Quando si parla del potere “taumaturgico” del rock n’ roll non ci si affida per forza ad una coreografica iperbole espressiva …
Si capiva fin dai suoi albori che venerdì 29 aprile 2011 non sarebbe stata una giornata “facile”. Pioggia battente su Torino fin dal mattino e una serie d’impegni personali e lavorativi piuttosto fitta, cui si aggiungevano i soliti acciacchi (persino l’
inossidabile Ermo era debilitato da un principio di bronchite!) di un periodo non certamente favorevole da questo punto di vista, mi avevano quasi indotto ad una defaillance all’insegna del più classico … “
ma chi me lo fa fare di correre tutto il giorno per andare fino a Romagnano Sesia per un concerto”?
Poi, si sa, la curiosità di testare un locale “nuovo” (almeno per il sottoscritto), quella “maledetta” passione per la musica rock e la brama di saggiare le capacità di quella sorta di
supergruppo italico che risponde al nome di
Hell In The Club hanno avuto la meglio.
Per fortuna, perché a parte un arrivo in largo anticipo (per paura di “scazzare” l’inizio mi sa che abbiamo esagerato …) con relativo e vagamente “inquietante” breve giro turistico in un paese deserto e uggioso, la serata si è rivelata alquanto godibile: ottima la location, per accoglienza, ambientazione, resa sonora e dimensioni e, soprattutto, pregevole la prestazione dei gruppi, con i
Lucky Bastardz a rappresentare una piacevole sorpresa (forse solo leggermente troppo monocorde) e gli HITC degni del loro splendido disco d’esordio (ma sarò più preciso tra qualche riga!).
Le fatiche, le preoccupazioni,
addirittura i malanni sono magicamente spariti sotto i colpi del
grande vecchio r’n’r’ … peccato solamente che poca gente abbia creduto che due gruppi italiani potessero evocare le sue antiche e immarcescibili virtù, limitando un po’ il pathos tipico dell’evento “collettivo” … alla fine, comunque, sono stati gli assenti a perderci …
Marco AimassoLucky BastardzA scrollare di dosso l’umidità e quel po’ di fiacchezza che stavano già tramando alle nostre spalle, sono bastate le bordate che i quattro
Lucky Bastardz hanno iniziato a sparare dal palco messogli a disposizione dal Rock n’ Roll Club.
L’energia e la compattezza messa in mostra dal cantante Geppo, il chitarrista Paco (ex Secret Sphere), il bassista Mr. TNT e Mark, batterista
duracelliano che si è sparato ben due live set, dato che piantate le tende sul palco ha suonato anche con gli Hell in the Club.
Il loro Hard'n'Roll dal vivo si rivela ancora più massiccio ed energico di quanto già era apparso su disco, o meglio sui due album che hanno realizzato: l’esordio "Hated For Who We Are" ed il recente "Bite Me, Dude", come testimonia egregiamente una "Sin City”, della quale – giustamente – è stato realizzato un video.
L’influenza dei Motorhead sulla quale avevo insistito nel corso della recensione di "Bite Me, Dude" sono sì innegabili (ma a fine concerto un simpatico e disponibile Geppo mi confesserà che sul prossimo lavoro saranno meno invadenti) , ma i Lucky Bastardz dimostrano di avere una discreta personalità e di saper tenere le assi del palco… anche di fronte ad un tasso alcolico oltre i limiti consentiti dal codice dalla strada (o mi sbaglio, Paco?).
Comunque a sbattersi ed a correre sul palco non si corre il rischio del ritiro della patente… almeno non ancora!
Death All Day, Life All Night … Sergio RapettiHell In The ClubDopo averli ascoltati nel loro eccellente disco d’esordio, recensiti ed intervistati per una nota e
gloriosa webzine italiana (che guarda caso è la stessa che state leggendo!), mancava solo la redazione di una sezione per ultimare il dossier riguardante gli
Hell In The Club, quello che sulla sua ipotetica copertina, oltre all’indicazione dell’oggetto del contendere reca anche il sottotitolo “
valutazione artistica e prospettive di affermazione su vasta scala”.
