13 anni fa: un giovane Andrea scopriva il metal con due dischi, “X Factor” degli Iron Maiden e “King of the Nordic Twilight” progetto solista dello sconosciuto, almeno per me al tempo, Luca Turilli. Un tipo di musica completamente nuovo per me che ero così abituato al pop radiofonico, un genere che sconvolse a suo modo la mia vita.
Oggi: sono seduto in una stanza con di fronte Luca Turilli, pronto a fargli delle domande mie e ad ascoltare le sue risposte. E tra qualche ora lo vedrò sul palco suonare qualcuna di quelle canzoni che 13 anni fa fecero partire il mio percorso musicale.
Emozione, emozione pura, un'emozione che solo la musica può regalare.
Ma andiamo con ordine: dopo le già citate interviste con Luca Turilli e con i Freedom Call (inciso, i ragazzi sono davvero “happy”, grandiosi) io e il prode compagno di avventure Alex “Slope” Quero ci avventuriamo per un Live Club ancora chiuso, in attesa che la musica cominci a imperversare nelle nostre orecchie.
Dopo una mezz’ora di attesa, nel frattempo le porte del Live si erano aperte, ecco spuntare sul palco i da me tanto attesi
Vexillum, autori di quello che ad ora è personalmente uno dei top album del 2012, “The Bivouac”.
I Vexillum, per chi non avesse avuto l’occasione di leggere la recensione o di ascoltare il disco, sono fautori di un power metal “antico”, ricchissimo di tinte folk che ad un ascolto reiterato mi hanno portato indietro di una quindicina buona di anni. Il tutto su tematiche moderne ma ispirate al passato, in un intelligentissimo connubio di vecchio e nuovo.
La curiosità di vederli dal vivo era quindi grande e le mie attese sono state solo parzialmente deluse da suoni decisamente penalizzanti, che non hanno permesso alla band di esprimersi in tutto il proprio indiscusso valore. I Vexillum però ce l’hanno messa tutta per sopperire ai difetti di resa sonora e hanno offerto una prestazione di valore assoluto, sia dal punto di vista musicale sia da quello di tenuta del palco. Da sottolineare in particolare la prova dietro al microfono di
Dario Vallesi, ancora più impressionante dal vivo che su album. Se qualcuno aveva delle riserve sul suo conto, sono state spazzate via in 20 secondi.
Ottima anche la scaletta, limitata ahimè a soli 5 brani, ma tutti eseguiti in maniera grandiosa: si parte con una doppietta proveniente dal nuovo album “The Bivouac”, esattamente nell’ordine in cui le possiamo trovare sull’album, ovvero l’iniziale “
The Wanderer’s Note” e la successiva “
Dethrone the Tyrant”. A seguire una canzone proveniente dal primo album della band, “
Avalon”, per poi concludere con le mie due canzoni preferite della band (manco a farlo apposta) ovvero la bellissima e kamelottiana “
Megiddo” e “
Marketsquare of Dooly”, forse la canzone più rappresentativa della musicalità espressa dal gruppo italiano.
Concerto d’apertura ottimo per scaldare gli animi insomma, un po’ penalizzato dai suoni ma che ha mostrato una band dal potenziale davvero importante.
Setlist:- The Wanderer’s Note
- Dethrone the Tyrant
- Avalon
- Megiddo
- The Marketsquare of DoolyTempo di sbaraccare il palco dai vessilli dei Vexillum (scusate l’infelice gioco di parole) ed ecco un’altra band che ho avuto il piacere di apprezzare di recente su disco, gli
Orden Ogan. Pronti via ed ecco che i suoni penalizzanti del primo concerto si trasformano in positivo e possiamo apprezzare da subito la strepitosa resa sonora dei tedeschi: quando pestano sugli strumenti, gli Orden Ogan sono DEVASTANTI. Non che nel resto delle canzoni siano deficitari, chiariamoci, ma quando decidono che è il momento di accelerare e di picchiare duro, siamo di fronte a una band strepitosa.
