“I Voivod sono sempre i Voivod!”. Questa frase perentoria è stata pronunciata con enfasi da Sergio “Ermo”, pochi giorni prima del concerto dei canadesi. Sorprendente. Uno che ormai riesce ad entusiasmarsi solo davanti al trentacinquesimo live dei Maiden che va a vedere (pare abbia prenotato lo stesso pensionato di S. Harris. Così, tra flebo e pannoloni, potranno ricordare i bei vecchi tempi.). Ma quelle poche parole sono anche la testimonianza di quanto sia stata influente la formazione originaria del Quebec. Perlomeno per chi ha vissuto di persona e per intero la nascita e l’evoluzione del thrash metal.
Si, è vero:
“I Voivod sono sempre i Voivod!” . Band che in circa venticinque anni è stata capace, come poche altre, di ritagliarsi un’identità precisa, personale, originale, intelligente, affascinante, pur cercando sempre di proseguire nella propria evoluzione musicale. Impegno che gli ha consentito di allontanarsi parecchio da uno scenario frantumatosi, guarda caso, a causa della troppa ripetitività.
Uno stile molto particolare, inconfondibile, sviluppato attraverso albums pieni di idee, esperimenti, contaminazioni e soprattutto lampi di indiscutibile genialità. Un contesto psico-fantascientifico che ha fatto da tratto d’unione nel tempo, in maniera logica e sorprendente. Perfino il caratteristico modello grafico, con agganci all’arte moderna.
Riguardo al successo, ritengo meritassero molto più di quello che hanno avuto. D’altronde è una costante per chi evita di incanalarsi nei trends, nel sicuro, nel prevedibile. In compenso la loro carriera è stata caratterizzata da un numero impressionante di eventi negativi, culminati con la recente scomparsa del chitarrista e fondatore Denis D’Amour (“Piggy”). Eppure i Voivod sono stati sempre in grado di superare i terribili colpi del destino, restando tenacemente sulla scena e continuando a realizzare dischi di elevata qualità.
Infine, per chiudere la breve presentazione e sintetizzare il gruppo, direi:
Unici. Storici. Inaffondabili. Innovatori. Monumentali. Voivodiani.
Fabrizio “Stonerman” BertogliattiHellstormRimango dell’idea che la Rock'n'Roll Arena sia un'ottima location per assistere ad un concerto, sopratutto ad uno come quello di stasera che è stato fondamentale per trascinare fuori dall'ospiz… ehm, da casa… il vecchio
Stonerman.
La formazione che ha il compito di aprire la serata non ha comunque dovuto attraversare l’oceano per giungere sino a Romagnano Sesia, infatti, gli
Hellstorm sono originari di Milano, ma di
strada ne hanno fatta comunque parecchia, dato che si sono formati addirittura a metà degli anni '90, per quanto a livello discografico abbiano poi seminato davvero poco.
Non conoscendo il gruppo non so quali ostacoli abbiano dovuto affrontare ma il loro Thrash Metal e l'impatto live messo in mostra stasera avrebbero potuto spazzarli via senza problemi.
Il loro è un Thrash fortemente influenzato dalla scena Old School europea, così tra vecchie e nuove canzoni del gruppo, non stupisce finire per incappare nell'energica cover di "Live Like an Angel (Dies Like a Devil) dei Venom, mentre del loro repertorio si segnalano "Killed Equilibrium" (risalente al loro primo demo del 1997) e la più recente "CorpseHunters", dall'omonimo EP uscito nel 2010.
Ottimi come opening act… ma non solo!
