L’ultima fatica discografica dei Dream Theater, “Systematic Chaos”, ha nuovamente innescato la perfetta macchina da promozione dei 5 di New York. E così, forti di un nuovo contratto con la Roadrunner, i nostri si cimentano nell’ennesimo World Tour promozionale, questa volta abbandonando la faticosa formula “An evening with”, che li vedeva da soli, senza opening act, sobbarcarsi circa tre ore di show, ed invece intraprendendo il nuovo tour accompagnandosi a seconde linee di tutto rispetto. Per la ‘leg’ europea, i fortunati estratti sono i Symphony X di Allen e Romeo, una band dal solido passato (il nuovo “Paradise Lost” è già il settimo album in studio) e dal presente davvero sfolgorante.
La prima delle 5 date dei nostri in terra italiana li porta al Bologna, al Paladozza, struttura di certo non grandissima; scelta ovvia quando il tuo pubblico abituale va spalmato su 5 date, anziché le solite 2 o 3. L’acustica stavolta lascia quantomeno respirare; ovviamente il paragone va fatto con lo standard sonoro dei concerti rock nei palazzetti, strutture che, per la loro conformazione, sono spessissimo dei pessimi veicoli sonori. L’affluenza è peraltro più che buona, visto che il palazzo è gremito in ogni ordine di posti.
E, come da scaletta, alle 20 spaccate le luci si spengono, e parte l’intro del nuovo lavoro dei Symphony X, mentre i 5 fanno il loro ingresso sul palco: la folla rumoreggia di piacere, non è un mistero che Allen e compagnia siano molto graditi dalle nostre parti. Poco dopo, i Symphony X ‘esplodono’ con “Set the world on fire”, prima vera traccia del nuovo lavoro, potente e dirompente ancor più in sede live. I 50 minuti che seguono vedono una band davvero in forma, con un sound potentissimo ed una grinta e precisione da veri professionisti. Il singer Russell Allen è un portento, dalla prestazione vocale assolutamente superlativa all’attitudine da frontman, per cui, a metà set, inscena un siparietto con il pubblico davvero gustosissimo, a suon di ‘grande’ e ‘mer*a’, urlati a seconda che la folla rispondesse o meno ai suoi incitamenti canori. 50 minuti, dicevamo, davvero al fulmicotone per gli strepitosi Symphony X, un gruppo di indubbio valore che di certo farà fruttare appieno la splendida occasione di girare il mondo di spalla a mostri sacri come i Dream Theater. Applausi a scena aperta.
SYMPHONY X SETLIST
1. INTRO
2. SET THE WORLD ON FIRE
3. DOMINATION
4. SERPENT’S KISS
5. PARADISE LOST
6. SMOKE AND MIRRORS
7. SEA OF LIES
8. OF SINS AND SHADOWS
Le luci tornano su, il grande semaforo sospeso sopra il palco richiama l’artwork dell’ultimo studio album dei Dream Theater, “Systematic Chaos”, e al momento dà luce rossa: bisogna attendere che i tecnici smontino rapidamente tutta la strumentazione dei Symphony X e preparino il palco per i nostri. L’attesa, per fortuna, è limitata ad una decina di minuti o poco più, e quando scatta il ‘giallo’ la folla comincia a vociare inneggiando ai propri beniamini: manca poco. Un paio di minuti, infatti, ed il semaforo diventa verde, si spengono le luci, il boato del pubblico sale vertiginosamente ed un breve filmato ci riassume in pochi secondi vent’anni di carriera, successi, concerti, musica di gran livello: entrano in scena i Dream Theater, che aprono le danze suonando il main theme di “2001: Odissea nello Spazio”, capolavoro di Kubrick. Il tempo di portare il pubblico al delirio, e si parte in quarta con “Constant Motion”. La prima impressione è quella di una band che suona davvero a memoria, talmente rodata e sicura sul palco da mettere in soggezione. Serata abbastanza ‘in palla’ per tutti, con un sound davvero potente, una batteria equalizzata molto ‘cattiva’, come ai tempi del tour di “Six Degrees…”. Il buon Mike Portnoy mantiene fede alla sua fama, e sceglie come sempre i brani in modo da proporre quelli mai (o quasi mai) eseguiti in una determinata città. Uno dopo l’altro, seguiranno infatti, senza soluzione di continuità, “Panic Attack”, “Endless Sacrifice”, la nuova “The Dark eternal Night” e via suonando. Come si evince da questi pochi titoli, la setlist è decisamente sbilanciata verso il lato più heavy del repertorio Theateriano. Considerando la giovanissima età media del pubblico, credo che sia stata una bella mazzata sui denti: se qualcuno era venuto per sentire “Through her Eyes” e “Goodnight Kiss”, credo ci sia rimasto davvero di sasso!
