Questo finesettimana si preannuncia molto interessante, in quel di Roma.
C'è un concentrato di concerti metal, cosa che sta capitando sempre più spesso, per la gioia di chi si lamentava che si dovesse salire necessariamente nell'hinterland milanese per assistere ad eventi interessanti, e per i dolori degli stessi che si sono visti fissare in una stessa serata diversi eventi e che si sono trovati costretti a scegliere in quale dei diversi locali/palasport portare le sue borchie.
Questa sera, siamo all'INIT: i polacchi
Decapitated tornano nella Capitale ed in veste di headliners, dopo meno di un anno che li avevamo visti [ed apprezzati] suonare di spalla a Marduk, Vader e Deicide per l'
Unholy Titans Tour 2010.
Arrivo al locale con un tempismo imbarazzante ed il concerto comincia nel momento stesso in cui vi metto piede.
Rimango sorpresa dal caos sonoro da cui vengo invasa non appena faccio il mio ingresso e mi avvicino per capire chi sia la band on stage.
Si tratta dei
Buffalo Grillz, nuova combo che riunisce esponenti di note band dell'underground estremo romano e non, come
The Orange Man Theory,
Tsubo,
Dr. Gore e
Undertaker.
Fautori del loro EP di debutto,
Grind Canyon, si sono ironicamente definiti una "all stars band" e sono una sorpresa nella bill di questa sera.
Giunge dopo poco la notizia che la loro presenza è volta a sostituire gli assenti
Illogicist, che sarebbero dovuti essere presenti in tutte e tre le date del minitour italiano dei
Decapitated, ma che per sconosciute ragioni hanno deciso di non prendervi più parte. Il grind feroce dei
Buffalo Grillz travolge i presenti in sala [ancora pochi] che dimostrano di apprezzare il sound grezzo della band. Durante la loro performance si passa da un pezzo all'altro, trovando il tempo per un paio di battute rigorosamente in dialetto napoletano, offerte dallo stesso singer,
Enrico Giannone, che sfoggia una maglia celeste con l'effige di Maradona.
Soprassedendo sulle fedi calcistiche di ognuno, vengono passati in rassegna molti dei pezzi che compongono il già citato
Grind Canyon, dai titoli sfacciatamente sarcastici, come "Graind Raccordo Anulare", "
Grind Galà", “
Cous Cous Clan” o "
Il Grind è Servito" e sul finire del live la band ci rende partecipi di una storpiatamente grindizzata cover de "
La Canzone del Sole" di Lucio Battisti.
Niente da dire sulla resa scenica nè sulle capacità tecniche individuali di ciascuno dei componenti, ma personalmente la performance non mi entusiasma e la trovo abbastanza noisa. Mi sembra di essere di fronte a musicanti riunitisi con l'intento di formare un gruppo "che spacca" ma che hanno dato vita, piuttosto, ad un gruppo "che fa caciara". Il che spesso e volentieri sta anche bene, specie in un genere come il grind dove ironia et similia sono ingredienti presenti generalmente in abbondanza. Ma in questo caso [e sono molto candida nell'ammettere la mia estrema polemicità a riguardo] non ho la sensazione che sia questo l'approccio da parte dei Buffalo Grillz. Detto senza mezzi termini, mi sembra di essere davanti non ad un gruppo che "gioca", ma ad un gruppo "che se la crede"; ed il tutto agisce come uno squarcio nella potenziale simpatia in dote, sulla quale la band potrebbe e dovrebbe puntare di più. I titoli ironici non bastano.
Passiamo, dunque, agli
Airlines of Terror.
La band è molto interessante ed anche qui abbiamo volti dell'underground italiano già noti, quali
Giuseppe Orlando, già batteria nei
Novembre, il da poco subentrato
Andrea Arcangeli al basso e l'unico esponente originario del progetto,
Demian Cristiani, alla voce e chitarra. In cerca di un secondo chitarrista in pianta stabile, sono accompagnati stasera da un giovane sessionist.
Il genere proposto è ricco di influenze e contaminazioni provenienti dal death, dal thrash, con parti blues e groove che rendono il preparato musicale molto concentrato, vario e con risvolti sempre inaspettati.
Non ci sono momenti di noia e si è sempre piacevolmente sorpresi dai cambiamenti di rotta e dalla versatilità dimostrata nel saper fondere generi che apparentemente non hanno nulla a che vedere l'uno con l'altro e che generalmente viaggiano su binari paralleli. Da poco è uscito il loro
Blood Line Express, alle cui registrazioni ha partecipato anche
Paolo Rossi [
Flashgod Apocalypse] per le parti di basso.
Tra i pezzi che catturano maggiormente la mia attenzione sono senza dubbio da segnalare "
Once Upon A Time In Nagasaki" e l'ironica "
Spaghetti Western Death", anticipata, quest'ultima, da un simpatico preambolo da parte del lead singer. Bella anche la cover di una delle band più importanti del panorama gridcore, i
Terrorizer. Scelta tra i tanti pezzi, la classica "
Fear of Napalm": semplicemente culto.
Siamo già giunti a fine serata ed il locale registra un numero discreto di presenze.
L'attesa sale per l'arrivo degli headliners, che si fanno un pò attendere. Le luci si spengono e la folla comincia a scaldarsi.
I
Decapitated calcano il palco accolti da un tripudio di urla. Avevano salutato l'ultima volta il pubblico romano accolti da un calore probabilmente inaspettato e lo stesso calore è pronto a riabbracciarli per il loro ritorno. Con una line up oramai stravolta, dopo la scomparsa del batterista
Vitek e l'abbandono a seguito dell'incidente del precedente singer
Covan, i rinnovati
Decapitated si rendono protagonisti di uno show potente ed adrenalinico, che coinvolge quanti sono accorsi questa sera in via della Stazione Tuscolana. Tutti coloro che si sono dimostrati restii nell'accettare la nuova versione della band, con alle pelli il ventenne
Kerim Lechner e alla voce
Rafał Piotrowski, devono davvero ritirare le loro "accuse".
La band si dimostra all'altezza del loro passato, nel suo essere esecutivamente perfetta. Vengono proposti pezzi tratti da
Organic Hallucinosis, ultimo album uscito nel 2006 che ha fatto la fortuna con "
Post (?) Organic", ed alcuni estratti dal loro capolavoro assoluto, a mio parere,
Nihility. E' proprio da questo album che provengono pezzi oramai diventati culto, come la sempre aggressiva "
Spheres Of Madness". E' con quest'ultima che si tocca il culmine della partecipazione ed è inspiegabile l'effetto che questo pezzo possa sortire nel momento stesso in cui lo si ascolta. E' come se quella pazzia a cui si fa riferimento nelle lyrics venga trasmessa via etere e raggiunga le orecchie e la testa di chi la ascolta, contagiandolo. Io stessa mi sento vittima dell'epidemia e, spinta da un'irrefrenabile voglia di pogo ed headbanding, abbandono di getto la mia macchina fotografica, che fino a quel momento avevo sempre diligentemente tenuto appesa al collo.
E' devastazione pura quella che si prova in queste circostanze. I
Decapitated lasciano un pubblico molto soddisfatto e che ci metterà un pò prima di scaricare tutta l'eccitazione accumulata.
Che dire, non ci resta che aspettarli al varco per un prossimo live e con, si spera, un nuovo album che attesti che i nuovi componenti siano degni di portare avanti questo grande nome del death metal anche sul versante compositivo.
SETLIST
Visual Delusion
Day 69
Post(?) Organic
A Poem about an old prison Man
Invisible Control
Winds of Creation
Way to Salvation
Mother War
Spheres of Madness
Lying and Weak