I
Kamelot sono una delle bands più amate dagli italiani…metallari. La conferma ce l’ho, quando arrivo sotto la pioggia alle sette di sera e dei ragazzi mi dicono di essere lì dalle otto del mattino, per nulla stanchi, ma entusiasti per essere riusciti a passare del tempo a tu per tu con i membri della band, intercettati durante la giornata. Per essere un martedì le cinquecento persone, ad occhio e croce, presenti sono un buon risultato.
Ad aprire la serata troviamo i canadesi Blackguard, i norvegesi Triosphere ed i tedeschi Xandria; i primi sono due buoni gruppi, anche se, personalmente, non li ho trovati particolarmente incisivi. I terzi sono apparsi i più deboli, con brani scontati, simili a quelli di molte altre epic bands con voce femminile.
Arrivano i tanto attesi
Kamelot e cominciano i problemi con i suoni, che, fra alti e bassi, continueranno per tutta la serata, appiattendo notevolmente strumenti e voce e cancellando gran parte di quelle intense aperture romantiche e ricche di pathos che tanto ci emozionano. Si parte da un tappeto sono indistinto e via via i diversi componenti diventano udibili. Il motivo di questa difficoltà del fonico mi è ignoto, dato che gli spettacoli iniziali non ne hanno sofferto. Occhi puntati su Tommy Karevik, a cui spetta il compito impegnativo di sostituire il tanto amato Roy Khan. Tommy se la cava egregiamente; ha una voce molto bella e la scaletta, si capisce, è stata fatta ad hoc per far risaltare le sue doti vocali, attualmente superiori a quelle dell’ultimo Khan. Anche la presenza scenica c’è: visibilmente emozionato dall’immediato, caloroso, responso del pubblico, non si risparmia e mostra di saper essere un vero frontman. Non ha ancora una personalità ben definita e cerca di uniformarsi al suo predecessore, sia nell’aspetto che nel modo di impostare la voce e di tenere il palco. Questo costituisce un difetto che per ora si può accettare ma, andando avanti, andrà eliminato. Khan aveva le sue particolarità su cui puntare; Karevik ne ha delle altre che potrebbero renderlo grande per ciò che è, anziché una sbiadita imitazione. Tanti i momenti in cui i presenti hanno cantato con lui, a partire dalla classica Forever. I musicisti sono quelli di sempre: impeccabili sia tecnicamente che visivamente; interagiscono con i fan e si lasciano andare a ben due inutili assoli, basso, batteria, ed uno di tastiera, da me più apprezzato per le sue influenze chopeniane. Da segnalare anche il duetto di Palotai e Grillo sul tema de I Pirati dei Caraibi. Quattro i pezzi estratti dall’ultimo Silverthorn, mentre gli altri sono stati presi dagli album da Karma in poi. Lascia perplessi la scelta della ex singer degli Amaranthe Elize Ryd per rimpiazzare la bravissima Simone Simons. La Ryd è tanto fisicamente attraente quanto mediocre dal punto di vista vocale e stasera, complice il problema con i suoni, la sua unica funzione riscontrabile è quella di ragazza immagine; un pezzo in meno nella musica della band, la cui mancanza si fa sentire. Personalmente, ho trovato piuttosto kitsch l’aspetto visivo dello spettacolo. Elize Ryd prima vestita come una sorta di cubista con maschera veneziana, poi con un mantello bianco, con tanto di pelliccia sul cappuccio, stile Biancaneve. In ultimo con un lungo e gotico vestito nero, mentre duetta con Karevik con sguardi e movenze tipo Jack e Rose del film Titanic. Ciliegina sulla torta: l’apparizione di due percussionisti celati dalle consuete maschere veneziane, entrambi con un bel paio di ali d’angelo nere. Un po’ tutto lo spettacolo mi ha dato l’idea dell’artificioso ma, in fondo, questo carattere un pochino impostato e barocco è proprio anche delle loro ultime produzioni. Il pubblico gradisce; la Ryd miete i consensi della parte maschile e Karevik di quella femminile.
Un’ora e mezza stiracchiata mi è sembrata un po’ poco ma pazienza. Tripudio, applausi. Alla prossima!
Dedico questa recensione a Chiara, una giovanissima al suo primo concerto, emozionata per essere al cospetto della sua band preferita. Stay metal e che la Gloria sia con te! SetlistRule the World
Ghost Opera
The Great Pandemonium
Veritas
Center of the Universe
The Human Stain
Song for Jolee
Drum Solo
When the Lights are Down
Sacrimony (Angel of Afterlife)
Season's End
Keyboard Solo
Forever
Encores:Bass Solo
Karma
Torn
March of Mephisto