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Journey in Italia non ci sono mai venuti e molto probabilmente non ci verranno mai. Il melodic rock non è mai stato particolarmente amato dalle nostre parti (o meglio, non così tanto da giustificare gli investimenti economici dei promoter) e così, per vedere una delle più grandi rock band del pianeta, bisogna mettere in conto di dover fare un bel viaggetto. Per fortuna questo nuovo tour europeo di Neal Schon e compagni faceva tappa a Zurigo, città facilmente raggiungibile da chi vive a Milano e dintorni. Ben venga dunque questa gita domenicale, anche perché ci permette di lasciare una Lombardia piegata dall'afa, per rifugiarci in una Svizzera che ancora una volta fa onore a se stessa: cielo plumbeo e temperatura che più alpina di così non poteva essere!
Il breve tour europeo (solo 12 date) è ancora a supporto dell'ultimo “Revelations”, lavoro che è uscito esattamente un anno fa e che ha svelato il talento vocale del giovane Arnel Pineda, riportando la band ai fasti e alle sonorità di capolavori come “Escape” e “Frontiers”. Il Volkhaus è un locale piccolo ma molto ben organizzato, che ha ospitato molte band heavy metal di passaggio nella città svizzera (settimana scorsa ci sono venuti addirittura gli Heaven and Hell). Questa sera si inizia alle 20 e, contrariamente a quanto annunciato in precedenza, non ci sarà nessun gruppo di supporto. E infatti, con assoluta puntualità “svizzera”, ecco che le luci si spengono e le note di “Majestic” escono dai diffusori. Nel giro di pochi secondi la band melodic rock per eccellenza è a pochi metri da me: Neal Schon, Jonathan Cain, Deen Castronovo, Ross Valory e Arnel Pineda. Ladies and gentleman... Journey! “Separate ways” dà inizio alle danze ed è già delirio. Le prime file sono zeppe di italiani, i quali non ci mettono molto a rendere fede alla loro fama di audience scatenata. Saltiamo e cantiamo tutti come matti, in netto contrasto con i padroni di casa, molto più compassati anche se certo altrettanto soddisfatti dello spettacolo. Arnel sbaglia completamente l'attacco della seconda strofa, beccandosi un'occhiataccia di Neal Schon, il quale però sorride indulgente pochi secondi dopo: dopo tutto a un cantante del genere un errore glielo si può perdonare! Il pezzo successivo è la meravigliosa “Never walk away”, dopodiché, senza nemmeno un secondo per rifiatare, parte un trittico da far paura: “Only the young”, “Ask the lonely”, “Stone in love”. Che dire? Siamo al quinto pezzo ed è già molto di più di quanto potessi aspettarmi. I cinque hanno un tiro spaventoso, sono in palla da matti e sembrano davvero divertirsi come ragazzini! Neal è impressionante per la pulizia e la bellezza dei suoi soli e sembra ringiovanito di dieci anni, Jonathan si alterna in continuazione tra chitarra, tastiere e il suo mitico pianoforte rosso, e nel complesso è il principale responsabile del piglio maggiormente aggressivo che hanno tutti i brani di questa sera. Deen, col suo look tamarrissimo, non fa altro che dimostrarsi il grande batterista che è (impressionante sentirlo cantare e suonare insieme su “I'll be alright without you”). Ross, dal canto suo, è quello che dimostra di più il passare degli anni, ma sul palco è tutt'altro che un nonnetto! Di Arnel c'è poco da dire: ormai lo hanno scritto tutti di quanto è bravo questo filippino (a proposito, in prima fila c'era un piccolo gruppo di suoi connazionali, con tanto di bandiere e striscioni!), di quanto ricordi Steve Perry, di quanto abbia portato quella ventata di freschezza di cui c'era bisogno, ecc. Personalmente non posso far altro che confermare: voce impressionante (non sovrumano come il suo più famoso predecessore ma comunque ben in grado di tenergli testa) e numeri da grande frontman. Tutti coloro che hanno pianto a suo tempo la dipartita di Jeff Scott Soto (sottoscritto compreso!) possono indubbiamente dormire sonni tranquilli.
La setlist è spaventosa, un autentico greatest hits live: “Wheel in the sky” (preceduta da un coinvolgente assolo bluesy di Jonathan Cain all'armonica), “Keep on running” (cantata da Deen in maniera eccelsa, mentre pestava come un ossesso, roba da non crederci), le ballatone “Lights” e “Open arms” (con un Cain superlativo al piano)... tutte eseguite magnificamente, con tanto di cori riprodotti fedelmente (oddio, magari qualche base preregistrata c'era anche, ma in generale mi sono parsi genuini): dopotutto non sono in giro da trent'anni per niente!
Non mancano i brani estratti da “Revelations”, a testimonianza del fatto che il gruppo punta molto su questo disco: emozionanti “After all these years”, e “What I needed” (con un lungo solo di Neal sul finale, letteralmente da brividi), mentre “Wildest dreams” e “Change for the better” infiammano a dovere il locale. L'epica “One more” è un inatteso ripescaggio dall’ultima era Perry, mentre “Escape” è forse l'episodio migliore della serata, con un Pineda sugli scudi e un Castronovo disumano alla batteria. il finale è tutto secondo copione, ma un copione del quale non è proprio possibile stancarsi (soprattutto per me che ero al mio primo concerto dei Journey): Jonathan si siede al piano, suona qualche nota, si ferma un istante, e quando parte l'attacco di “Faithfully” è un unico boato. Si canta tutti insieme a squarciagola, soprattutto i più anziani (ce n'erano un bel po'), che chissà quanti ricordi hanno legato a questa canzone. Neanche il tempo per rifiatare ed ecco “Don't stop believin'”: ormai hanno perso tutti il controllo, il Volkhaus è una bolgia, io ho versato litri di sudore ma i cinque sul palco proprio non ne vogliono sapere di smettere. “Anyway you want it” ci dà il colpo di grazia e segna anche la fine dello show regolare. I bis sono ancora una volta all'insegna dei classici, con “Lovin', touchin', squeezing” (grandissimo Arnel, anche se la tonalità è stata leggermente ribassata) e “Be good to yourself”.
Concerto straordinario, che non fa che confermare lo stato di grazia di cui godono i Journey in questa loro nuova incarnazione.
Da parte mia, lo metto tra i dieci migliori show a cui abbia mai assistito, assieme a quello degli Asia di quest'anno, degli Scorpions due anni fa in Germania e di uno qualsiasi di Bruce Springsteen e della sua E Street Band. Guarda caso, tutta gente con trent'anni di carriera alle spalle. La “Ipod Generation” prenda e porti a casa....
Setlist:Majestic (intro)
Separate ways (Worlds apart)
Never walk away
Only the young
Ask the lonely
Stone in love
I'll be alright without you
After all these years
Change for the better
Wheel in the sky
Keep on running
One more
Wildest dreams
What I needed
Lights
Open arms
Escape
Faithfully
Don't stop believin'
Anyway you want it
Encores:Lovin', touchin', squeezin'
Be good to yourself