Qualche dettaglio? Mike Portnoy presenta il nuovo ‘Mirage Monster’, ennesima versione della sua enorme batteria, stavolta in plexiglass trasparente, impressionante (soprattutto con i giochi delle luci) ma un po’ confusionaria alla vista. La prestazione è, come al solito, devastante, anche se a volte lo zio Mike tende a strafare nei passaggi circensi, perdendo più di una bacchetta o saltando qualche stoppata per puro gusto dello show. Tant’è, ci sta tutto, eccome.
Per gli altri, davvero poco da aggiungere all’aggettivo “perfetti”. Nota di colore: Jordan Rudess esibisce due nuovi gioiellini tecnologici: il “Memotron”, ossia un Mellotron digitale, e lo “Zen Riffer”, sorta di tastiera portatile alla Sandy Marton, ma un pelo più metal! Davvero divertente ed esaltante vederlo a fronte del palco duettare spalla a spalla con John Petrucci, spettacolo nello spettacolo. Myung è il solito trattore, anche se finalmente il suono di basso si distingue e sembra più corposo ed un filo più carico di acuti, complice anche il suo nuovo signature della Music Man. E James LaBrie svolge più che degnamente il suo compito, incitando, cantando con perizia ed abilità, e non disdegnando affatto neanche uno dei suoi famosi acuti. Ormai il periodo di incertezza è decisamente passato, e James ha ripreso perfettamente il controllo delle sue parti vocali. Però, se proprio vogliamo essere pignoli, il lungocrinito cantante ha sfoderato una panza da “tortellino”, degna testimone dell’amore di James per Bologna!
Molto, molto belle le luci, sulle quali i nostri hanno fatto un lavoro di profondo restyling: abbandonati i troppi spot bianchi, buoni per video-registrare, ma pessimi quanto ad atmosfera, il nuovo light-show dei Dream Theater è incentrato su tantissime teste mobili che accompagnano la performance live con repentini e multicolori cambi di atmosfere, davvero bello e coinvolgente.
Il vero momento clou del concerto, però, a giudizio di chi scrive, è stata l’esecuzione di un brano come “Take the Time”, autentico piccolo capolavoro in musica, eseguito qui con un piccolo taglio sulla seconda strofa, ma con una lunga coda strumentale: impressionante, per qualità dell’esecuzione, coinvolgimento del pubblico, e di sicuro anche per l’effetto “nostalgia” che ha causato a più di un Theater-fan.
E cosi, verso le 22.50, alla fine dello show, i nostri rientrano per l’encore di rito e ci regalano un nuovo poliforme medley, che monta insieme spezzoni tratti da 5 brani che coprono l’intera discografia dei Dream Theater: 5 perle in musica, mixate stavolta a mio avviso in maniera un po’ affrettata e poco uniforme, ma capace di regalare emozioni a palate, non foss’altro per la chiusura affidata alla coda della splendida “Octavarium”.
Insomma, questo concerto dei Dream Theater nulla ha aggiunto e nulla ha tolto allo spessore di una band che, ancor più che in studio, sa dare il massimo a diretto contatto col pubblico. Un concerto piacevolissimo, forse un pelo corto, ma saremo forse stati un po’ viziati?
DREAM THEATER SETLIST
1. Intro: “2001: A SPACE ODYSSEY”
2. CONSTANT MOTION
3. PANIC ATTACK
4. ENDLESS SACRIFICE
5. THE DARK ETERNAL NIGHT
6. HOME
7. MISUNDERSTOOD
8. TAKE THE TIME
9. IN THE PRESENCE OF ENEMIES (parts 1 & 2)
10. Encore: MEDLEY
a) TRAIL OF TEARS
b) FINALLY FREE
c) LEARNING TO LIVE
d) IN THE NAME OF GOD
e) OCTAVARIUM