Italian Metal Heroes, The Golden Age Of The Italian Rock (PT. #4).

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Pubblicato il:23/12/2024
Non sono un grande amante dei “serial”, e ciononostante attendevo con una certa “trepidazione” la possibilità di affrontare la “quarta puntata” di questa dissertazione relativa all’encomiabile iniziativa della Aua Records indirizzata alla valorizzazione delle vicende, spesso confuse e intricate, dell’hard n’ heavy italico.
Da (maturo) estimatore della (spesso ingiustamente bistrattata, soprattutto in passato …) scena nazionale, trattare le uscite catalogate sotto la gloriosa intestazione “Italian metal heroes” rappresenta, infatti, una ghiotta occasione per “ripassare” la storia più o meno nota del settore, sperando, così, di contribuire ad attirare l’attenzione di chi, magari anche solo per questioni squisitamente anagrafiche, nell’arricchimento della sua formazione rockofila, ha trascurato gruppi musicali meritevoli e invece, per tante ragioni, sottovalutati, sconosciuti o dimenticati.
Vi avviso, l’inizio di questo “episodio” è davvero con il “botto” …

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Axe Hero – The Lost Age of Metal (Cd)
1. Lovin Japan
2. Country Side
3. Rockin' Again
4. The Demon will Appear
5. I'll Fly
6. It's a Rock (Against All)
7. Feeling the Fear
8. Violence of Pleasure
9. Come Back
10. Watchin' in Your Eyes
11. Come on Baby
12. Walkin' in the Sunset
13. Goin' Down
14. Living in the Shadow

Eh già, perché del mio rapporto “colpevole" con gli Axe Hero vi ho già parlato nella seconda puntata di questi articoli, relativamente alla pubblicazione del 10” “Axe Hero”.
Una negligenza che in realtà riguarda solo, come già dichiarato allora, il fatto che la mia preziosa collezione vinilitica era (ed è ancora … accidenti …) orfana del loro albo di debutto su Fly by Night (“X-Hero”, la denominazione che la band di Lunigo assunse intorno al 1986) e questo nonostante li consideri uno dei nomi più significativi della nostra “scena” metallica.
The lost age of metal” racchiude, stavolta in formato Cd, i contenuti di tre demo ("Brainstorm" del 1983, "It's rock (against all)" del 1984 e "3° act" del 1986) e la registrazione live di “Rockin' again”, tutta “roba”, che nonostante un pizzico di fatale “acerbità” dimostra le qualità del gruppo e i motivi per cui molte riviste dell’epoca, anche straniere (“Metal Forces”, “ShockPower”, “Aardshock America” …) li premiarono con recensioni ampiamente positive, se non addirittura entusiastiche.
Tra i pezzi più rappresentativi segnalo “The demon will appear”, “I'll fly”, “Violence of pleasure”, “Feeling the fear”, “Come on baby” e “Walkin' in the sunset”, ma in realtà è un po’ tutto il contenuto dell’opera a confermare la caratura artistica di livello superiore di un gruppo che malgrado i numerosi e autorevoli attestati di stima e il conseguimento di tante importanti “soddisfazioni”, non raggiunse la popolarità meritata.
Sotto l’egida dell’infaticabile Mirko “Defox” Galliazzo, gli Axe Hero sono tornati spesso a calcare i palchi del Belpaese e mi risulta che anche oggi la band sia attiva con una line-up ampiamente rinnovata … una gran bella notizia, che aggiunge agli “obiettivi” del sottoscritto anche la possibilità di assistere ad un loro concerto.

