Heavy birthday to you…Dieci anni di proselitismo e di divulgazione del verbo metallico meritano sicuramente un premio, ed i colleghi e
cugini di
Heavy Metal.it hanno deciso di festeggiare l’avvenimento con un festival, dove il pezzo forte è sicuramente rappresentato dagli headliners, il riuscitissimo progetto
Italy’s Got Voices, ma non vanno assolutamente sottovalutate le quattro formazioni che nell’attesa hanno calcato le assi del sempre confortevole Rock ‘N Roll Arena di Romagnano Sesia.
Dopo l’introduzione da parte dello speaker d’eccezione Carlos Cantatore (ma personalmente lo preferisco dietro al drumkit), al quale è stato assegnato l’incarico di condurre la serata e di omaggiare i presenti di CD e gadget assortiti negli intervalli delle varie esibizioni, i primi a salire sul palco sono i torinesi
Sound Storm.
Reduci da un recente tour attraverso l’Europa, i Sound Storm arrivano quindi già rodati sotto l’aspetto live e con ben due album alle spalle, “Twilight Opera” e “Immortalia”, hanno già un discreto repertorio, imperniato sul power/simphonic metal, cui attingere, come ad esempio la conclusiva “Torquemada” o “Blood of Maiden” proposte nell'occasione e che riscuotono i consensi dei presenti.
Li seguono a ruota i
Bejelit, anche loro con una più che discreta esperienza live, su tutte le date di supporto ai Rhapsody of Fire, in possesso di un sound diretto ed immediato e di un ottimo frontman quale Fabio Privitera, riescono a fare breccia tra il pubblico grazie ad un’efficace “Emerge” e sopratutto con la danzante “Dancerous”, provando anche a spacciare “We Got The Tragedy” come una ballad. Ennesima conferma del loro potenziale.
Altra breve pausa e a salire sul palco sono i veterani (l’esordio “Heir of Power” risale al 1999)
Highlord che snocciolano il loro Power articolato, che con gli anni si è via via fatto sempre più elegante mantenendo elevati standard di qualità. Come la loro performance, con il cantante Andrea "Andy" Marchisio in gran spolvero e lo conferma su “The Scream”, uno degli estratti della loro più recente release “The Death of the Artists”, in attesa dell’imminente uscita del nuovo lavoro “The Warning After”.
Tocca infine agli
Elvenking, alla loro prima data live dopo l’uscita del nuovo album “Era”, dal quale fanno ben presto capolino ed in rapida successione "I Am Monster" e “The Closer”, e soprattutto senza rinunciare ad uno sguardo al proprio passato, ed ecco così che recuperano “Pagan Purity” dal loro esordio, ma anche “Trow's Kind” da “The Winter Wake”.
Un set ridotto, ma dato che in questi giorni sta per partire il loro tour da headliner, in compagna di Secret Sphere e Teodasia, si potrà
rimediare agevolmente.
Sergio RapettiItaly’s Got Voices, davvero una “bella storia”.
Inutile nasconderlo … nonostante la reputazione e le capacità delle valenti
bands (tutte artefici di un’ottima prova, con menzione particolare per Bejelit ed Elvenking …) presenti nel
bill di questa bellissima festa di compleanno del portale Heavy-Metal.it, l’attesa principale del sottoscritto era riservata a questo “singolare” evento (che, in realtà, aveva già avuto un precedente nel maggio di quest’anno).
Chi ha qualche stagione di “militanza” metallica sulle spalle e quindi conosce un po’ l’atavica invidia che contraddistingueva (e, in parte, ahimè, ancora contraddistingue …) la scena italiana, non può che sorprendersi positivamente per un’impresa oggettivamente ardua: portare ad esibirsi sullo stesso palco tre dei migliori cantanti italiani (ma la distinzione nazionalistica è puramente didascalica …) del genere e vederli impegnati al massimo per divertire e divertirsi, senza troppe fisime e rivalità (beh, magari appena un pizzico di congenita e “sana” competizione rimane, anche se Tiranti afferma per l’appunto
“… nessuna sfida, qui siamo tutti sullo stesso livello, e ci divertiamo …”).
