(08 maggio 2010) Scorpions + Edguy - 8 Maggio 2010 (Olympiahalle, Munich (GER)

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Temo che gli Scorpions si siano giocati il nostro paese definitivamente all’indomani di un disco orrendo come “Eye to eye”. Ricordo che all’epoca furono relegati nel piccolo spazio dell’Alcatraz, loro che anche da noi erano abituati a riempire i palazzetti. Venivano da due lavori piuttosto deludenti come “Face the heat” e “Pure instinct”, ragion per cui le loro quotazioni già in calo precipitarono del tutto.
Dopodiché, salvo una piccola comparsata al Gods of Metal di tre anni fa, nessun promoter della penisola ha più investito sul consistente zoccolo duro che la band di Hannover può comunque ancora annoverare qui da noi.
Neppure la decisione di Klaus Meine e soci di sciogliersi al termine del tour di supporto all’ultimo “Sting in the tail” ha sortito gli sperati effetti collaterali:
Settimana dopo settimana, ogni visita al sito ufficiale della band si rivelava una delusione: niente date programmate nel nostro bel paese!
E così, armato di tanta buona volontà e di una macchina conciata ma ancora funzionante, mi sono diretto con un amico alla volta della città tedesca più vicina: era ovvio che non me li sarei mai persi!
Non andavo a Monaco di Baviera da un bel po’ di anni e mi ricordavo molto poco della città: Marienplatz è coperta da un cielo plumbeo ma è comunque gremita di gente, tra cui molti sfoggiano con orgoglio la maglia del Bayern, che ha appena vinto l’ennesimo scudetto e che a breve affronterà l’Inter nella partita più importante dell’anno. Dopo una sana bevuta all’Hofbraus, pittoresca ed enorme birreria tra le più antiche del paese, ci dirigiamo alla volta dell’Olympiahalle.
L’arena è situata nello splendido complesso sportivo costruito in occasione delle Olimpiadi del 1976 e nel corso degli ultimi anni ha visto suonare tutte le più importanti rock band della scena (compresi i Rainbow, che nel 1977 vi hanno registrato uno spettacolare live pubblicato per la prima volta pochi anni fa).
L’affluenza di pubblico è consistente ma non pare ci sia soldout. Il pubblico è la solita accozzaglia eterogenea di metallari e di rigidi cinquantenni che è di casa ai loro concerti in patria: dopo tutto qui gli Scorpions sono un’istituzione, ci vanno proprio tutti a vederli!
Questa sera (e per tutte le date tedesche) ad aprire ci sono gli Edguy: essendo troppo costoso portare in giro nuovamente il carrozzone Avantasia, Tobi Sammet ha rispolveraro per l’occasione la sua creatura principale, anche perché non capita proprio tutti i giorni di suonare con gli idoli della tua giovinezza. La band è come sempre in gran spolvero, la stragrande maggioranza dei presenti pare non sapere proprio chi siano, eppure loro se ne fregano e sparano a raffica le loro cartucce su un pubblico che alla fine verrà totalmente conquistato dal loro show. La scaletta è particolarmente ruffiana e intelligente, andando a pescare solamente dagli ultimi tre album e in particolare dai brani più hard rock oriented. Dopo tutto qui non sono di fronte al loro pubblico per cui possono tranquillamente lasciare a casa “Babylon” o “Vain glory Opera” e pensare a vendere qualche disco in più al suono delle varie “Ministry of saints”, “Superheroes” o “Lavatory Love Machine”. Una bella prestazione, breve ma intensa, che si conclude con la solita “King of fools” e che lascia solo un po’ di amaro in bocca per non avere potuto godere delle sempre esilaranti battute di Tobi, che questa sera può finalmente esprimersi nella sua lingua madre.