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BackFire – Unreleased Album (Cd)
1. Forged in Pain
2. Stone of Power
3. Black Shadow
4. Mirage
5. Killing Myself
6. Arcana
7. Sound of Rock
8. Friend of Mine
9. Back to Remember

Le vicende dei Mantovani BackFire (ex Skullriders) sono molto emblematiche delle contraddizioni della scena metallica italiana degli anni ottanta / novanta: un misto di passione, talento, dedizione, improvvisazione e … tante “fregature”.
Sostenuta da una fanbase (come dicono quelli bravi …) partecipe ed entusiasta, la band viene contattata dalla Fly by Night per la pubblicazione di un disco d’esordio che in realtà non vedrà la luce, a causa della “sparizione” (nonostante un importante battage pubblicitario!) dell’etichetta romana.
Grande delusione e relativo sfaldamento del gruppo sono le conseguenze inevitabili della situazione, con il solo chitarrista Vittorio Magro che rimane a sostenere le sorti dei BackFire, i quali, con una nuova formazione arriveranno poi alla pubblicazione di un albo autoprodotto dal titolo “Outlaw emotion” (di cui parleremo tra poco).
Quel disco finora rimasto inedito viene oggi recuperato ed inserito di “diritto” tra i protagonisti di “Italian metal heroes”, consegnandoci una manciata di brani riconducibili ad una forma di metal melodico e ombroso (screziato dalle tastiere), dai tratti “classici”, ma ricco di spunti parecchio interessanti.
Forged in pain”, “Black shadow”, lo strumentale “Mirage”, la cavalcata “Killing myself” e poi ancora l’anthemSound of rock” e la drammatica “Friend of mine”, rappresentano i momenti clou di un’opera che non esito a definire un’autentica “chicca” del metallo nostrano, che tutti gli estimatori del genere non dovrebbero proprio lasciarsi sfuggire.


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BackFire – Outlaw Emotion (Cd)
1. Introducing... The Power
2. Louder than Love
3. Ride Your Fate
4. Guitar Talking
5. Hellfire
6. Sex like Game
7. Outlaw Emotion

Se l’albo (finora) inedito dei BackFire è da considerare uno dei “fiori all’occhiello” di “Italian metal heroes”, non è da meno “Outlaw emotion”, che la band lombarda, profondamente rinnovata negli effettivi, pubblica, grazie alla dedizione del “solito” Magro, in forma autoprodotta nel 1991.
Il suono s’indurisce ulteriormente e il risultato è un concentrato di HM solido e cromato, pilotato dalle chitarre del suddetto leader e del Malmsteen-iano Dimitri Sardini, ben assecondate dalla voce abrasiva e grintosa di Elisa Cordoni.
Il sound, rispetto al disco “precedente”, appare maggiormente agile e vigoroso, ed è sufficiente anche solo un contatto con “Introducing ... The power”, “Louder than love”, “Ride your fate”, e poi con l’evocativa title-track dell’opera e la scabra e pulsante “Sex like game” per rendersi conto di quanto i BackFire abbiano “raccolto” molto meno di quanto avrebbero meritato, rappresentando uno dei grandi (e piuttosto numerosi …) “rimpianti” dell’hard n’ heavy tricolore.

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Braindamage - Tales of the Secret Wars (Cd)
1. Control the Eclipse
2. Blind Inside a Tank
3. How Could We Fail Now?
4. Stalingrad's Beyond the Gate
5. 6 P.M. After the War

Con cinque brani tratti dall’albo “Collapse” (1999) e ri-registrati in occasione della loro reunion degli anni duemila, “Italian metal heroes” onora e valorizza il suono innovativo e apocalittico con cui i torinesi Braindamage hanno saputo irrompere nella scena musicale internazionale, distinguendosi grazie ad una matura e articolata commistione di thrash, hardcore e post-punk.
Tales of the secret wars” investe l’ascoltatore con un getto devastante di rabbia, inquietudini e catarsi e ricorda a tutti gli estimatori di Voivod, Killing Joke e Mekong Delta come anche in Italia metal estremo e virulenza tecnologico-catastrofica si sono ibridate in maniera straordinariamente incisiva e totalizzante.
Qualche esempio? “Control the eclipse”, “Blind inside a tank” e “Stalingrad's beyond the gate” credo siano assolutamente emblematiche del carisma e della annichilente carica espressiva di una delle formazioni più sagaci e creative del nostro rockrama.


