Foto di Luca Franceschini
Che cosa succede quando una delle tue band preferite torna in Italia dopo sei anni dall’ultima volta e tu te li perdi clamorosamente a causa di un impegno dell’ultima ora? Beh, non rimane che prendere la macchina e filare diretti alla volta della Germania!
Così, dopo avere mancato l’esibizione di Klaus Meine e soci al Gods of Metal, ho guardato rapidamente il programma del tour e mi sono diretto senza troppi problemi verso la città più vicina.
Augsburg (Augusta in italiano), è una località di grande importanza storica, dato che fu una delle sedi preferite dall’imperatore di Germania per tenere le sue riunioni politiche tra Quattrocento e Cinquecento. Vi è stato firmato anche un importante trattato (la pace di Augusta del 1555), al termine di una guerra interna tra cattolici e protestanti. Tutto questo per dire che la prospettiva di unire un po’ di turismo culturale ad un concerto rock mi allettava parecchio. Peccato solo che la partenza a mezzogiorno abbondante (colpa del mio compagno di viaggio, che suonava con la sua band la sera prima) unita alle pessime indicazioni stradali tra Svizzera e Austria, mi abbiano fatto arrivare sul posto a pochi minuti dall’inizio del concerto (ed è già andata bene così!).
Il Messe Augsburg è una sorta di auditorium/centro congressi piuttosto spazioso, e una volta entrato rimango assolutamente colpito dal vedere che la sala è occupata principalmente da signori e signore di mezza età, che anche nel look nulla avevano a che fare con un concerto rock: il genere di pubblico che in Italia andrebbe a vedere Renato Zero! Ci sono anche metallari e rockettari vari, ma sono decisamente in minoranza rispetto agli altri: non c’è alcun dubbio che a casa loro gli Scorpions siano una band nazionalpopolare, non il gruppo quasi di nicchia che ormai sono da noi, e che dunque nel corso degli anni si siano costruiti un’audience ampia e fortemente eterogenea.
Che i Krokus di Marc Storace fossero di spalla questa sera (in realtà c’erano anche altri due gruppi, gli Sweet e la Hank Davison Band, ma ce li siamo persi) è una piacevole sorpresa dell’ultima ora: la band svizzera è qui per promuovere il nuovo “Hellraiser” ed offre ai presenti un’ora abbondante di sano e potente hard rock senza compromessi, scontato certo, ma decisamente piacevole. Non li ho mai ascoltati e approfonditi a dovere, mi sono sempre sembrati una copia sbiadita degli Ac/Dc, ma questa sera ho dovuto fare ammenda: le canzoni non saranno nulla di speciale, d’accordo, ma la carica dei cinque è irrefrenabile. Storace è un navigato animale da palco e Stephan Schwarzmann (ex Accept) alla batteria, rappresenta la vera arma in più di questa formazione. Il tiro dello show è assolutamente fenomenale e il pubblico salta e canta senza sosta: non per niente sono in giro da decenni!
Rapido cambio palco ed ecco che compaiono le scenografie ispirate alla copertina di “Humanity Hour 1”, il disco che gli Scorpions hanno realizzato con Desmond Child e di cui vi ho abbondantemente parlato circa un mese fa.
E’ proprio sulle note della nuova “Hour 1” che i nostri fanno il loro ingresso on stage: non poteva esserci un inizio show più carico! Immediatamente dopo parte il riff di “Bad boys running wild” e allora si scatena il vero delirio! I cinque sono carichi all’inverosimile: Rudolf Schenker e Mathias Jabs sono scatenati, saltano qua e là in continuazione incitando il pubblico, il bassista polacco Pawel Maciwoda (che in conferenza stampa era apparso timido e riservato) non è da meno, mostrandosi in completa sintonia con gli altri due. Poi c’è James Kottak, che picchia come un matto e che ha una presenza scenica assolutamente invidiabile, uno dei grandi mattatori di questo show! E Klaus Meine? Che dire di lui? Look tamarro, occhiali da sole e l’immancabile basco di pelle nera calcato in testa, il singer ha iniziato col fiato corto, ma ha poi rapidamente fatto capire come stavano le cose, dimostrando di avere ancora una voce da pelle d’oca!
