I
Dream Theater stanno al nostro paese come gli orologi alla Svizzera. Ormai si è perso il conto delle volte che sono scesi da noi per fini promozionali, con conseguente bagno di folla e approvazioni. Stavolta l'occasione è veramente ghiotta e si materializza sotto il nome di
Progressive Nation Tour 2009, un carrozzone che vede protagonisti sulle stesso palco nomi come
Unexpect,
Bigelf e soprattutto gli
Opeth, finalmente alle prese con un pubblico assai più grande di quello che possono trovare nei locali medio/grandi. Per forza di cose la fetta più grande è soltanto per loro, per quei Dream Theater che nel bene e nel male continuano imperterriti a sfornare dischi, andare in giro per il globo con una costanza e una quantità invidiabile, alimentando come al solito diatribe fra chi li adora alla follia e chi li detesta fino alla morte. E' diventata un'abitudine pure quella del Palalottomatica, forse l'unico posto in grado di accogliere una capienza simile di persone senza dover usufruire di infrastrutture più grandi come quella dello Stadio Olimpico, e che l'apparato auricolare si metta l'anima in pace, la qualità non proprio eccelsa dell'acustica di questo luogo è cosa nota anche alle pietre.
E' ancora molto presto quando i primi ad aprire le danze sono gli
Unexpect, e lo fanno con un sound veramente schizofrenico, ricco di cambi di tempo e di umori. Oggettivamente la loro proposta musicale ben si sposa con un tour simile, peccato soltanto per un audio che non li ha aiutati nel mettere in mostra qualità maggiormente espresse in versione studio. La quantità di pubblico non è elevata, e immagino abbia influito anche sull'umore generale dei ragazzi, ma questo non deve significare che la loro performance sia stata mediocre. L'uso di strumenti come il violino ha reso poi particolarmente originale la loro proposta, soprattutto per la capacità di saperlo incastrare in linee melodiche alquanto contorte.
Niente da dire nemmeno su una presenza scenica adeguata alle esigenze del caso, anche se è fuori da ogni discussione che in un ambiente più intimo e con una migliore qualità audio il loro concerto sarebbe risultato più efficace e penetrante.
A cambio palco concluso sono i successivi
Bigelf a fare il loro ingresso in scena, e questa terminologia così teatrale non cade di certo a caso. Sono originari di Los Angeles e il loro Progressive Rock/Metal è sicuramente più tradizione e in linea con gli standard delle band storiche di questo genere, almeno se rapportati ai folli Unexpect. Sicuramente il punto di forza risiede in uno stile che va a pescare direttamente dagli anni 70', ovviamente riletto con una attualità che innalza la loro musica di molti punti rispetto ad altri gruppi che non fanno altro che clonare idee altrui e basta. Il loro show scorre via come l'olio, le loro canzoni sono energiche e ricche di spunti, per non parlare del singer che in tutta tranquillità si dimena fra tastiere e microfono, offrendo una prestazione vocale calda e dalla forte attitudine Rock. Il loro disco
Chat The Gallows è uscito nei negozi del corso del 2008, ma questo non è un problema visto e considerato che pescano a piene mani convinti della qualità assoluta delle proprie composizioni. Molto comunicativi anche sotto l'aspetto dell'intrattenimento il cantante dei Bigelf non si tira mai indietro quando si tratta di incitare i presenti. Si fa notare anche un miglioramento in fatto di audio che fa ben sperare per le esibizioni successive.