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Crying Steel - The Years of Thundergods vol.1 (Cd)
1. Iron Power
2. Thundergods
3. Riding the Silver Cloud
4. Overdose
5. Agony
6. Bat's Rage
7. Fire a Shot
8. Ghost Time

Dei Crying Steel e del loro ruolo “pionieristico” nell’ambito del metalrama tricolore abbiamo spesso (doverosamente) parlato, in varie occasioni e circostanze, sulle nostre pagine, ma ribadire il concetto, grazie a questo recupero del loro primissimo demo (1982, eseguito attingendo ai master originali) è sempre utile ed opportuno.
Chi (colpevolmente) non conoscesse la “storia” del gruppo bolognese si potrà così “sorprendere” della maturità, seppur catturata in una forma “embrionale”, con cui i nostri affrontavano i dogmi dell’heavy metal più “classico” e “puro”, meritandosi l’iperbolica e gratificante (fino a un certo punto …) nomea di “risposta italiana ai Judas Priest”.
Per tutti gli altri, riascoltare “Agony”, “Fire a shot”, “Ghost time” e l’inno “epocale” “Thundergods” sarà un bel modo per “rivivere” gli anni in cui i gruppi si “sbattevano” davvero per emergere tra mille difficoltà e tanta approssimazione.
Il meglio dei Crying Steel arriverà più tardi, ma se siete interessati a sapere come tutto è iniziato, “The years of Thundergods vol.1” è certamente una scelta appropriata.

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H. Kristal - Anthology 1987/92 (Cd)
1. Charade
2. Third Prophecy
3. Jack the Ripper
4. Dreaming
5. Berenice
6. Dreaming Pt. 2
7. Nowhere Road
8. The Prayer
9. Isolation
10. Destiny
11. End It All
12. Between Reality and Fantasy
13. Bernice vers. 2

Lo “confesso” … ho adorato i vicentini H-Krystal fin dalla prima volta che, sollecitato dalle recensioni che li definivano affini a Queensryche e Fates Warning, ho ascoltato il loro Mini-Lp di debutto “1981” (Fireball).
Era, in realtà, già il 1992 e il gruppo di Thiene aveva alle spalle parecchi anni di “gavetta”, due demo (qui recuperati assieme al suddetto Ep), e anche, se non sbaglio, una gratificante “apertura” per i Coroner.
I quattro pezzi di “Third prophecy” (1987), primo nastro dimostrativo del gruppo, evidenziano immediatamente (oltre all’eccellente resa sonora, una vera “rarità”, per l’epoca) l’abilità degli H. Kristal nel trattare i dogmi dell’US metal, intersecando grinta, enfasi, pathos e veli di caligine.
Charade”, “Third prophecy”, “Jack the ripper” e “Dreaming” suonano ancora oggi molto efficaci, grazie ad un songwriting ispirato e alle ottime capacità tecnico/interpretative di tutta la band, con il vocalist Paolo Barbieri in evidenza.
Le stesse che ritroviamo in “Nowhere roads”, il demo del 1989 che con “Berenice”, “Dreaming pt. 2” e “Nowhere road” prosegue in maniera spedita il percorso di “avvicinamento” a Queensryche e Crimson Glory, sostenuto dalla voce del nuovo cantante Andrea Grskovich chiaramente modellata sui registri dei Maestri della fonazione modulata Geoff Tate e Midnight.
Il resto lo fanno i continui cambi di tempo e d’atmosfera, gli arpeggi che si alternano a progressioni impetuose, a costruire un sound magari non proprio “originale” e tuttavia piuttosto convincente e ben congeniato.
La partecipazione, con il brano “The prayer” (anch’esso qui incluso) alla compilation “Surgery of the power” (assieme ad Arpia, Canada, Flight Charm, Witchhunters, …) conduce gli H-Krystal all’agognata pubblicazione del debutto discografico in “solitaria”, un albo che ha in “Isolation”, “Destiny” e nella suggestiva “Between reality and fantasy” i suoi momenti migliori, pilotati dall’ugola istrionica di Grskovich, magari non sempre perfettamente “a fuoco”, e tuttavia parecchio persuasiva.
Nonostante i buoni riscontri, anche a causa delle difficoltà nel reclutare un nuovo cantante (Andrea lascia, a quanto pare, per evidenti “divergenze di obiettivi” e viene sostituito da Bruno Carretta), bisognerà attendere il 1997 per apprezzare un nuovo lavoro (l’eccellente “Empty” licenziato dalla Underground Symphony) degli H. Kristal, un gruppo che ad oggi mi risulta sparito dai radar musicali e invece, ne sono certo, potrebbe ancora riservare grandi soddisfazioni ai cultori del genere.

