Un anno fa lasciai i quartieri natali di Trapattoni augurandomi che il Milano Thrash Fest divenisse
“evento significativo nel contesto della rinascita del movimento thrash locale”.
Memore di quella felice esperienza e sapendo che gli headliner della serata sarebbero stati i
Sodom (per il sottoscritto il miglior gruppo thrash europeo) mi sono diretto al
Thunder Road di Codevilla carico di gagliarde attese e pronto a superare il mio endemico rigetto nei confronti della marmaglia toppata che costituisce il pubblico pur di vedere coscienziosamente all’opera il teutonico trio.
Filtrato tra le maglie dell’attitudine assolutamente fresca e genuina della marea di thrasher che incrociano il mio cammino, arrivo alle porte del locale e subito mi girano i coglioni perché 22€ d'ingresso mi sembrano un ladronizio, e mi fa piuttosto strano che in pieno periodi di crisi s’incrementi il biglietto d’entrata del 120% rispetto alla precedente edizione.
Bando allo scazzo e forte della mia lauta paga di co.co.pro (…) sgancio la moneta ed entro nel locale, dove gli
Art Of Silence sono ormai alle battute finali. Riesco, infatti, ad ascoltare la solita cover di
Angel of death (ci fosse mai una volta che qualche scappato da casa proponga che so, una
Spill the blood…) e vedere un bel po’ di gente infiammata sotto il palco che il gruppo ha già passato il testimone ai
Blaze Of Hate che passano anonimi e senza mordente nelle mie orecchie mentre spulcio tra gli espositori di cd alla ricerca di qualcosa d’interessante. Messa in naftalina anche questa esibizione, è il momento di dare una chance ai già sentiti
Endless Pain, che pur virando dalle coordinate sonore che avevano proposto un anno prima a Cusano, continuano a farmi venire la gonorrea, non a caso prendo possesso di un comodo tavolino del locale e li seguo con grandissimo entusiasmo sorseggiando un’aranciata Sanpellegrino.
Confido nei veronesi
Death Mechanism per una riscossa della serata, ma anche loro mi lasciano l’amaro in bocca perché come i colleghi che li hanno preceduti, paiono esclusivamente interessati a pigiare il piede sull’acceleratore, ecco quindi che la struttura del 90% dei loro pezzi, che gira tutta sugli stacchi e i cambi di tempo, se ne va beatamente a ramengo trasformandosi nel solito tappeto di fracasso, dove per altro si sente quasi esclusivamente la batteria (è da quando ho messo piede nel locale che i suoni soffrono cronicamente di una pochezza a tratti imbarazzante, soprattutto dal lato chitarre).
Il registro non cambia con gli
Irreverence, che ritrovo tali e quali al concerto di Cusano, quindi totalmente trascurabili. Un guizzo d’interesse lo suscitano soltanto in chiusura eseguendo un pezzo degli
Onkel Tom che vede la partecipazione dello stesso Angelripper e registra grande tripudio tra il pubblico che bene ha partecipato fin dalle prime note della serata.
L’impazienza di vedere i
Sodom all’opera s’infrange mestamente in un soundcheck esteso quanto il viaggio del popolo ebraico verso la terra promessa. Forte dell’esaltazione scatenatami in corpo dalle precedenti esibizioni, mi affido a ogni divinità conosciuta per debellare noia e abbiocco che, ogni 2 minuti, tendono pericolosi agguati al mio equilibrio psico-fisico. Per grazia di Manitou, proprio nel momento più topico, il sipario si alza, le luci si accendono e i tre crucchi attaccano alla perfezione con una valida
Napalm in the morning che scuote i miei intestini come giustamente aspettavo. A seguire, due pezzi diretti e tirati,
Outbreak of evil e
Fuck the police in cui i suoni tornano alla mediocrità senza più abbandonarla per il resto del concerto. Nonostante questo, la monumentale
Wachturm rende onore al mai calcolato
Tapping The Vein, così come
The saw is the law mostra d’essere giustamente un pezzo culto nella discografia del gruppo che, tirando dritto con
Sodomized, pur tra diverse sbavature esecutive (soprattutto di Tom che con la voce non c’è molto…) ha messo il sale su una serata sempre più insipida.
C’era dunque motivo d’aspettarsi una costante ascesa verso la gloria eterna, ma così non è e la serata torna a scricchiolare con
Iron Fist, non tanto per l’esecuzione in se del pezzo, quanto perché attendevo una cover più succosa (
Let’s brake the law tanto per dire una…) da proporre a un pubblico che attende un degno concerto dei Sodom da 16 anni!
Le successive
Obsessed by cruelty e
Agent orange, non invertono la rotta, diretto demerito del gruppo che calca troppo la mano sui tempi (forse per non sfigurare nei confronti delle giovani formazioni esibitesi in precedenza) violentando i due pezzi. Segue senza colpo ferire
Witching metal, poi il brano più inutile della serata,
City of gods, dopo il quale i Sodom si concedono una pausa per rifiatare. Trascorso qualche minuto si riprende con l’egregia
Sodomy and lust, seguita da
Blasphemer e
Ausgebombt entrambe abbastanza inascoltabili (la mania dell’up-tempo ha veramente rotto i coglioni!). In chiusura arrivano
Remember the fallen, che rende discretamente merito all’originale su disco e
Bombenhagel, nel cui merito valgono le considerazioni espresse in precedenza.
Sono quasi le due del mattino, il gruppo coscienziosamente saluta il pubblico, e la serata si chiude. Con la faccia un po’ tesa e le pive nel sacco (Repetto ma dove cazzo sei???) esco dal locale, e gambe in spalla mi dirigo con i soliti noti in stazione, beandomi della pace notturna che regna nelle campagne del pavese convinto che di questa trasferta mi rimarranno dentro soltanto le cazzate fatte con gli amici durante il viaggio, a dimostrazione che del concerto potevo fare tranquillamente a meno.
Al prossimo Thrash Fest, mi sa che preferirò un elegante soggiorno allo Sheraton di Piove di Sacco!