sono stati un’esperienza davvero intensa dal vivo, e si sono amalgamati perfettamente all’interno di una manifestazione incentrata principalmente sul metal, abbattendo qualsiasi distanza di genere musicale. Personalmente, l’unico appunto che mi viene da fare è che avrei preferito che il finale avesse mantenuto la stessa tensione emotiva della parte centrale della setlist, dove i Laibach hanno saputo essere davvero ipnotici e mettere in piedi un’esperienza davvero intensa. Ma queste in fondo sono solo le lamentele di un vecchio brontolone, ad avercene di concerti di questa caratura.

Setlist:

B Mashina
Eurovision
Alle gegen Alle
Brat moj
Resistance Is Futile
God Is God
Krvava gruda - plodna zemlja
Ti, ki izzivaš
Trans-National
Geburt einer Nation
Life Is Life / Leben heißt Leben
Tanz mit Laibach
Sympathy for the Devil
The Coming Race
I Want to Know What Love Is


WORM
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Il nostro Brutal Assault si conclude con gli americano/canadesi Worm: nonostante l’ora tarda (il gruppo è previsto all’1 di notte), la stanchezza accumulata in 4 giorni di festival ed il lungo viaggio di ritorno che ci attende poche ore dopo, raccogliamo gli ultimi scampoli di energie per assistere all’esibizione della band, un’ altra di quelle chicchette targate Brutal Assault che difficilmente avremo la possibilità di rivedere. E la nostra resilienza viene premiata: il gruppo sale sul palco con mantelli e facepainting, tenendo fede all’ estetica black/gothic/doom che permea anche la sua musica, e inonda l’ Obscure con un'ondata di doom/death/black dove le tastiere usate come backing track danno un tocco malefico e mefistofelico a brani come "Forever Glade", in un’ alternanza di momenti più doomy ad altri più black metal e sinfonici. Assoluto protagonista con il suo scream e growl il cantante Phantom Slaughter, che nei momenti dove è sgravato dai compiti di singer intrattiene il pubblico con momenti grand guignoleschi, bevendo sangue da un calice intarsiato. Sotto i ceroni (o meglio, già durante il soundcheck) si capisce che mezzi membri della band sono gli stessi dei Chthe’ilist, anche se magari non tutti suonano gli stessi strumenti, infatti tecnicamente i Worm non fanno una sbavatura che sia una: nota di merito per gli assoli barocchi e dal gusto neoclassico che infarciscono i brani in modo coerente, anche se personalmente devo ammettere che i brani più doomy li ho preferiti a quelli in cui l’ influenza black è maggiormente marcata. Ma qui si parla di gusti personali, data la prestazione la band merita tutto il successo che sta riscuotendo a livello underground e la notevole mole di persone che ha sfidato stanchezza e ubriachezza per essere sotto al palco ne è ulteriore prova.

CONCLUSIONI
In conclusione che dire quindi del Brutal Assault 2024? Questo festival si è confermato uno dei miei appuntamenti preferiti dell’estate metallica, anche se il bill probabilmente non era al livello di altre edizioni del passato: tanta buona musica di vario genere, tanta bella gente, birre ottime e cibo zozzo a volontà ed in generale un’atmosfera che solo in questi grandi eventi si respira. Apprezzabile lo sforzo che lo staff impiega ogni anno per migliorare sempre di più le cose ed in generale apprezzatissima l’organizzazione pressochè perfetta del festival in ogni suo aspetto. Cos’altro volere da un festival musicale?
Uscendo per l’ultima volta dalla fortezza che è stata la nostra casa per 4 giorni il pensiero è sempre quello: arrivederci Brutal Assault, arrivederci a molto presto!




Articolo a cura di Michele ’Coroner’ Segata

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