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Powerage - Demos 1984/95 (Cd)
1. The End of the World
2. The Book of the Red Dragons Lagoon
3. Death & Life
4. Roadrunner
5. That's the Way
6. The End of the World
7. Death and Life (2nd version)
8. Bad Flowers
9. Seven Old Man
10. Another Night
11. Real Life
12. My War
13. Clepshydra

Degli abruzzesi Powerage e della loro lunga militanza (attivi fin dal 1979) nella scena metallica nazionale, abbiano già detto qualcosa ai tempi della pubblicazione, in formato 10”, sempre all’interno della collana “Italian metal heroes”, del loro secondo demo “Hot staff” (1985).
Ora la serie si arricchisce, stavolta in Cd, di tutti i loro nastri dimostrativi pubblicati tra il 1984 e il 1995, in particolare, oltre al già citato “Hot staff”, il primo “Doomed to power” e il terzo “Demo 1995”.
Non rimane pertanto che confermare il buongusto con cui i ragazzi di l’Aquila trattavano i fondamenti della NWOBHM, in un percorso di crescita espressiva abbastanza evidente, culminato nel 4-tks della metà degli anni novanta, in cui il suono diventa più maturo e melodico, confermando il valore di una proposta musicale che dopo “Clepshydra” del 2004, purtroppo, non ha più dato “segni di vita”.
Anche qui, attendiamo “novità” …

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Rod Sacred - 1988 – 1990 (Cd)
1. The enter
2. Crazy for you
3. The circle of lust
4. Live your life again
5. I don’t fear the rain (live)
6. Crazy for you (live)
7. Live your life again (live)
8. The misery of quid (live)
9. Rod Sacred (live)

Analogamente a quanto concesso ai Powerage, “Italian metal heroes” riserva ai sardi Rod Sacred un Cd contenente il loro nastro dimostrativo del 1988 (già edito in formato 10”) e lo arricchisce di cinque brani live registrati a Villasor nel 1990.
La resa sonora fatalmente parecchio approssimativa non limita oltremodo l’impatto di “I don’t fear the rain”, “The misery of quid” e delle poderose versioni dal vivo di “Crazy for you” e “Live your life again”, a dimostrazione di come spesso la reputazione dei gruppi di “casa nostra”, in particolare nei tempi passati, si costruisse più sulle loro capacità di coinvolgimento “diretto” del pubblico che non tramite produzioni discografiche non sempre all’altezza.

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Run After To – Unreleased Album (Cd)
1. Of Unknown Origin
2. Jennifer
3. Same Old Lie
4. Problem Child
5. Southern Side of the Hill
6. Downtown Scene
7. Dreams Die at Dawn
8. Back from Hell
9. She's Goin' Away
10. Piper in the Jungle

