Tutto è pronto e settato sul sia pur piccolo palco dello Spartaco, quando sale sul palco il primo dei 4 gruppi in scaletta, i
Following The Shade, (nati da ex membri di band della scena capitolina quali NoizGate, Defunctis, Chosen, Tothem, Chaoszero, Children Of The KoRn, Minerva), dal moderno sound metalcore per la gioia di tutti gli amanti dei Killswitch Engage su tutti, Bullet For My Valentine, As I Lay Dying, Trivium, Parkway Drive, Unearth e Caliban.
Senza dubbio al di là di quelli che possono essere i gusti musicali, i FTS son stati davvero bravi a scaldare l'ambiente, facendo avvicinare un bel po' di gente sotto il palco e dimostrando di saper gestire la materia da loro stessi plasmata, quel metalcore che ricalca appieno i classici stilemi del genere, i riff alternati, i cori melodici e le irruzioni di growl di Matteo, la cui voce è davvero spiazzante e completa e anche se emerge meglio e si fa preferire sulle parti sporche, è inevitabile che i suoi melodici, messi a confronto con i cori del chitarrista Alessio, facciano risultare superflui quelli di quest'ultimo, che invece risulta più convincente sui growl "suini" di "The lie behind your eyes".
Pezzi quali la tiratissima "Three Steps" e "Slippin' thru my hands" sono eseguiti senza nessun intoppo, con grande affiatamento sia nella sezione ritmica (grande la precisione e l'incisività di Adriano dietro le pelli) sia tra le due chitarre. Da segnalare la chicca dell'intro da loro usato, tratto dall'acclamatissimo film "300".
Come preannunciato l'ultimo live dei
Fomento al CSOA Spartaco di Roma ha davvero infiammato il pubblico presente che, a dispetto di quanto purtroppo avviene spesso durante i concerti delle band dell'underground capitolino, è stato più che partecipe per tutta la durata dello show, scandendo ogni colpo di cassa di Matteo B. e falciando l'aria densa di fumo con un headbanging feroce e contagioso.
La sinergia tra la band e gli astanti è subito accesa non appena Marco Krasinski dichiara "The Die is Cast" con voce incisiva, corposa e sporca, decretando l'inizio del concerto e la fine delle chiacchere. La band al completo si dimostra davvero in forma, la line up con un nuovo elemento alla chitarra ritmica, Fabrizio Damiani, (ex Rainspawn, ex-Chosen, Nemesis, Datura Stramomium), al suo debutto nella band, risulta affiatata e agguerrita, i riff taglienti di Manuel Minerva e Fabrizio arrivano a schiaffeggiare chi in quel momento si trovava per errore nell'altra sala a bere una birra.
Si procede con uno dei pezzi a mio avviso più coinvolgenti, pesante come un incudine che cade minacciosa nel vuoto, "Pandora's Box", che come suggeriscono le sue lyrics "Attack is always the best defence/Every breath you take you suffocate" non dà un attimo di tregua a nessuno e Marco si dimostra un trascinatore di folle. La scaletta continua con "Killfashion Core", l'inno anti-Emo che probabilmente verrà inserito nei programmi rieducativi di qualche Istituto di Recupero, passando per
"Faithless" fino a giungere al momento topico, quell'accenno a "Raining Blood" subito diventata "Menticide" che ha scatenato un pogo letteralmente trascinante, il momento in cui ho smesso di credere nella forza di gravità mentre attraversavo la sala senza toccare terra, un inaspettato deja-vu.
A chiudere questo concerto degno di nota "LiXXeth" (titolo mutato in "The End of Republic"): da far venire giù i muri. Quando un live in appena 25 minuti riesce ad essere "Straigh to your face" non ha bisogno di altri fronzoli. Solo Fomento, 100% Fomento Puro.
Il penultimo gruppo della serata sono gli
Aima, di cui spicca (anche fisicamente) la cantante, Sara Indrio, che per tutto il live ha saputo attirare l'attenzione anche sulla sua voce, nonostante gli shorts neri, coadiuvata dall'uso di effetti che la caratterizzano maggiormente, e nonostante i problemi tecnici emersi qua e là ha retto il palco con grande disinvoltura, e anche gli altri membri della band andando avanti nell'esibizione hanno acquistato sicurezza sempre crescente, suonando con scioltezza pezzi molto cadenzati e psichedelici con gli innesti di elettronica e dissonanze di Gnagnotech, chitarrista e addetto ai samplers, nonchè curatore delle registrazioni (Gnagnotech Studios, a cui si sono affidati anche i Following the Shade). Il carisma della front-women è emerso quando ha affermato ironicamente che quello era il "metal del Dimonio" ed il pubblico ha approvato con gaudio, come pendesse dalle sue labbra. Anche l'acustica era dalla parte del gruppo, cosa non di facile riuscita visti i suoni variegati della band e le distorsioni abissali e comunque oltre a quanto detto finora il punto di forza è stato il sexappeal delle pose plastiche della cantante.
Ed eccoci giunti alla band che chiuderà la serata allo Spartaco, i
Blind Horizon.Il gruppo per la serata si è esibito con un sostituto del batterista, Francesco dei Nerodia, il quale ha dimostrato estremo impegno e dedizione e nonostante avesse provato solo due volte con i Blind Horizon prima del concerto ha eseguito tutti i pezzi in maniera impeccabile, quindi la nostra lode va anche al suo contributo. Il chitarrista Luca Fois sembra aver finalmente trovato la pace una volta sul palco dopo un po' di tensioni per il dilungarsi dell'esibizione degli Aima e si è sfogato agitandosi come un furetto indiavolato che suona in una band ottimo progressive metal molto tecnico, mentre l'altra chitarrista, Ambra De Agostini, è un po' statica così come il bassista, Federico Ferranti, (bassista che avevo già apprezzato negli Ancestral Mirror), che per quanto a livello di tecnica faccia davvero paura toccando momenti di pura poesia manca di un qualcosa dal punto di vista dell'espressività. Alex DiClemente alla voce anche stavolta ha fatto il suo dovere, dimostrando ottimo dinamismo e versatilità. C'è da dire che il gruppo è stato un po' svantaggiato ad esibirsi per ultimo in quanto il pubblico era un po' calato, probabilmente spossato dall'impatto delle prime esibizioni.
Un live per tutti i gusti dunque, la serata si può dire perfettamente riuscita.
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