Se per loro i suoni sono ottimali, così non possiamo dire del vocalist
“Seeb” Levermann: conscio delle sue qualità vocali, fin da subito mi sono stupito di una resa davvero povera dal punto di vista canoro. Stavo già per farmi prendere dalla delusione, quando una scaletta ridotta e due sue parole a riguardo mi hanno fatto capire che c’era qualcosa che non andava dal punto di vista della salute. “Seeb” per stavolta te la cavi così, al prossimo giro ti voglio in formissima!
C’è da dire che il poco “sentito” dietro il microfono ha fatto il paio con il moltissimo sentito a livello chitarristico: come su disco, lui e
Tobi Kersting sono due autentici fenomeni, capaci di sciorinare riffoni pesantissimi e intricati senza battere ciglio.
Per quanto riguarda la scaletta ridotta, rimane comunque decisamente orientata alla promozione del nuovo disco: s’inizia come già detto fortissimo con l’antemica “
Land of the Dead” e si prosegue con la canzone più celebre del gruppo, quella “
We are Pirates” dai chiari richiami ai maestri Running Wild che fa cantare tutto il pubblico del Live, anche quelli che magari non conoscevano la canzone. Detto che gli Orden Ogan sono devastanti a ritmi elevati, con le successiva “
The Things we Believe In” e “
Masks” dimostrano di saperci fare anche quando le cose si calmano, ma è con la successiva “
To The End” e soprattutto con la conclusiva “
Angels War” che i tedeschi tornano a fare sul serio e a far saltare tutto il pubblico di Trezzo, ormai caldo e sempre più numeroso (anche se c’è da dire che mi aspettavo molta, molta più gente).
Dopo una mezzoretta il concerto degli Orden Ogan purtroppo termina, Seeb ci saluta e decisamente soddisfatti ci prepariamo all’happy metal dei Freedom Call!
Setlist:- Land of the Dead
- We Are Pirates
- The Things We Believe In
- Masks
- To the End
- Angels WarFreedom Call che dimostrano fin da subito (ma già ce n’eravamo accorti in fase d’intervista) di essere in formissima sotto ogni punto di vista e il pubblico di Trezzo dimostra fin da prima del loro arrivo di attenderli con estrema ansia, tributandogli numerosi cori nei venti minuti che passano per il cambio di palco.
Ed ecco che
Chris Bay e compagni, i padroni incontrastati dell’happy metal assieme ai Gamma Ray, fanno il loro ingresso sul palco e da quel momento è una festa TOTALE, sia dal punto di vista musicale sia da quello dell’intrattenimento, grazie ad un vocalist istrionico e assoluto padrone del gioco: ottimo cantante, si muove sul palco come un bambino, interagisce continuamente col pubblico e con gli altri membri della band, discorre in italiano appena possibile (la ex fidanzata genovese aiuta) e coinvolge tutti, ma proprio tutti, anche coloro i quali (come il sottoscritto) non erano inizialmente così interessanti alla loro performance. E invece..
Scaletta molto varia ma non lunghissima, che spazia un po’ in tutta la discografia della band tedesca: si parte fortissimo con il vero e proprio inno “
Freedom Call”, che carica a mille il pubblico e inizia a trascinarlo nello show vero e proprio, che continua con “
The Eyes of the World” da “Eternity” e con “
Rockstars”, da “Land of the Crimson Dawn”, disco dal quale viene estratta anche la canzone in assoluto più cantata al Live Club, “
Power & Glory”, osannata anche grazie all’aiuto di un Chris Bay davvero in serata di grazia. Altra canzone che ha scaldato parecchio gli animi e le ugole dei presenti è stata “
Warriors”, sempre da “Eternity”, grazie a un ritmo incalzante e un ritornello estremamente catchy, caratteristica peraltro comune ad ogni pezzo dei Freedom Call.
La serata prosegue quindi alla grandissima e tutto il pubblico del Live Club di Trezzo è quindi in febbrile attesa per l’headliner della serata.