Si trattava, ovviamente, del risultato alla prova live, fondamentale un po’ per tutte le categorie di musicisti e forse addirittura più importante per un gruppo dedito all’hard/sleaze rock, un genere in cui si può probabilmente “fingere” tra le pareti di uno studio di registrazione, ma che non ammette simulazioni di sorta nella trasparenza emotiva di un palco.
La convinzione e le qualità umane e artistiche desunte da "Let The Games Begin” e dalla simpatica chiacchierata intrapresa con Davide Moras e Andrea Buratto, cantante e bassista della brillante formazione, trovano immediato riscontro anche in questo show novarese; il gruppo, con il supporto di Mark, l’ottimo drummer dei Lucky Bastardz (in sostituzione del titolare Fede, impossibilitato a prendere parte al concerto) offre una prestazione decisamente convincente, sciorina uno dopo l’altro i bellissimi pezzi del disco d’esordio (è mancata all’appello solo la ballad “Star”) con notevole maestria e sicurezza e anche se, come anticipato, non è molto “stimolato” dall’entusiasmo di uno sparuto pubblico, ce la mette davvero tutta a dimostrare agli astanti che gli HITC sono una band “vera”, che crede fermamente in quello che fa e che suona, sebbene i suoi membri probabilmente siano (per il momento) più famosi per quanto realizzato sotto
vessilli (Secret Sphere ed Elvenking, per i distratti) ed espressioni stilistiche differenti.
Piace, oltre al pur ristretto repertorio, la disinvoltura con la quale gli HITC catalizzano la scena, con semplicità (prendete la “mescita” di Jack Daniels, durante “Raise Your Drinkin' Glass” … niente di particolarmente sorprendente, eppure “efficace”) ma anche con una giusta dose di magnetismo, pieno di citazioni (a Davide, Axl Rose deve piacere parecchio pure sotto il profilo delle movenze interpretative!) e tuttavia abbastanza intenso da rendere “credibile” il
progetto nella sua totalità, facendolo risultare coerente e attrezzato per la complicata competizione internazionale del settore.
Certo, in assoluto manca ancora
qualcosina, stasera ci sono state minime sbavature (non mi ha convinto del tutto, ad esempio, l’esecuzione di “On The Road”, una piccola
hit che meritava sorte migliore … ma l’impressione è che Davide avesse un problema tecnico con i suoi
in-ear monitors…) e un pizzico di brio e di carisma superiori sarebbero stati bene accolti, e tuttavia credo fermamente che sarà sufficiente ancora un po’ di “rodaggio” (e magari una platea più numerosa) per eliminare le modeste incertezze rilevate nell’occasione.
Tra tanta buona musica
originale, doverosa nota di cronaca per le due cover
inedite (“Another Saturday Night” è una spigliata rielaborazione di Sam Cooke / Cat Stevens, ma è inclusa nel disco) scelte per la serata: una buona versione di “Same Ol’ Situation” dei Motley Crue e un’adrenalinica rilettura della mitica “Pet Semetary” dei Ramones (un omaggio integrato dalla t-shirt indossata dal singer!), proposta con il contributo dello special-guest
Dregen (già in uno stato fisico
vagamente alterato, ma sempre lodevole nelle vesti di smaliziato rocker … molto meno in quelle di Dj …).
Il fascicolo ora può dirsi completo e il giudizio iniziale su una band
“… di grande valore, nella scia luminosa e insidiosa dei “cattivi” maestri di ieri, in grado di mettere in seria “difficoltà” anche i migliori discepoli nei nostri giorni …” (un’
autocitazione, che bello!) espresso in sede di recensione non può che essere ribadito con risolutezza.
Setlist:1. Natural Born Rockers
2. Another Saturday Night
3. Forbidden Fruit
4. Since You're Not Here
5. Rock Down This Place
6. Raise Your Drinkin' Glass
7. Never Turn My Back
8. On The Road
9. Daydream Boulevard
10. Don't Throw In The Towel
11. Same Ol’ Situation
12. Pet Semetary (featuring Dregen)
13. No Appreciation
Marco AimassoFoto a cura di Sergio Rapetti