As I Lay Dying + Neaera + Slowmotion ApocalypseTocca a Milano ospitare la prima delle due date che vedono gli americani
As I Lay Dying, freschi freschi del nuovo album "
An Ocean Between Us", promuovere la loro ultima fatica in terra italica, spalleggiati per l'occasione dai tedeschi Neaera e dagli italianissimi Slowmotion Apocalypse, che ormai sembrano essere diventati uno dei nomi più grossi in ambito death/metalcore in Italia. Tuttavia il rammarico più grosso relativamente alla serata è dovuto alla defezione di un altro artista piuttosto importante, ovvero
James Blunt. Leggete tutto il report e capirete.
Ore 19.30 e puntuali come un orologio a cucù svizzero i nostrani
Slowmotion Apocalypse prendono possesso del palco, con il sempre poco gradevole compito di dover dare il via alle danze: ed infatti, a causa dell'orario o della posizione in scaletta, o più probabilmente delle due cose messe insieme, la band friulana si esibisce di fronte ad uno sparuto pubblico, non risparmiando tuttavia le energie e cercando di coinvolgere il più possibile i presenti che comunque inizieranno a sciogliersi solo con il seguente gruppo. Il metalcore dai pesanti risvolti death degli Slowmotion non riesce quindi a smuovere l'audience, che risponde in maniera piuttosto contenuta e distaccata all'esibizione del quintetto, tecnicamente ineccepibile e anche dal punto di vista della presenza scenica senza dubbio encomiabile.
Inutile dire che la setlist è incentrata soprattutto sull'ultimo "Obsidian", senza tralasciare il primo lavoro dal titolo "My Own Private Armageddon" grazie al quale la band ha ottenuto un contratto per la Scarlet Records: ecco quindi che tra le altre vengono eseguite "The Blessing" e "More Horror Is To Come". Al di là dell'aspetto puramente formale, devo però ammettere che anche dal vivo, dove li ho visti in azione due volte, i pezzi degli Slowmotion nonostante siano belli carichi e violenti suonano troppo derivativi, snocciolando di seguito tutti i clichè del genere, dai riff di scuola svedese/At The Gatesiana agli immancabili breakdown. In sostanza, questa esibizione ha rafforzato la mia convinzione che l'entusiasmo che spesso ho sentito nominare nei confronti di questo gruppo sia immotivato.
I trenta minuti della loro esibizione scorrono in fretta ed è già ora di preparasi al gruppo successivo.
Un rapido cambio palco ed ecco che a scaldare il pubblico in attesa degli headliner ci pensano i tedeschi
Neaera: pur non avendo mai ascoltato la band in questione, non era certo difficile prevedere la loro direzione musicale, ed infatti ancora una volta (un po' come tutta la serata a dire il vero) ci si trova di fronte ad una musica dalla forte matrice swedish, fortemente influenzata da un disco come "Slaughter Of The Soul" e pregna di soluzioni dal sapore core. Sulle prime note del pezzo iniziale il cantante Benny sfodera un growl che farebbe la felicità di ogni gruppo brutal del mondo, strappandomi un sorriso di soddisfazione e alimentando in me la speranza di sentire qualcosa di leggermente più brutale.
Peccato che invece il gruppo si allinei in maniera piuttosto impersonale all'imperante trend melodeathcore, soddisfando di certo i palati che si cibano a colazione, pranzo e cena di queste sonorità, ma alimentando parecchi dubbi e provocando noia alle orecchie di chi di questo genere ne ha un po' piene le scatole. Un attimo di difficoltà dopo il primo pezzo per qualche magagna al drumkit, in cui il buon Benny cerca piuttosto maldestramente di intrattenere l'audience.
Tuttavia il momento più imbarazzante (avete presente quando vi sentite imbarazzati voi per le figure di merda degli altri?ecco, io mi sono sentito così) si ha quando il singer chiede un applauso per gli As I Lay Dying e per "il gruppo che ha suonato prima" (ma minchia, almeno il nome dei gruppi con cui si suona!), mostrando forse qualche lacuna nell'esperienza live della band, che comunque tiene bene il palco per i 40 minuti circa della sua esibizione.
