Eric Martin lo aveva dichiarato qualche anno fa, che una reunion coi suoi ex compagni di avventura sarebbe stata una bella idea. Pochi giorni dopo sia Paul Gilbert sia Billy Sheenan avevano categoricamente smentito. Puntualmente, come è ormai costume di questi anni, la reunion tanto sospirata è avvenuta. L’occasione specifica è il ventesimo anniversario della nascita della band, ma alla fine, diciamolo pure senza paura, tirare su un bel po’ di soldi non fa male a nessuno.
E così, dopo un trionfale tour giapponese (terra dove da sempre sono trattati alla stregua di divinità), da cui sarà tratto un dvd in uscita ad ottobre, i
Mr. Big hanno saggiamente deciso di prolungare la festa nel nostro vecchio continente.
Per fortuna, dico io, perché ero troppo giovane e “true metal” quando calcarono i palchi italiani tra 1993 e 1994, di spalla agli Aerosmith prima e da headliner poi. Il rock mi interessava poco, non ci andai e già pochi anni dopo me ne pentii amaramente.
In questa caldissima sera dell’autunno milanese l’Alcatraz è pieno da scoppiare. Pochissimi i volti giovani, la maggior parte è dai trent’anni in su e il clima generale è a metà tra celebrazione e nostalgia. Nessuno sa quanto durerà questa reunion, e anche se ci sono già dei pezzi nuovi in scaletta, l’attesa è tutta per un repertorio da greatest hits.
Si parte poco dopo le 21, sulle note di “Daddy, brother, lover, little boy”. Come dire, inizio col botto. Il posto è una bolgia già dopo trenta secondi, la temperatura sale di mille gradi e al primo ritornello a momenti viene giù il soffitto. Ma non è tutta scena: i quattro appaiono in forma, la voce di Eric è quella di sempre e i suoni sono veramente potenti e nitidi. Segue una “Take cover” meravigliosa, che fa la sua figura anche se forse sarebbe stata più adatta a metà set. A ruota arrivano “Green tinted sixties mind” e “Alive and kickin’”: delirio totale e si potrebbe anche finire qui. Leggero calo di tensione con “Next time around” e “Hold your head up”, due brani nuovi interessanti, di facile presa ma a mio parere non in grado di rivaleggiare col repertorio del passato.
Con “Just take my heart” si raggiunge l’apice del climax emozionale, per quella che è probabilmente la più bella ballata dei Mr. Big (altro che “To be with you”!), mentre con “Temperamental” si torna al rock più energico e ricco di groove.
In generale si ha l’impressione di una band in gran spolvero, coesa nonostante tutti i litigi del passato, e intenzionata a divertirsi e divertire (“Questa è la ragione per cui ci siamo riuniti” ha detto a più riprese Eric in risposta ai continui cori del pubblico che scandivano il nome del gruppo). Peccato solo che da questo momento in avanti il tutto venga infarcito da soli e improvvisazioni varie, che vedono al centro dell’attenzione prima Paul Gilbert, poi Billy Sheenan, poi i due insieme, mentre anche Pat Torpey aveva avuto modo in precedenza di ritagliarsi uno spazio. I quattro sono da sempre dei virtuosi del proprio strumento (oddio, Pat non proprio ma è comunque un gran musicista), hanno avuto delle carriere soliste di grande successo già prima di formare la band, per cui i fan vogliono anche questo. A mio parere però, questa fase dello spettacolo ha portato via un po’ troppo tempo: per chi non suona, sentire un assolo da cinque minuti ogni due brani è risultato forse un po’ troppo pesante. Considerato anche che i nostri sono stati sul palco più di due ore, ci sarebbero stati una manciata di altri pezzi che molti sarebbero stati contenti di ascoltare. Non fraintendetemi però: il livello è sempre rimasto altissimo e l’emozione non è mai venuta meno. E allora via con una potente “The price you gotta pay” (divertente il siparietto di Billy che suona l’armonica con Eric che gli tiene gli accordi sul basso) e una “Take a walk” da capogiro. In mezzo, purtroppo, una “Wild world” apprezzatissima che avrebbe però potuto essere sostituita da “Goin’ where the wind blows” (ma questi sono i miei gusti). Notevole anche la precisione dei quattro dietro al microfono, con i cori che risultano precisi ed efficaci pressoché dovunque (straordinaria, da questo punto di vista, l’esecuzione di “It’s for you”). Bellissima anche “The whole world’s gonna know”, una delle mie preferite, mentre il finale, ancora ricco di virtuosismi vari, ci regala le perle che ogni vero fan dei Mr. Big attendeva di sentire: “Rock and roll over” e “Addicted to that rush”, sapientemente in medley con “Wind me up”. I bis si aprono con “To be with you”, brano che non ho mai amato ma che comprensibilmente tutti attendevano e poi la pazzesca scarica di adrenalina di “Colorado bulldog”, chiesta e cantata a gran voce da un pubblico sudatissimo ma per nulla sazio.
Sembra finita, ma per fortuna c’è un altro ritorno in scena: una “Shy boy” tirata fino allo spasimo e la leggendaria “Baba O’ Riley”, cover degli Who da sempre nel repertorio dei nostri (oltre che in quello dei Pearl Jam, la cui versione personalmente preferisco), che a sorpresa è parsa essere ignota alla maggior parte dei presenti.
Un ottimo show, in definitiva, che nonostante i difetti già evidenziati, ha messo ancora una volta in chiaro che cosa significa suonare a livelli altissimi e nello stesso tempo produrre canzoni da manuale. Non so quale sarà il futuro dei Mr. Big alla fine del tour: comunque andrà a finire, di una serata del genere c’era davvero bisogno!
SETLIST:
01. Daddy, Brother, Lover, Little Boy
02. Take Cover
03. Green-Tinted Sixties Mind
04. Alive And Kickin’
05. Next Time Around
06. Hold Your Head Up
07. Just Take My Heart
08. Temperamental
09. It’s For You / Mars
-Pat Torpey Drum Solo-
10. Price You Gotta Pay
11. Wild World
12. Take A Walk
13. Guitar / Bass Duet (”full band human capo”)
14. The Whole World’s Gonna Know
15. Rock And Roll Over
-Billy Sheehan bass solo-
16. Addicted To That Rush/Wind me up
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17. To Be With You
18. Colorado Bulldog
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19. Shy Boy
20. Baba O' Riley