Sergio “Ermo” Rapetti VoivodForse si sarà intuita la mia leggera predilezione per Away e compagni (a proposito, il drummer Michel “Away” Langevin è rimasto il solo componente ad aver suonato in tutti gli album, ora che è in commercio il live con il nuovo chitarrista), nata nel lontano 1984. Potevo quindi perdere un loro concerto ad appena un centinaio di km. da casa mia? (Sì. E ho fatto anche di peggio…nda)
I Voivod a Romagnano Sesia (No) mi fanno uno strano effetto, come se organizzassero il G8 nei locali comuni del mio palazzo. Però doppia lode a questo locale, credo ex-cinema e discoteca, che da poco ha cominciato una programmazione hard rock/metal di tutto rispetto, destinata a proseguire con altri gloriosi artisti. Pubblico non oceanico, sull’ordine delle trecento unità, ma tenendo conto della locazione ancora poco conosciuta e di altri fattori, vedi la cultura musicale nel nostro paese, si può essere soddisfatti. Ed i canadesi devono esserlo davvero, perché sfornano un’esibizione fantastica per intensità, coinvolgimento, disponibilità e divertimento.
Detto ciò, devo scusarmi con chi è abituato a resoconti precisi, asettici, distaccati e magari un tantino annoiati. Alla bella età di ( omissis ) ho ancora vissuto lo spettacolo con una certa confusione orgiastica, che ha intaccato la mia proverbiale lucidità. In sostanza, per un po’ ho seguito attentamente lo svolgersi del concerto, poi l’animo del fan ha preso il sopravvento e qualche particolare è andato perso.
Dunque, meglio elencare prima i fatti certi: Snake, storico vocalist del gruppo, si conferma uno di quelli che trasuda carisma soltanto facendo presenza. Sapendo che non fa parte dell’olimpo dei superbig, il fatto è ancora più notevole. Senza roteare la chioma ( che non ha ), senza dimenarsi come un tarantolato, senza lacerarsi varie parti del corpo o dipingersi coi colori di guerra, egli ha catalizzato l’attenzione del pubblico con misurati, istrionici atteggiamenti, coinvolgendoli dal primo all’ultimo minuto. Tanto per dire, si è permesso di sottolineare il finale di una canzone restando assolutamente immobile, frontepalco, con la testa reclinata da un lato e l’espressione allucinata. Per un paio di minuti, non ha fatto assolutamente nulla. Eppure tutti hanno avuto la sensazione che quella staticità fosse il modo più logico e coerente di chiudere il pezzo. Particolari minimi, irrilevanti, che però segnano la differenza tra un frontman di classe e la moltitudine dei “normali”.
Invece il redivivo Blacky (Jean-Yves Theriault), bassista originario, è rientrato da non molto nel gruppo dopo una quindicina d’anni d’assenza, in parte trascorsi in ambito electro-dance. Qui era stracarico di adrenalina (magari non solo…nda) ed ha imperversato sul palco, scatenando tra l’altro dei veri corpo-a-corpo col collega chitarrista. Ormai ben oltre la quarantina, ha mostrato un’energia ancora intatta, a dimostrazione che le nostre generazioni sono state forgiate con materiale di primissima qualità (si, lo so, è una cagata. Ma cominciate ad arrivarci, poi ne riparliamo...nda) Memorabile il suo “Viva Italia! Viva la Revolution!”, frutto probabilmente di un concetto nebuloso di “popoli latini”. Italiani, messicani, spagnoli, argentini, ecc, credo che lassù nel Quebec siano considerati una grande etnia indistinta, perciò è normale mischiare le cose. Tipo: Viva il Pancho Villa del Ticino!
La grande novità dell’ultima incarnazione dei Voivod è il nuovo chitarrista Daniel Mongrain. Il musicista a cui tocca il non facile compito di cogliere l’eredità di “Piggy” (più volte evocato dai cori dei fans), uno degli axeman più creativi ed originali tra quelli emersi nei dorati primi anni ’80. Mi sento di promuovere la prestazione del lungochiomato Dan. Tecnicamente è stato all’altezza, reggendo con una sola piccola esitazione anche le parti più complesse. Come presenza scenica, visto che dopo due anni si è ormai lasciato alle spalle i primi inevitabili imbarazzi, ha mostrato personalità e buon feeling con pubblico e compagni, aiutato in questo dallo scalmanato Blacky.