A fare da contraltare a questa situazione infelice ci pensa però l'intervento di un autoctono, in tiro e profumato, accompagnato dalla sua bella che, avvicinandomi, mi chiede "
Ma dopo suona James Blunt?". Ovviamente la mia risposta è "No", ma il milanesotto non pare essere soddisfatto e rilancia con "Ah..perchè?", a cui rispondo con un secco "Eh avrà da fare". Solo allora nella mente del cummenda si materializza il dubbio di aver sbagliato qualcosa, e fugge con la sua metà.
Secondo cambio di palco, con l'aggiunta di due teloni scenografici rappresentanti la cover dell'ultimo "An Ocean Between Us", e alle 21.30 spaccate gli
As I Lay Dying irrompono sulla scena, preannunciati dalla intro "Separation" e danno il via al concerto con la successiva "Nothing Left": certo, anche il loro sound è fortemente influenzato dall'opera di At The Gates e The Haunted e fa largo impiego di soluzioni dal gusto core, ma la classe rispetto ai due gruppi di apertura è ben altra ed i primi ad accorgersene sono proprio quelli sotto al palco, che dopo aver timidamente pogato (o meglio, dopo aver fatto una specie di capoera in cui lanciavano pugni e calci all'aria venendo raramente e fortuitamente a contatto l'uno con gli altri....aaaah il caro e vecchio moshpit!!) sulle note dei Naeara ora si liberano da ogni tipo di freno inibitore, dando vita ad un moshpit che proseguirà praticamente senza soste per tutto il concerto. Tim Lambesis prende fin da subito le redini del pubblico e della band, trascinando tutti con il suo scream rabbioso e con la sua presenza scenica carismatica, con l'ovvio risultato che il coinvolgimento del pubblico raggiunge l'apice della serata.
Strumentalmente, la prova degli As I Lay Dying è ineccepibile, mentre la scaletta va a pescare soprattutto dall'ultimo disco in studio dal quale vengono riproposte le già citate "Separation" e "Nothing Left", assieme a "I Never Wanted", "Within Destruction", "Sound Of Truth" (con comparsata finale del singer Benny dei Naeara) e la title track. Tuttavia non vengono certamente risparmiati i precedenti "Shadows Are Security" e "Frail World Collapse", da cui vengono estratte "Confined", "Meaning In Tragedy", "The Darkest Nights", "Losing Sights", "94 Hours", "Forever" e "Distance Is Darkness". Il gruppo mette in mostra una compatezza ed un affiatamento sul palco veramente encomiabili, suonando in maniera decisa e senza nessun tipo di cedimento, mentre il bassista Josh Gilbert si occupa egregiamente delle back vocals pulite e dei cori melodici che spesso abbelliscono i pezzi, pur con qualche sbavatura, ma nulla di imperdonabile, contando che nel frattempo deve suonare il basso e gli piace pure zompettare per lo stage.
In un'ora di concerto gli As I Lay Dying infiammano l'Alcatraz, a onor del vero non esattamente gremito, ma che con il passare del tempo si è riempito sempre più, ben lontano dall'essere pieno. Si chiude con "Confined", che rischia a momenti di tirare giù l'Alcatraz vista la splendida forma del gruppo che ha fatto a più riprese tremare il locale. Non c'è spazio per il bis, acclamato dal pubblico, ma il tempo corre in fretta e le luci tornano ad illuminare la sala, con visibile delusione da parte dei fans che avrebbero voluto godersi un po' più di musica e di pogo.
In definitiva, una serata che è andata in crescendo, raggiungendo il culmine con l'esibizione ottima ed impeccabile degli headliner As I Lay Dying, che hanno letteralmente surclassato gli opening acts, che comunque ce l'hanno messa tutta per onorare al meglio questa occasione. E quando il sipario è calato, le luci si sono riaccese e con le orecchie che ancora fischiano, un solo interrogativo nasce nella mia mente:
ma James Blunt dove sarà stato?As I Lay Dying setlist:Separation (Intro)
Nothing Left
Forever
Through Struggle
Within Destruction
Forsaken
The Darkest Nights
Distance Is Darkness
Meaning In Tragedy
An Ocean Between Us
I Never Wanted
Comfort Betrays
The Sound Of Truth
94 Hours
Confined