Setlist:- Freedom Call
- The Eyes of the World
- Rockstars
- Tears of Babylon
- The Quest
- Power & Glory
- Warriors
- Land of LightE venne il giorno. O meglio, la notte. Dopo la solita pausa per il cambio palco, ecco che tutte le luci del Live Club di Trezzo si spengono e sul telo bianco approntato dietro al palco partono le prime immagini del video di “presentazione” dei
Luca Turilli’s Rhapsody e del loro Cinematic Tour. Il video è intrigante ed è accompagnato da ”
Quantum X”, prima traccia del nuovo album della band, “Ascending to Infinity”. Scorrono le immagini futuristiche e ci vengono presentati i membri della band, alias gli attori di questo grande spettacolo. D’altronde Luca ce l’aveva detto in fase di intervista: vi stupiremo con effetti speciali. E gli “effetti speciali” si sono protratti lungo tutta la durata del concerto, tra ballerine con scintillanti ali di farfalla e i numerosi video di accompagnamento alle canzoni.
E terminati gli effetti speciali ecco che i membri dei LT’s Rhapsody fanno finalmente la loro comparsa sul palco, fatta eccezione per il chitarrista Dominique Leurquin, che come i più attenti di voi sapranno è stato sottoposto a un delicato intervento chirurgico alla mano e non farà parte del tour. La sua presenza è quindi “sostituita” da tracce pre-registrate, ma con tutto l’ambaradan di luci, suoni e colori che invadono il palco onestamente non si avverte questa mancanza.
La partenza è subito in quarta con una delle canzoni di quello che è considerato il miglior album dei Rhapsody of Fire, ovvero quel “Symphony of Enchanted Lands” che nel lontano 1998 portò alla prima ribalta internazionale il gruppo friulano. La canzone scelta è “
Riding the Winds of Eternity” e fin da subito possiamo apprezzare il vero, nuovo punto di forza di questa nuova reincarnazione dei Rhapsody, ovvero
Alessandro Conti: Alle è un cantante fenomenale, pazzesco, capace di cantare davvero qualsiasi cosa (e ne avremo un’ulteriore riprova più avanti) e dimostra immediatamente di padroneggiare alla grandissima le canzoni lasciategli in eredità da Fabio Lione. Inoltre la sua presenza scenica è senza dubbio migliore di quella del suo predecessore, sia per la mobilità sul palco sia, soprattutto, per l’innata capacità di intrattenere il pubblico e di interagire con lui, grazie alla simpatia e alla battuta sempre pronta, oltre che ad un carisma fuori dal comune.
Qui lo dico e qui non lo nego: Alessandro Conti è al momento attuale il miglior cantante metal del mondo, senza se e senza ma, con buona pace di tutti gli altri.
Detto questo, i suoi compagni d’armi non sono da meno: data per scontata l’abilità chitarristica di Luca e la sua presenza fondamentale sul palco, non vanno dimenticati
Patrice Guers e il nuovo
Alex Landenburg, entrambi autori di prove eccellenti, sottolineate e cesellate da due assoli che per qualche minuto hanno tenuto tutto il pubblico del Live Club incollato a terra e con le orecchie ben tese. In tutto questo clamore avevo quasi dimenticato che anche il bravissimo
Mikko Harkin, ex Sonata Arctica, avrebbe condiviso il palco con loro.
Dopo l’iniziale richiamo al passato, il concerto continua con due canzoni provenienti dal nuovo album, “
Clash of the Titans” e soprattutto la SPLENDIDA “
Tormento e Passione”, che dal vivo si conferma come una delle migliori canzoni mai scritte da Turilli, grazie a un’interpretazione favolosa da parte di Alessandro e ad un supporto altrettanto fantastico di
Sassy Bernert, compagna di Alle sul palco e ottima interprete di diversi pezzi durante la serata. Su “Tormento e Passione” però i due sfoderano senza dubbio la miglior prestazione della serata.
