Altra grande serata di hard rock al
Motorock As di Mozzate. Dopo i passaggi illustri di Vision Divine, La Guns ed Elvenking, è la volta dei Whitesnake. Non loro in carne ed ossa, che sarebbe pretendere un po’ troppo, bensì un concerto interamente dedicato a loro, con tre delle migliori tribute band in circolazione.
Particolare e suggestivo l’impianto delle esibizioni: trenta pezzi in tutto, dieci per band, una setlist impostata secondo un rigoroso ordine cronologico, con ogni gruppo chiamato ad interpretare una diversa fase del percorso artistico di Mr. Coverdale e soci.
Si parte con i
White Lady, che si esibiscono con Carlos (ex Skylark, e ora in forza ai 1987) dietro le pelli, causa defezione dell’ultima ora da parte del batterista titolare. Un buon set il loro, basato unicamente sul primo periodo dei Whitesnake, quello più tipicamente bluesy, che ha visto in un disco come “Ready and willing” il suo momento più alto (per lo meno a detta di chi scrive). Canzoni come “Bloody Mary”, “Lonely days, lonely nights”, “Trouble” e “Sweet talker” fanno subito breccia nel cuore dei presenti e contribuiscono a scaldare il clima a dovere. Il gruppo è potente e compatto, con Carlos che ha offerto una prestazione maiuscola, specie se si considera che era alla prima assoluta in questa formazione. Interessanti, nonostante il timbro del singer sia piuttosto distante da quello del buon Coverdale.
Cambio palco rapidissimo ed ecco i
1987, che questa sera giocano letteralmente in casa, nel senso che il loro bassista Alex Quadrelli fa parte dello staff del Motorock As. Grande motivo di attenzione desta anche la presenza di Gus Gabarrò, ex singer dei White Skull, ora impegnato col suo progetto personale, gli Overmaster, ma che ama cimentarsi anche con questo tipo di sonorità. Si parte con “Fool for your loving”, seguita a ruota da “Bad boys”: un inizio col botto che però viene alquanto penalizzato da volumi eccessivamente alti e impastati, soprattutto quello della chitarra (da segnalare l’ingresso in formazione di Max Passerini, già in forza ai My Land). Ciononostante, la loro prova si rivela ottima, con Gus assolutamente su di giri, in continua interazione con il pubblico (presenti anche i membri del fan club italiano dei Whitesnake), che dimostra di saper rendere benissimo un repertorio “pesante” come quello dei capolavori “1987” e “Slide it in”. Vengono eseguite, tra le altre, “Love ain’t no stranger”, “Give me all your love”, “Is this love”, “Slide it in”. Alcuni strappi alla regola cronologica, ma molto graditi, risultano le incendiarie versioni di “Don’t break my heart again”, “Walking in the shadow of the blues” e l’immancabile “Burn”, ovviamente in medley con “Stormbringer”.
Chiusura della serata affidata ai
Restless Heart, da Roma, tributo ufficiale al Serpente Bianco. Un set potente e conciso il loro, che privilegia l’ultimo periodo, quello di un album sottovalutato ma a mio parere di gran classe come “Slip of the tongue” e poi l’ultimo “Good to be bad”. Canzoni come “Best years” o “Can you hear the wind blows” non sono certo le migliori mai scritte da David Coverdale, e quindi è forse comprensibile che la tensione cali un poco. Ciononostante, anche i Restless Heart se la cavano più che bene, e alla fine la soddisfazione è palpabile.
Finale scontato ma di grande effetto, con la mega jam finale sulle note di “Ain’t no love in the heart of the city”, con tutti i componenti dei tre gruppi sul palco.
A dispetto del pubblico, che ci saremmo aspettati più numeroso, non si può certo dire che questa non sia stata una serata riuscita.
Alla prossima, dunque!