Rapido cambio palco ed ecco finalmente gli Scorpions calcare lo stage. Si nota subito che non hanno badato a spese: palco enorme, megaschermi a proiettare immagini varie, pyros e fiammate a non finire e la batteria di James Kottak posizionata su una pedana mobile che si alzava e si abbassava creando un effetto scenico davvero notevole! Si parte potentissimi con “Sting in the tail”, title track del loro ultimo (purtroppo in tutti i sensi stavolta!) album, che ha segnato un ritorno ai fasti “americani” degli anni ’80 e che ci ha riconfermato una band in ottima forma, dopo due dischi validissimi come “Unbreakable” e “Humanity”. Se hanno deciso di sciogliersi non è certo per anzianità, almeno a giudicare dalla rabbia e dall’energia con cui aggrediscono il pubblico. Pubblico che, nonostante classici come “Make it real” o “Bad boys running wild” siano in grado di far saltare anche le pietre, pensa bene di rimanersene zitto e muto per tutto il tempo. Non pare li abbiano trascinati a forza, almeno a giudicare dall’entusiasmo con cui applaudono ogni singolo pezzo, ma la partecipazione non è certo di casa questa sera. Poco male, perché i nostri sembrano non accorgersene e sciorinano un brano dopo l’altro praticamente senza interruzioni, offrendo una prestazione che definire maiuscola è dir poco.
Sugli scudi, come sempre, la voce di Klaus Meine, pulita ed emozionante come sempre: praticamente senza sbavature la sua prova, anche se nel finale ha accusato un comprensibile calo. Tutti gli altri non sono stati comunque da meno e anche se l’attenzione è sempre comprensibilmente rivolta ai tre membri storici, i nuovi entrati (si fa per dire, ormai son sette anni!) Pawel Maciwoda e James Kottak ci danno dentro mica da ridere.
La setlist è emozionante ma tutto sommato prevedibile: mi accorgo con rammarico che, rispetto alle date in Repubblica Ceca, Russia e Belgio, sono stati tagliati gioielli come “Always somewhere” o Animal Magnetism”, che certamente avrebbero mandato in visibilio i fan più accaniti. Rimane comunque una meravigliosa “Is there anybody there” a prenderci di sorpresa, mentre per il resto è tutto un susseguirsi di titoli della serie “non possono non farla!”: “Loving you Sunday morning”, “The zoo”, “Coast to coast” (sempre da pelle d’oca!) e poi la parentesi acustica rappresentata da “Send me an angel” e da Holiday (qui finalmente la gente si ricorda dov’è e si mette a cantare a squarciagola e a saltare durante il finale elettrico). Suggestivo, durante questo frangente, l’utilizzo di una lunga pedana posta in mezzo al pubblico, che ha visto tutti e quattro riunirsi a suonare.
I brani del nuovo album non sono tanti ma vengono scelti con cura: ovviamente c’è “Raised on rock” mentre tra le ballad (questa volta tutte di altissimo livello!) vengono scelte “The good die young” e la commovente “The best is yet to come”, che io avevo letto come un intenso commiato dai propri fan e che invece arriva quasi all’inizio. Meglio così, perché pare proprio che nessuno la conosca e che io sia uno dei pochissimi a cantarla… immaginate che finale che sarebbe stato!
Verso la fine, James Kottak si produce in un assolo molto particolare, in cui interagisce con dei filmati che lo vedono protagonista all’interno delle copertine dei vari album della band. Divertente, soprattutto perché ha distolto dalla noia del solo in questione! Rimane comunque un ottimo batterista e un autentico personaggio, un po’ sullo stile di Mike Terrana, tanto per intenderci!
L’ultima copertina ad essere presentata è quella di “Blackout” e a questo punto dalla pedana della batteria che si era nel frattempo sollevata, sbucano fuori gli altri quattro che si lanciano in quarta nella song in questione. Colpisce quel matto di Rudolph Schenker, che si presenta con lo stesso make up, come fece anche nel concerto di Wacken del 2006.
Siamo agli sgoccioli: la band saluta e rientra immediatamente per i bis. Spero in qualche sorpresa dell’ultim’ora ma è abbastanza evidente quel che succederà. Ecco dunque “Still loving you” , seguita a ruota da “Wind of change”, annunciata da un Klaus quasi rassegnato (e te credo! Ormai non ne potranno più! Io in effetti l’avrei tranquillamente sostituita con qualcos’altro) e che sembra aver stufato anche il pubblico, che non la canta con la partecipazione che mi sarei aspettato.
Non è così per “Rock you like a hurricane”, che scatena un vero e proprio delirio e che ci fa venire le lacrime agli occhi al pensiero che non li vedremo mai più…
I saluti finali sono lunghi, gli applausi sembrano infiniti ma non si respira ancora l’atmosfera dell’addio: il tour è appena iniziato, durerà fino all’anno prossimo e ci sono buone possibilità che ripassino nuovamente di qui. Detto questo, un po’ di tristezza rimane. Certo, meglio andarsene così che morire lentamente. Ciò non toglie però che senza di loro il mondo del rock sarà molto meno bello. Speriamo solo che decidano di venire a salutare anche noi italiani…

Setlist Edguy:
Dead or rock
Superheroes
Ministry of saints
The pride of creation
Save me
Lavatory love machine
King of fools


Setlist Scorpions:
1. Sting In The Tail
2. Make It Real
3. Bad Boys Running Wild
4. Is There Anybody There
5. The Zoo
6. Coast To Coast
7. Loving You Sunday Morning
8. We'll Burn The Sky
9. The Best Is Yet To Come
10. Send Me An Angel
11. Holiday
12. The Good Die Young
13. Raised on Rock
14. Tease Me Please Me
15. 321
16. Kottak Attack (drum solo)
17. Blackout
18. Big City Nights
Encore:
19. Still Loving You
20. Wind Of Change
21. Rock You Like A Hurricane
Report a cura di Luca Franceschini

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