Ebbene, il risultato di tale impegnativa iniziativa è semplicemente eccezionale, con
Fabio Lione,
Roberto Tiranti e
Morby, pronti a confermare il loro ruolo di
vocalists extraordinaires a tutti gli “invitati” di questo anniversario, supportati da una formazione altrettanto strepitosa che ha in Olaf Thorsen il capitano di una squadra (Alessio Lucatti, Alessandro Lotta e Alessandro Bissa) affiatata e dirompente, capace anch’essa, se ancora qualcuno avesse qualche dubbio, di sbriciolare quell’antico
gap (vero o presunto …) tra i protagonisti nostrani del settore e i loro colleghi stranieri.
Da quando le celebri note della romanza “Nessun dorma” si diffondono nella sala della Rock ‘N Roll Arena e il sipario del suo palco si schiude rivelando i tre in versione “Domingo, Carreras e Pavarotti” (e lascio a voi le eventuali attribuzioni di singole “similitudini”…), una sorta di cappa magica e disinvolta ha avvolto il pubblico … prima meravigliato da una celebrazione del nostro patrimonio operistico tanto credibile e “naturale” e poi
stordito da una massiccia e provvidenziale cura a base di Labyrinth, Domine, Rhapsody e Vision Divine, senza dimenticare, con mio grande giubilo, Vanexa e Sabotage, per un quadro abbastanza esaustivo ed efficace della brillante carriera di questi “Signori” della fonazione modulata.
A questo punto, anch’io non voglio cadere nel tranello di una descrizione della
performance come fosse la cronaca di una “gara”, anche perché francamente impossibile … come si fa a dire se sia stato meglio Tiranti in una splendida versione di “In the shade”, un impeccabile Morby nell’arcigna “Thunderstorm” o un ispirato Lione nella classica “Emerald sword”? O ancora se siano più coinvolgenti le interpretazioni enfatiche di Fabio in “Lamento eroico”, “Send me an angel” e “Dawn of victory”, i registri emozionanti di Roberto in “Chapter 1” e “Moonlight” o quelli terremotanti di Adolfo Morviducci in “Dragonlord” e “Hurricane master” (spero di non aver sbagliato qualche citazione … i miei appunti, nella concitazione dell’evento sono praticamente illeggibili, e la memoria è quella che è …)? O, infine, se i momenti migliori siano stati quelli “corali”, come accade nel finale di “Moonlight” e “Dawn of victory” e nelle
cover di chiusura (presentate da Thorsen come “
… i nostri pezzi da fans …”) di “Highway star”, “I want it all” e “Holy diver”, tre situazioni altamente coinvolgenti e godibili (con qualche simpatica dimenticanza dei testi …)? Effettuare delle scelte è davvero un’operazione irrealizzabile, oltreché superflua.
Forse, in assoluto, come ho già anticipato, una minima preferenza, questo “vecchio cuoricino”, l’ha riservata a “In the shadow of the cross” e “Victim of the world”, doveroso tributo a due memorabili interpreti del metallo tricolore, ma si tratta veramente di un
bonus vagamente “nostalgico” ad una prestazione globale pressoché irreprensibile.
Complimenti conclusivi unanimi, dunque, … per gli organizzatori, per lo
staff della Rock ‘N Roll Arena, per i gruppi al gran completo … le cose “difficili” sono poi quelle che quando riescono danno le maggiori soddisfazioni e chi ha accortamente scelto di “esserci” ha di sicuro condiviso con tutti loro i benefici di tale trionfante fatica … ah, quasi dimenticavo … un unico piccolo rammarico … la mancanza della torta con le candeline …
Marco Aimasso
Foto di Sergio Rapetti