Savatage.Un nome che dovrebbe far tremare i polsi a tutti gli amanti dell'Heavy Metal. Quello con la H e la M maiuscole.
Un gruppo imprescindibile ed indimenticabile, se è vero che non torneranno più. Come mai più suonerà la chitarra del grandissimo
Criss Oliva, fondatore del gruppo insieme con il fratello Jon, ucciso da un camionista ubriaco un maledetto 17 ottobre del 1993.
Savatage.Un gruppo padrone del metal. Più di Iron Maiden o Judas Priest. Un gruppo nato in Florida nel lontano 1975 col nome di Metropolis dalla mente dei due fratelli Oliva ai quali il mondo della musica dura, e non solo, deve tantissimo.
Savatage.Un gruppo dalle due vite. Un gruppo risorto dalla morte del suo chitarrista. Un gruppo dai due volti. Prima una micidiale macchina metal dal suono sulfureo, maligno di album indimenticabili come
"Sirens",
"The Dungeons Are Calling" o
"Hall of the Mountain King", poi una raffinata orchestra di sinfonie metalliche a partire dal seminale
"Streets" per poi arrivare all'ultimo
"Poets and Madmen" del 2001. Nel mezzo un disco "ponte" tra le due anime dal titolo
"Gutter Ballet" che, per chi scrive, pùò stare tranquillamente tra i migliori tre dischi di sempre. Nessun genere escluso.
Savatage.Un gruppo che nel 1995 ci ha regalato
"Dead Winter Dead", l'apice della sua fase sinfonica e capolavoro indiscusso di un modo raffinato di intendere il metal.
"Dead Winter Dead" è il ritorno al concept da parte dei Savatage dopo l'esperienza di "Streets" e segna anche il ritorno dietro al microfono, in due pezzi, di
Jon Oliva che affianca
Zac Stevens perfezionando un lavoro già eccelso di cui, come sempre, scrive le musiche.
"Dead Winter Dead" è una storia d'amore. Semplicemente. E' la storia di un amore che sconfigge la guerra e che dalla guerra sa trarre la sua forza.
Serdjan e
Katrina riescono ad amarsi sebbene la folle guerra di
Serbia voglia dividerli. Uno è serbo, l'altra musulmana. Il loro destino sembra deciso dalle piccole menti di uomini miserabili accecati dall'odio e dall'intransigenza. Ma alla fine di un conflitto durissimo, brutale e senza senso, scopriranno che tutto quello in cui hanno creduto è semplicemente assurdo. E lo capiranno insieme, anche grazie alla musica.
Paul O'neill, storico produttore dei Savatage, scrive un racconto toccante nella sua semplicità, e le sue parole vengono rese magistralmente attraverso una musica magniloquente, calda, violenta la dove serve, melodica ed ispiratissima.
Gli occhi del doccione della piazza di Sarajevo guardano il mondo e ci narrano questa storia senza tempo. Perchè l'amore, quello vero, non ha tempo.
“Sarajevo”Nella città di Sarajevo c'e' una antica piazza medioevale: al centro una bella fontana di pietra e in un angolo una chiesa millenaria con un doccione scolpito sul campanile. Sono sempre stati la.
Il doccione ha visto scorrere il tempo cercando di comprendere le umane emozioni come felicità e tristezza.
Ma anche dopo un millennio di contemplazione, queste umane particolarità rimangono un mistero totale.
“This is the time”1990: il muro di Berlino è caduto, il Comunismo è crollato e per le prima volta da tempi precedenti l'Impero romano, la Jugoslavia si ritrova ad essere libera.
Il giovane Serdjan non riesce a credere alla fortuna di essere vivo proprio in quel momento ed in silenzio esita.
Finora si è potuto solo aspettare, si è solo potuto guardare lo scorrere del tempo, ma adesso è giunto il momento e sono giunti i segni da poter finalmente cogliere.
Il futuro e la gioia di tutti sembrano assicurati.
“I am”Tuttavia, mentre Serdjan festeggia con i suoi compatrioti, ci sono uomini che sono già occupati a piantare il seme dell'odio.
Non esiste nelle loro piccole menti un territorio che non possa essere diviso, una linea che non possa essere tracciata per separare le genti. Questi uomini hanno un piano, un piano perfetto perchè è un crimine che non lascerà traccia. Basterà solo seguire questo miserabile pensiero di conquista perchè ciò che le piccole menti hanno non basta a saziarle. Per questo motivo gli uomini miserabili guardano verso i loro vicini. Ed una voce malvagia si agita nel loro cervello. Una voce di guerra.
“Starlight”I libri ci insegnano che per cambiare la storia bisogna cambiare la mente dei giovani: purtroppo lo sguardo di Serdjan è velato dall'oscurità e lui è debole. Per questo raggiunge la milizia serba e dalle colline attorno a Sarajevo si trova a bombardare con i mortai la città.
Ecco che il cielo della notte si illumina di rosso ed ecco che non è più tempo per la pietà. Non è una questione di uomini, ormai è solo una questione di territorio.