Se l’inizio di questa nuova puntata dedicata alla saga “Italian metal heroes” è stato da me definito “con il botto”, la fine riserva al lettore un “colpo” ancora più forte e significativo.
L’oggetto di tale “deflagrazione” sono i pesaresi Run After To, che tutti gli estimatori del metallo italico (e non solo) dovrebbero conoscere sia per la loro produzione discografica (il favoloso Mini-Lp eponimo del 1988) e sia per i legami con la “storia” del dark-sound del Belpaese (il suddetto debutto fu prodotto da Paul Chain per la Minotauro Records, la loro “Occultism” viene ripresa su “Detaching from satan” dello stesso Chain, che collaborò con il primo batterista dei nostri, Alex Di Andrea, anche su “Opera 4th” e su “Welcome”, nello split in condivisione con i Sabotage …).
Il trio, pilotato da Maurizio “Maurice” Cucchiarini, nel dischetto d’esordio sviluppa le influenze Sabbath-iane del demoGinn and djinn”, proponendo un sound variegato e fosco, che non disdegna aperture magniloquenti e riesce a combinare l’epicità dei Warlord con gli impulsi solforosi dei Witchfynde, a comporre un quadro espressivo personale e, soprattutto, molto coinvolgente.
A questo punto, forti degli apprezzamenti ricevuti, per i Run After To sarebbe stato più “facile” continuare a replicare le medesime soluzioni musicali, ma invece, da entità artistica emancipata e creativa qual è, il gruppo ritorna in studio alimentato da nuove fonti ispirative (dai Rush ai Marillion, passando per brandelli di Simple Minds e Yes ottantiani), registrando dieci pezzi decisamente meno oscuri e solenni, pur mantenendo un velo di sottile inquietudine.
L’incisione non incontra i favori dell’industria discografica dell’epoca e rimane inedito fino a questo convulso 2024, quando una label appassionata e competente di nome Aua Records riesce a strapparla dall’oblio e ad includerla nella preziosa rassegna “Italian metal heroes”.
Inutile aggiungere quale sia l’importanza, dal punto di vista “storico”, di un recupero come questo, a cui si aggiunge anche uno spiccato valore artistico, dacché i contenuti dell’opera, sviluppati secondo le “nuove” direzioni sonore, conservano un notevole fascino.
Così, se “Same old lie” rimanda ancora a certe atmosfere doom-esche e “Back from hell” pulsa di morbosa tensione emotiva, “Jennifer” ingloba nelle fibre soniche spigliatezze di rock melodico, mentre i sussulti nervosi di “Problem child”, “Downtown scene” e “Dreams die at dawn” si spingono addirittura fino ai confini della new-wave.
Southern side of the hill” rivela il lato più melodrammatico e umorale di una band che in “She's goin' away” convoglia un po’ tutte le sue “anime”, per poi affidare alla leggiadra “Piper in the jungle” la sua fruttuosa ammirazione per “gente” del calibro di Jethro Tull, Genesis e Led Zeppelin.
La parabola dei Run After To, fiaccata dall’indifferenza, si concluse proprio dopo la mancata pubblicazione dell’albo in questione, privandoci, in questo modo, di un importante protagonista della nostra “scena”.
In conclusione, non posso fare a meno di considerare questo “Unreleased album” un’assoluta priorità per chiunque ami la storia della “buona musica” italiana e l’annuncio che Maurizio Cucchiarini e il batterista Fabio Marra (che i più attenti ricorderanno anche per la militanza nei “total white” Heaven Keys) si sono ricongiunti nel progetto Far Vibes (da poco è uscito il loro debutto per Andromeda Relix intitolato “Time’s up”) rappresenta un’altra delle “buone notizie” musicali dell’anno che sta per salutarci.

Giunti ai “titoli di coda”, rinnovare ringraziamenti e complimenti per questa nuova schiera di titoli, nomi e note che arricchisce ulteriormente “Italian metal heroes”, diventa necessario e doveroso, congratulandosi anche per come sta procedendo (alla luce di quanto si rileva dal sito della Aua Records) l'encomiabile missione di scoperta e valorizzazione di un mondo “sommerso” e lontano dai privilegi dell'attualità, ma senza il quale oggi probabilmente non potremmo fieramente parlare di Heavy Metal made in Italy.
Articolo a cura di Marco Aimasso

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