Dopo l'ottimo show dei Peter Pan Speedrock, torno al Garage di Milano per un concerto che mai mi sarei aspettato passasse dall'Italia: Chip Hanna & The Berliner Three.
Un plauso, dunque, ad Hard Staff per una scelta coraggiosa, in parte svantaggiata dal giorno un po' sconsigliati per i concerti milanesi, la domenica sera.
Il Garage è la location ideale per uno show del genere, così come la band di apertura, i V8 Wankers, dalla Germania.
Con qualche ritardo sulla tabella di marcia, e soprattutto in attesa di un po' di pubblico, che non supererà comunque, ahimè, la sessantina di presenze, i cinque tedesconi ci sparano una buona mezzora di punkish rock'n'roll dalle tinte rockabilly, senza infamia e senza lode, ma estremamente godibili.
Stereotipati, banali, ma in fondo divertenti: un buon antipasto insomma.
Spetta quindi a Chip Hanna il compito di mattatore della serata, ruolo che riesce a ricoprire alla perfezione grazie ad un carisma più unico che raro, ad una presenza invidiabile e ad una band pressochè perfetta ed impeccabile.
Nonostante il nuovo album fresco di uscita, Chip Hanna sceglie di aprire le danze con i brani del primo album che già sono dei classiconi.
"Wouldn't change a thing" o "Hell to Pay", brani che spaziano dal country all'honky tonk, con una punta di bluegrass e quelle radici punk che emergono prepotemente in sede live rispetto al versione studio.
Il Berliner Three, che per chi non lo sapesse, altro non è che non una parte dei leggendari Mad Sin, e si rivela tanto perfetto nell'esecuzione quanto coinvolgente: Andy Laaf alla batteria a farla da padrona, su fraseggi inusitati nei quali dimostra una scioltezza e naturalezza unica, ma non da meno sono Tex Morton alla chitarra e Valle al contrabbasso
Spettacolare poi la performance di Tex quando abbandona la chitarra per i pezzi da suonare con la Lap Steel.
Chip Hanna si diverte e diverte, e condisce il tutto con una performance vocale ineccepibile e a tratti commovente, come nel finalone cowboy in cui vengono inanellate "Jesse James", "Gunfighter's Blood" e la cover conclusiva di "Cocaine Blues" di Johnny Cash.
Semplicemente grandioso, soprendente e coinvolgente. E' un peccato che, come spesso accade, a concerti di questo tipo, l'affluenza è sempre bassa, ma d'altronde l'apprezzare la musica senza confini e parocchi sappiamo bene che non è prerogativa degli autoctoni nazionali.
Assieme ai Volbeat di Poulsen, questo show di Chip Hanna va a piazzarsi nella top list dei migliori concerti visti da qualche anno a questa parte.
Non è ancora stato scritto nessun commento per questo concerto! Vuoi essere il primo?