Uno dopo l’altro vengono snocciolati brani presi un po’ da tutta la lunghissima carriera della band di Hannover: la strepitosa “The game of life” (anche dal vivo ha dimostrato tutta la sua potenzialità!), le recenti “Deep and dark” e “Love ‘em or leave ‘em” (a mio parere i due migliori episodi di “Unbreakable”) e classici immortali come “The zoo” o la strumentale “Coast to coast” (che brividi, ragazzi!), che ha visto anche Klaus Meine imbracciare una chitarra e unirsi ai compagni. Dopo una prima porzione così energica (in effetti dopo qualche canzone Rudolf si è un po’ calmato), non poteva che seguire un piccolo break di ballad: ecco dunque arrivare “Send me an angel” (avrei preferito “Believe in love”, ma si sa che sono pignolo), cantata a squarciagola dal pubblico e ovviamente “Holiday”, con Rudolf che ha sfoggiato la stessa Flying V acustica che (così ho letto) ha utilizzato al Gods of Metal. Terminata la prima parte della song, il resto della band si è preso una pausa off stage, mentre Klaus è rimasto a intrattenere i presenti con un botta e risposta di cori. Dopo qualche minuto gli altri sono rientrati in grande stile attaccando la parte elettrica: uno spettacolo!
Non poteva mancare “Humanity”, ma l’apoteosi la si raggiunge con “We’ll burn the sky”, durante la quale Klaus Meine sfodera una prestazione da far paura! Decisamente uno degli highlight assoluti dello show, anche se non c’era Uli John Roth a renderla ancora più magica.
Terminata questa parentesi un po’ più tranquilla, si può tornare al rock: “I’m leaving you”, “Tease me, please me” e la nuova “321” infiammano alla grande i presenti, poi è la volta di un assolo di di Pavel Maciwoda, seguito a ruota da quello di James Kottak. Capisco che bisogna far rifiatare gli altri tre, ma francamente non ho mai amato molto questi momenti, per quanto possano essere validi tecnicamente: trovo che tolgano spazio alla possibilità di ascoltare qualche canzone in più (e in effetti le assenze di “Don’t believe her” e “Coming home” hanno un po’ pesato).
Ci stiamo purtroppo avvicinando alla fine, ma ci sono ancora delle cartucce letali da sparare: il trittico “Blackout”, “Big city nights” e “Dynamite” è da antologia, una vera e propria summa dell’hard rock degli anni ’80, e non c’è proprio da stupirsi che impazziscano tutti, anche le persone che erano state immobili fino a cinque minuti prima (vi giuro che ho visto delle scene incredibili!).
Dopo averci completamente annichiliti con questa sequenza micidiale, i cinque abbandonano il palco: ovviamente sanno tutti che è una finta, ed infatti eccoli ricomparire qualche minuto dopo sulle note della celeberrima “Wind of change”. Non me l’aspettavo, pensavo che avessero ormai deciso di accantonarla, ma evidentemente in terra tedesca non li avrebbero lasciati andar via senza! Poco male, perché si tratta di un pezzo emozionante, e poi, considerando che era il mio primo concerto degli Scorpions, mi ha fatto piacere poterla ascoltare.
Chiaramente, quando parte “Still loving you” le cose si fanno più serie: ormai il delirio del Messe è totale, Klaus Meine sfiora il sublime e io mi metto a piangere dalla commozione. Scusate, ma a certi spettacoli non si assiste tutti i giorni…
L’ultima scarica di adrenalina della serata la dà “Rok you like a hurricane”, poi, quando tutto sembrava finito e stavo già per guadagnare l’uscita, ecco arrivare un’intensissima versione di “When the smoke is going down”, vero e proprio buonanotte degli Scorpions a questa città.
Farsi una tirata di mille chilometri tra andata e ritorno per vedere un concerto può anche essere una pazzia, ma non in questo caso: gli Scorpions ad Augsburg mi hanno regalato uno degli show più belli della mia vita e, credetemi, non sto affatto esagerando. A dispetto dell’età che avanza, questa band ha ancora tante cose da dire, speriamo solo che non passino altri sei anni prima di vederli ancora dalle nostre parti! In caso contrario, un altro viaggio me lo faccio più che volentieri…
Setlist Scorpions:
Hour 1
Bad boys running wild
The game of life
Love ‘em or leave ‘em
The zoo
Deep and dark
Coast to coast
Send me an angel
Holiday
Humanity
We’ll burn the sky
I’m leaving you
Tease me, please me
321
Bass and drums solo
Blackout
Big city nights
Dynamite
Encore:
Wind of change
Still loving you
Rock you like a hurricane
When the smoke is going down
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