A testimonianza delle frasi di Luca riguardo l’inclusione di pezzi provenienti dalla sua discografia solista, ecco arrivare “
Demonheart”, seguita da “
The Village of Dwarves” (dal terzo album “Dawn of Victory” e da “
Excalibur”, direttamente dal nuovo album e preceduta da un simpatico siparietto in cui Alle cita il buon Paolo Villaggio in una celeberrima scena di “Superfantozzi”, nella quale il poveretto non riesce a pronunciare il nome della celebre spada e si becca il classico “imbecille” da lassù. Chapeau.
Dopo il già citato assolo di batteria viene finalmente toccato il primo album dei Rhapsody, “Legendary Tales”, grazie a “
Forest of Unicorn”, alla quale fa seguito una doppietta proveniente dal già citato “King of the Nordic Twilight”, doppietta che provoca nel sottoscritto una ridda di emozioni da far letteralmente accapponare la pelle: prima “
Warrior’s Pride”, con la sua incredibile e inenarrabile epicità squarcia il Live Club come una lama sottile, poi “
The Ancient Forest of Elves” (che anche Alle cita come una delle sue canzoni preferite) invade il locale ed è delirio, cori cantati a squarciagola, lacrime, gioia incontenibile.
Seguono quindi “
Of Michael the Archancel and Lucifer’s Fall”, non nella sua totalità, e “Flames of Revenge”, ancora proveniente dal primo disco della band, salvo poi toccare anche uno degli ultimi 3 dischi prima dello split, “Triumph or Agony”, grazie alla performance di “
Son of Pain”, che fa seguito al già citato assolo di basso di Patrice Guers. “
Dawn of Victory” ha invece il compito di chiudere la prima parte del concerto, precedendo il più classico degli encore.
DARK MANTIS!
DARK FATE OF ATLANTIS! Poteva forse mancare il coretto più in voga di “Ascending to Infinity”? Ma certo che no! Ed ecco che i Nostri ce lo offrono su piatto d’argento, condito dal video ufficiale proiettato dietro al palco. E a seguire la canzone sicuramente più attesa da tutto il pubblico del Live Club, cantata a squarciagola dalla prima all’ultima nota, vero pezzo forte della discografia dei friulani: “
Emerald Sword” riecheggia tra le 4 mura e vorrebbe abbatterle, tanta è la grinta che la band e il pubblico riversano nella sua esecuzione. Altri brividi, altre lacrime, altra gioia incontenibile.
Siamo quasi alla fine, secondo encore e al rientro risuonano le note di “
Ira Tenax”, in assoluto la prima canzone presentata al grande pubblico da parte dei Rhapsody, 15 lontanissimi anni fa, a cui fa seguito un’altra canzone da “Legendary Tales”, la canzone del protagonista della Emerald Sword Saga, l’ormai celebre “
Warrior of Ice” che ha il compito di chiudere il sipario su uno spettacolo magniloquente, grandioso, che celebra i Luca Turilli’s Rhapsody nel modo migliore possibile.
Setlist:- Quantum X
- Riding the Winds of Eternity
- Clash of the Titans
- Tormento e Passione
- Demonheart
- The Village of Dwarves
- Excalibur
- Alex Landenburg’s Drum Solo
- Forest of Unicorn
- Warrior’s Pride
- The Ancient Forest of Elves
- Of Michael the Archangel and Lucifer’s Fall
- Fmales of Revenge
- Son of Pain
- Dawn of Victory
- Dark Fate of Atlantis
- Emerald Sword
- Ira Tenax
- Warrior of IceSi conclude così una delle esperienze concertistiche migliori della mia vita: 4 band superlative, autrici di spettacoli unici e emozionanti, ognuno a modo suo. Con l'augurio speciale ai nuovi Rhapsody, perchè possano prosperare e scrivere ancora tante pagine di storia della musica: se lo meritano.
Colgo l'occasione per ringraziare Live Nation per la disponibilità e Alessandro "Slope" Quero per la compagnia.
Servizio fotografico a cura di Francesca Vantellini per Metal.itQuoth the Raven, Nevermore..