Quando arriva il momento degli
Opeth è possibile notare un forte incremento di entrate nel Palalottomatica. E' il segnale che l'aria sta cambiando e il salto di qualità è prossimo, con il massimo rispetto per Unexpect e Bigelf. Tutto viene avvolto da tonalità fredde tendenti al viola, con una scenografia praticamente minimale se non inesistente. Ma non è il fattore estetico che conta, è la potenza delle sensazioni e delle emozioni che gli Opeth riescono a sprigionare nella dimensione live. I saluti sono brevi, ma la tripletta iniziale composta da
Windowpane,
The Lotus Eater e
Reverie/Harlequin Forest è da infarto. Precisi, senza sbavature e con una naturalezza al limite del coma, questo sono gli Opeth quando sono nella serata giusta, e trovarsi a suonare dinanzi migliaia di persone è sicuramente un incentivo a superare i propri limiti. Grazie ad una qualità audio finalmente decente è possibile gustarsi anche le successive
The Leper Affinity e
Deliverance, brani che dal vivo acquistano in dinamismo e vengono accolti con estremo piacere da un pubblico completamente catturato dalle note magiche di Mikael Åkerfeldt & co. Niente da dire nemmeno su una esecuzione perfetta, soprattutto nel caso del singer ormai completamente a suo agio nel passare dalla voce pulita ad un growl che sembra il ruggito di un leone. Chiudono in bellezza con
Hex Omega, lasciando i fans in piena estasi, completamente padroni della situazione salutano tutti consci di aver fatto il proprio meglio.
E venne il loro turno, tanto atteso e celebrato. Il cambio palco è lungo e spossante, però l'agitazione del pubblico viene placata da una misteriosa fanciulla che con una sola chitarra acustica esegue in successione
As I Am e
Pull Me Under. Chi sia è impossibile saperlo, anche perchè il palco era completamente coperto da un telo nero che non faceva trasparire nulla. Quando è tutto pronto e i
Dream Theater fanno il loro ingresso il boato di accoglienza fra tremare il Palalottomatica, ma passa poco, giusto il tempo di riprendersi che dagli amplificatori escono le note di
A Nightmare To Remember e
A Rite Of Passage, canzoni fresche contenute nel loro ultimo disco intitolato
Black Clouds & Silver Linings. Un album che sembra quasi scontato dirlo, ma ha nuovamente diviso in due pubblico e critica. Dopo le prime due canzoni però la domanda sorge spontanea: sarà l'ottava volta di seguito che assisto ad un loro concerto, perchè il loro fonico si ostina ad alzare il volume delle gran casse della batteria in modo così spaventoso? E' sordo lui? Oppure pensa che lo siano migliaia di persone tutte insieme? Malgrado questo fastidio, regolato con lo scorrere del tempo, i Dream Theater continuano decisi con le varie
Hollow Years e
Erotomania, fino a quando avviene l'impensabile. Durante la parentesi solista ad opera di Jordan Ruddess è possibile intuire un motivo che nella cultura popolare romana è quanto mai sacro, e mi sto riferendo a
La Società Dei Magnaccioni. E' praticamente inutile dire che l'intero Palalottomatica sia venuto giù dall'approvazione. Al di la di questi aneddoti è bene comunque sottolineare come la prestazione esclusivamente tecnica dei musicisti è come al solito sopra le righe, l'unico a non convincermi in pieno è un James LaBrie che appare 'spompato' e con una pancetta che non gli fa di certo onore, nei precedenti tour italiani si dimostrò più tonico ed elastico, anche a livello vocale.
Il lungo viaggio dei Dream Theater continua ad ogni modo con
Voices,
Forsaken e una
Take The Time che viene ovviamente cantata in coro dal pubblico intero, quasi a testimoniare che sono sempre i brani storici ad avere la meglio sugli ultimi dischi, che per quanto buoni non sempre reggono il confronto con i classici
Images And Words oppure
Awake. A portare a termine un concerto sicuramente riuscito ci pensa la nuova
The Count Of Tuscany, lunga suite Progressive Metal dove possono essere ritrovati tutti i tradizionali ingredienti del loro trademark. In conclusione si è trattato di uno show non eccessivamente lungo, ci hanno abituato a maratone ben più estenuanti, ma questo nulla toglie ad una performance degna della loro storia. Un ringraziamento in fine lo vorrei fare nei confronti di Letizia Sebastiani che mi ha procurato una dettagliata setlist.
Foto a cura di Francesca D'Alessio. Opeth:Windowpane
The Lotus Eater
Reverie/Harlequin Forest
The Leper Affinity
Deliverance
Hex Omega Dream Theater:A Nightmare To Remember
A Rite Of Passage
Hollow Years
Keyboard Solo
Erotomania
Voices
Forsaken
Take The Time
The Count Of Tuscany Foto di Francesca D'Alessio per Metal.itGalleria Facebook