Cosa ti spinge a fare circa 400 km con un tempo da lupi e un freddo umido che ti entra nelle ossa?
No, malfidati lettori, non sono gli accrediti gratuiti.
E’ la forza del rock and roll. Perché, se hai la pazienza e la costanza di dargli tutto l’amore che puoi, lui ti ripaga sempre. E anche questa sera mi sono sentito amato, coccolato e strapazzato a dovere.
Ad introdurre la serata il ritrovato
Ginger Wildheart (Quireboys, Wildheart, Michael Monroe), che con la sua band propone un melodicissimo hard rock gigione e ruffiano, carico di energia e di ritornelli saltellanti. Una mezz’oretta piacevole, impreziosita da una corista con qualche chilo in più ma con un vestitino corto che lascia intravedere biancheria intima notevole e dalla finale
Crazy Horses (cover di un vecchio pezzo degli Osmonds datato 1972 e riproposta in lungo e in largo anche, tra gli altri, da Neal Morse) con la partecipazione di Todd Kerns e di Frank Sidoris come special guest.
Mentre passano i minuti durante il cambio palco, la memoria torna allo scorso anno (
qui il report), quando già mi ero accorto che il binomio Slash/Kennedy, dal vivo, non lascia sopravvissuti. Se ci aggiungiamo un Todd Kerns sempre perfetto e altri due figlioli (Frank Sidoris alla chitarra e Brent Fitz alla batteria) che di certo non sfigurano, capite come l’attesa possa essere frenetica, anche perché tutto intorno a me la fibrillazione della gente è palpabile.
Giù le luci e si parte con la nuova
Halo, utilissima a confermare che, soprattutto dal vivo, i nuovi pezzi sono davvero efficaci e godibili. Poi arriva
Nightrain e il palazzetto si infiamma definitivamente, grazie a un pubblico caldissimo dall’inizio alla fine, composto da gente di tutte le età, che sicuramente ha reso ancora più esaltante la serata supportando la band e accaparrandosi ogni biglietto disponibile. La tripletta presa dal meglio dello Slash solista
Ghost-Standing In The Sun-Back From Cali, intervallata da un piccolo richiamo Snakepit (vado a memoria e potrei anche perdere colpi, ma dovrebbe trattarsi di
Just Like Anything), ci portano a una nuova orgia di urla e saltellii con
Mr. Brownstone e
Rocket Queen (con un lungo assolo centrale), prima che la b-side
Carolina arrivi a raffreddare un po’ gli animi.
Not For Me ci consegna un Kennedy ancora una volta monumentale, anche se le successive
Doctor Alibi e
You’re Crazy mostrano le qualità vocali di Todd Kerns, che oltre a sparare cannonate con le sue quattro corde è in grado di dire la sua anche dietro il microfono. Con
No More Heroes e
Starlight Kennedy si riappropria del primato vocale, prima di un lungo assolo di Slash (anche questa sera in forma smagliante) in cui non può mancare la citazione al tema musicale del Padrino. Chiuso il capitolo assoli, è il momento della bellissima
Anastasia e del singolo
You’re A Lie, ma è con
Sweet Child O’ Mine che il pubblico, la sicurezza, le forze dell’ordine e gli addetti al pronto soccorso perdono ogni ritegno: tutti insieme a saltellare e a guardare verso il palco per un inno rock immortale, che a me personalmente è sempre stato un po’ sul groppone, ma che indubbiamente rappresenta qualcosa di importante per intere generazioni di rocker. Il primo saluto arriva dopo
Slither, mentre per i bis la band ripropone l’hard blues di
By The Sword e
Paradise City, altra song in grado di far tremare il teatro e scaldare i cuori. Ed è proprio durante l’esecuzione di questa che, contrariamente a quanto faccio di solito, raccolgo i miei averi e lascio Padova: il viaggio di ritorno è lungo, il nubifragio si sta sfogando con violenza erimanere imbottigliati nel parcheggio non è tra le mie priorità. Per cui, se dopo Paradise City fosse successa qualsiasi cosa (l’arrivo di Axl sul palco, l’esecuzione integrale dei due Use Your Illusion, la reunion dei Velvet Revolver o qualsiasi altra cosa) vi prego di non dirmi mai assolutamente nulla.
Un concerto perfetto sotto tutti i punti di vista: tecnico, artistico, emozionale, in grado di far desiderare un’ennesima presenza alla prossima calata italica del riccioluto chitarrista. Certo, è mancata qualche chicca in scaletta, perché guardando il materiale suonato nel tour europeo giunto ieri alla conclusione si possono trovare cose come
Been There Lately, Civil War, Welcome To The Jungle, Fall To Pieces e
Outta Get Me, ma in fondo non ci si può lamentare e non si può avere sempre tutto.
Due paroline sulla location ci stanno sempre bene: il Gran Teatro Geox di Padova mi è parso accogliente, ben construito e in grado di ospitare eventi internazionali. Certo, quando la pioggia si è fatta insistente, goccioloni inquietanti cadevano senza sosta penetrando nella copertura, ma facciamo finta di nulla, sperando che il problema venga presto risolto e non sia causa di danni alla struttura. Suoni decisamente buoni, anche se avrei tirato su di una tacca il volume di Slash. Nel complesso, comunque, situazione ampiamente sufficiente e confortevole. Siccome sono previsti molti appuntamenti in questa location, sappiate che ne potrebbe valere la pena, anche se non siete proprio dietro l’angolo.
Chiudo con un doveroso ringraziamento speciale a Live Nation per la consueta disponibilità.
Setlist:
Halo
Nightrain
Ghost
Standing In The Sun
Back From Cali
Just Like Anything
Mr. Brownstone
Rocket Queen
Carolina
Not For Me
Doctor Alibi
You’re Crazy
No More Heroes
Starlight
Guitar Solo
Anastasia
You’re A Lie
Sweet Child O’ Mine
Slither
By The Sword
Paradise City