“Doesn't matter anyway”Nel frattempo a Sarajevo, Katrina Brasic, una giovane musulmana, si ritrova a comprare armi dai mercanti della morte perchè non conta più quello che dici: per qualcuno tu sei già morto.
Ecco perchè la ragazza ha bisogno di fucili, mine, missili ed ha quindi bisogno di raggiungere i suoi compagni per sparare contro le colline intorno alla città.
Tutto si può vendere in questo mondo, non è importante da che parte stai, l'importante è pagare, non conta null'altro.
“This isn't what we meant”Intanto il tempo scorre inesorabile ed arriva il novembre del 1994.
Un vecchio uomo, che aveva lasciato la Jugoslavia decenni prima, torna alla sua città natale solo per trovarne le rovine.
Mentre comincia a cadere la prima neve, il vecchio, in piedi in mezzo alla piazza principale, alza gli occhi al cielo e si rende conto che quando gli Jugoslavi chiedevano un cambiamento, non era questo che intendevano. Da qualche parte le preghiere recitate la sera hanno perso il loro significato: quello che Dio ha mandato non è quello che la gente si aspettava. Adesso non si può tornare indietro.
Il vecchio sa bene che non è questo ciò che vuole e prega.
“Mozart and madness”Il sole sta tramontando e le prime bombe notturne iniziano a disegnare archi nel cielo.
Il vecchio uomo, invece di correre verso i rifugi, si arrampica sulle rovine della fontana e con il suo violoncello, inizia a suonare Mozart, mentre le granate esplodono intorno a lui.
Da quella notte avrebbe suonato ogni sera.
E ogni sera Serdjan e Katrina si ritrovano ad ascoltare i pensieri di Mozart e Beethoven che toccano il cuore delle genti sebbene mescolati alle esplosioni nella terra di nessuno.
L'orchestra è per i Serbi.
L'orchestra è per i Musulmani.
“Dead winter dead”Nonostante l'inverno faccia del suo meglio per coprire il paesaggio con una bianca coltre di innocenza, la guerra cresce in violenza e brutalità. L'inverno porta solo la morte e tutti i sogni sono finiti, sprofondati nel gelo della fine, sprofondati la dove il governo ha voluto che finissero. Tutti hanno ormai perso la via. Solo morte.
“One child”Un giorno, a fine dicembre, Serdjan, di pattuglia a Sarajevo, arriva nel cortile di una scuola dove una esplosione ha lasciato il suolo coperto di corpi di bambini. Ogni guerra ha i suoi corpi. Ma questo è troppo per il giovane Serbo.
Una cosa è mettere le granate nel mortaio, un'altra vedere dove cadono. I bambini non torneranno più a casa e Serdjan non potrà mai più dimenticare i loro respiri e i loro volti che lo svegliano di notte.
Realizzando che ciò a cui sta partecipando non è la gloriosa costruzione di una nazione che i suoi capi gli hanno dipinto, ma una via di reciproca cancellazione, decide che non può più fare parte di questo, che non si può costruire il futuro sui corpi degli altri.
“Christmas Eve/Sarajevo 12/24”Seduto nel suo bunker, il 24 dicembre Serdjan ascolta le canzoni di Natale del vecchio violoncellista che provano che l'anima della sua nazione non è ancora morta.
Anche Katrina, dall'altro lato del campo di battaglia, sta ascoltando.
La musica si mescola al suono della guerra.
“Not what you see”Aveva appena smesso di nevicare quando all'improvviso la musica tace.
Temendo il peggio, sia Serdjan che Katrina fanno qualcosa di folle e dalle rispettive postazioni iniziano a farsi strada attraverso la terra di nessuno diretti verso la piazza.
Arrivano insieme e si vedono. D'istinto realizzano che sono lì per lo stesso motivo e non combattono ma si dirigono lentamente verso la fontana.
Lì giace il vecchio, morto nella neve, il viso coperto di sangue e il violoncello distrutto al suo fianco.
All'improvviso una singola goccia di pioggia scende dal cielo senza nuvole, pulendo un po' di sangue dalla guancia del vecchio.
Serdjan alza lo sguardo, ma non vede nulla se non il doccione di pietra, in cima al campanile.
Distrutto da quello che ha visto quella notte, decide che deve lasciare subito la guerra e voltandosi verso la ragazza musulmana, le chiede di andare con lui.
Quello che lei vede è però la sua uniforme serba. Ma è solo una uniforme. Serdjan le svela i suoi intimi sentimenti e le mostra di non essere ciò che lei crede.
"… lasciarono la piazza insieme
sotto la luce morente del fuoco.
Il doccione li guardava e pensava
in quella silenziosa notte d'inverno.
E così la nostra storia finisce.
E se a qualcuno interessasse
il vecchio doccione credo proprio sia ancora lì". Chiunque non conosca questo disco perde un pezzo di storia della musica. Ma voglio sperare che siano davvero in pochi ad ignorarlo.
"Da qualche parte le preghiere della sera hanno perso il loro senso"