Una serata all'insegna del Death Metal quella organizzata al Black Out Club di Roma, peccato soltanto ci saranno state ad occhio e croce una cinquantina di persone in platea, e si sta parlando di nomi dal peso storico, su tutti i
Grave. Il problema stavolta risiedeva nel fatto che nella stessa sera Roma ospitava anche i Cathedral e Joe Satriani (mi rifiuto di considerare la quarta opzione del derby calcistico Milan-Inter), un problema che doveva essere gestito meglio fra gli organizzatori. Il pubblico ovviamente posto davanti a un bivio ha deciso, con il risultato che si è sparpagliato e il settore maggiormente estremo ne è uscito penalizzato. Va segnalata anche la presenza di un bill niente male, composto dai co-headliner
Misery Index, dai
The Rotted, e soprattutto dagli
Arsis.
Puntuali con gli orari i primi a salire sul palco sono i capitolini
Slaughter Denial, e lo scenario che si presenta davanti a loro è un qualcosa di apocalittico. 11, e ripeto 11, paganti. Chiunque si sarebbe fatto prendere dallo sconforto e forse è per questo che la loro prestazione non mi ha coinvolto più di tanto, li ho trovati spenti e immobili, soprattutto il cantante che in certi momenti mi sembrava a dir poco impacciato. La loro proposta musicale si caratterizza per un Death Metal classico e senza molte pretese, niente di sconvolgente, anche se il loro concerto fila via liscio. Ad ogni modo sono da rivedere in una condizione migliore questo è sicuro.
Quando è il turno dei
The Rotted (che magari gli appassionati di Metal estremo li seguono da quando ancora si chiamavano Gorerotted) la situazione è cambiata di poco all'interno della sala concerti, però al limite del menefreghismo i The Rotted si imbattono in un concerto ricco di aggressività e violenza, del resto non potrebbero fare altrimenti proponendo un genere che si pone a cavallo fra Death Metal e Grindcore. Un'aggressione continua, e non riescono nemmeno a stare fermi sul palco, si muovo e si dimenano pur di attirare l'attenzione dei pochi presenti. A fine concerti qualcuno si è assiepato sotto di loro e i The Rotted staccano la corrente abbastanza soddisfatti.
Non conosco i
The Last Felony e questa è la prima volta in assoluto per il sottoscritto. Quello che c'è da dire è che in quanto a violenza non hanno bisogno di prendere lezioni da nessuno, in poco più di trenta minuti hanno riversato sul pubblico presente del buon Death Metal dalle tendenza abbastanza Core. Effettivamente il loro vestiario la dice lunga: pantaloncini corti di chissà quale squadra di basket e magliette larghe di altrettante società sportive a me completamente sconosciute. Non è esattamente il mio genere e dopo poco mi sono fatto prendere dalla noia, anche se oggettivamente riescono a fare rumore. Peccato soltanto che il pubblico fosse ridotto quasi allo zero. Curioso anche il bassista, un gigante dall'aria strana e dalle cicatrici altrettanto inquietanti.
Con gli
Arsis cambia decisamente musica, e spessore qualitativo. Ovviamente sempre di Metal estremo si tratta però nel loro caso c'è un'atmosfera che odora di Classico, di tradizionale, e non sono pochi i loro riff che vanno a pescare dalla scuola Inglese degli anni 80. Suonano un Death Metal abbastanza intricato ma che difficilmente si concede alla violenza pura e dura e in questo senso lasciano ampi spazi alla melodia. La presenza scenica è di quelle più cafone, il chiodo del cantante parlava da solo, era un piccolo museo ambulante di storia del Metal. Peccato soltanto per dei suoni forse troppo asciutti e compressi, ma in conclusione rimane uno dei migliori concerti della serata.
Quando salgono sulle assi del palco i
Misery Index si intuisce che si inizia a fare sul serio e pure chi non ha deciso di restare fuori dal Black Out durante le altre performance si appresta ad entrare. Come da copione l'affluenza è di molto sotto le aspettative ma i Misery Index (adesso ridotti a trio, almeno per il momento) si lasciano andare al loro potente e dinamico Death Metal venato da Grindcore e da chissà quali altre influenze. Sono quadrati, estremamente precisi e affilati, insomma sanno come gestire la violenza sonora senza scadere nel mero rumore. Personalmente li apprezzavo di più agli esordi ma devo ammettere che i brani dell'ultimo album dal vivo acquistano una marcia in più. La presenza scenica è notevole e incitano continuamente il pubblico italiano (o almeno quello che ne resta) a farsi sentire. Canzoni come
Fed To The Wolves,
The Carrion Call,
We Never Come In Peace e la conclusiva
Theocracy sono le rasoiate finali di un ottimo concerto.
E ora gli headliner o a guardare il manifesto i co-headliner della serata, fate un po' voi, ma considerando il peso storico della faccenda l'ago della bilancia pende sicuramente a favore dei
Grave. Il tempo di sistemare tutte le questioni tecniche ed eccoli sul palco, incazzati come non mai. Il loro modo di concepire e suonare Death Metal è entrato nella storia del genere, quindi è sempre un piacere farsi investire dai quei riff sporchi e polverosi, da quelle ritmiche veloci e violente, il tutto sormontato da quel vocione in growl che sembra provenire direttamente dall'oltre tomba. A quanto pare sono in forma e malgrado una line-up rimaneggiata non hanno perso un minimo di potenza. L'ultimo cd intitolato
Burial Ground è degnamente rappresentato, ma è quando vanno a pescare dal passato che il pubblico presente si esalta, e cito Into The Grave, un titolo un inferno. Il concerto fila via liscio come l'olio, e anche la qualità audio è andata migliorando con il tempo, certo rimane il tarlo della solita quantità di gente presente (anche se pure lei è andata migliorando), ma in fin dei conti poco importa. I Grave hanno adempito al loro dovere e hanno sommerso di decibel impazziti la capitale!
Foto a cura di Selenia Marinelli.
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