Casomai resta da valutare il suo contributo compositivo se, come sembra, la band realizzerà un nuovo album, alla faccia di chi li aveva già dati come estinti. Un assaggio lo abbiamo avuto quando Snake ha annunciato una canzone inedita ( il cui titolo dovrebbe essere “Kaleidos”, ma non garantisco ), pezzo discreto ma forse troppo esteso, nella scia dei lavori più recenti.
Infine non posso aggiungere nulla su Away, che nascosto dietro le sue pelli ha recitato per la milionesima volta la propria parte in maniera impeccabile.
Bene, credo sia tutto…..come??......ah, già, le canzoni!
Siccome sfrutto solamente la mia memoria, mancherà qualcosa che verrà poi aggiunto dal precisissimo Ermo (quant’è pistino ‘sto ragazzo..). I grandi hits c’erano quasi tutti: l’accoppiata “The unknown knows” e “Nothingface”, title-track dell’albo che segna l’apice della carriera Voivodiana; le classiche ed immancabili “Tribal convictions” e “Ravenous medicine”; la stupenda “The prow” da Angel Rat, disco molto rivalutato nel tempo, ed ancora l’apocalittica “Nuclear war” da War and pain, esordio che rimane uno dei miei dischi preferiti in assoluto (ognuno ha i suoi gusti…nda). Poi “Global warning” tra i migliori episodi di Infini, l’inattesa e travolgente “Tornado”, pure “Forlorn” risalente al periodo con Eric Forrest (e Snake, con non poca malizia, dice alla platea che spera di riuscire a cantarla bene..).
Questo per quanto riguarda la prima parte dello show.
I canadesi si ripresentano per il bis, acclamati a gran voce da un pubblico particolarmente “caldo” e gasato. Qui non ci sono dubbi: prima arriva il grezzo assalto thrash della tellurica “Voivod”, al quale segue l’indimenticabile e “spaziale” cover floydiana “Astronomy domine”. Uno dei rari casi nei quali un brano altrui viene fatto “proprio” da una formazione, tanto da trasformarsi in un suo classico tra i più amati e richiesti. (altro esempio? “Godzilla” dei Fu Manchu)
Terminata l’esecuzione del piccolo gioiello, i Voivod esauriscono anche i rituali saluti, ed il sottoscritto si avvia, sudato e soddisfatto, verso l’uscita. Ma una mano implacabile mi afferra! Chi è il folle che osa tanto? Sorpresa, è l’attento Ermo. Che con la sua solita delicatezza mi urla: “Ma dove vai, rimbamb..? Fanno un altro bis!!”. Ovviamente ho una pronta reazione e replico: “Eh? Ma chi? Cosa? Quando?”. Poi mi fiondo in prima fila. Effettivamente il quartetto torna sul palco, cosa che non ha assolutamente fatto in altre date del tour. Forse sono compiaciuti della serata, del pubblico o, più probabilmente, della mia presenza, in ogni caso suonano il bis del bis. E cosa hanno regalato di speciale, ai fans di Romagnano? Non lo so. Non ne ho idea. Certo era una canzone dei Voivod, sapere quale è supefluo.
Ciò che ha realmente importanza è che sono riuscito a stringere la mano ai musici, per la precisione Away e Mongrain, cosa che in centinaia di concerti credo di aver fatto un paio di volte.
Alcuni mi hanno suggerito di non lavarla più, una diversa corrente di pensiero di segarla e riporla in una teca di cristallo. Ci sto pensando, farò sapere.
VVOOOIIIIVVVVVOOOOOOOOOOOOOOOOODDDDDDDDDDDDDDDDDDD;-D!!! Setlist:01. The Unknown Knows
02. The Prow
03. Ripping Headaches
04. Ravenous Medicine
05. Forlorn
06. Tribal Convictions
07. Global Warning
08. Brain Scan
09. Nothingface
10. Missing Sequences
11. Kaleidos
12. Tornado
Encore: 13. Voivod
14. Nuclear War
15. Astronomy Domine
16: Overreaction
Fabrizio “Stonerman” BertogliattiFoto di Sergio “Ermo” Rapetti