Serata iniziata in modo strano.
L’Orion viene descritto, cito dal sito, “un ambiente che sintetizza tutte le particolarità dei più grandi locali europei, uno spazio retrò-futurista caratterizzato da un light design esclusivo”. Arrivo, percorro una stradina in mezzo ai vigneti della provincia romana, e mi ritrovo davanti a quello che sembra un ristorante, con lampioni a palla, bandierine, tavolini e sedie da cortile e palme. Per capire che si tratta di un live club devo entrare nel locale, allora mi ritrovo in una sala dipinta di nero, concepita come un anfiteatro: le varie gradinate semicircolari sono illuminate da led blu ed il palco è grande. L’acustica, scoprirò dopo, è, almeno in questa occasione, perfetta, nonostante diversi problemi tecnici.
Il servizio di sicurezza si guarda intorno e fa commenti come se fosse il primo concerto metal che vede. Gli sembriamo palesemente strani.
Se nel concerto di Milano avevo visto una certa quantità di ragazzi giovani, oggi riesco a contare una esigua manciata di trentenni in mezzo ad una folla di adolescenti e giovani universitari. Dopo tutto i nuovi
Anathema sono dei ragazzi dall’aspetto carino, rock ma non eccessivo e la musica è indubbiamente orecchiabile. D’altro canto, questo ricambio generazionale garantirà alla band un pubblico anche per il futuro, ma che fine hanno fatto i fan storici, quelli che seguono la band dal primo album?
Non conosco la band di apertura, gli
Arctic Plateau, anche se mi risulta siano attivi dal 2006 ed abbiano già registrato tre album; lo stile sembra riconducibile al dream pop e allo shoegaze, con brani brevi come pennellate di colore, malinconici ed autunnali. Personalmente non mi impressionano granché, complice la chitarra attaccata al computer con Amplitube e gli evidenti problemi di microfono, che hanno reso la voce un sussurro. Ci saranno venti persone a guardarli e, tranne che per gli amici, per gli altri scivolano via senza lasciare traccia.
Un concerto degli
Anathema è sempre un’esperienza. Ha un che di spirituale l’intensità che riesce a raggiungere. Alla faccia dell’aplomb british i fratelli Cavanagh riescono a creare una unione totale con il pubblico, fatta di sorrisi, chiacchierate dall’aspetto sincero e non impostato (fateci caso: quando parlano con il pubblico, scandiscono sempre perfettamente le parole per farsi capire) e abbandono alla propria musica, che viene vissuta ed interpretata, non solo suonata e cantata. Si comincia con le meravigliose Untouchable Part 1 e 2, come nel concerto di Aprile a Milano; scelta paracula, perché sono pezzi che immediatamente emozionano e catturano. Anche la scaletta è la stessa, tranne per due brani: restano fuori Panic e Shroud of False per Empty e Orion, cover dei Metallica. Anche stavolta si arriva a due ore di concerto e la band non accenna a voler smettere, incitata dai fan a continuare. Ad un certo punto gli viene fatto cenno di chiudere (attualmente anche a Roma vigono le nuove regole sugli orari dei concerti), ma si vede che cercano di tirare per le lunghe il più possibile. Anche gli Anathema hanno risentito dei problemi tecnici che hanno afflitto la serata: il batterista è andato fuori tempo per metà concerto, suppongo per problemi di monitor e Daniel ha ripetutamente steccato con la chitarra; nell’esibizione milanese entrambi non avevano avuto problemi. Lee Douglas continua a lasciarmi perplessa: ha una voce calda e bellissima, che arricchisce i pezzi su cui canta, ma continua a non sembrare così fondamentale da diventare un membro fisso. Il modo in cui si presenta poi è veramente sciatto e anonimo (probabilmente sarà davvero timida, come affettuosamente dicevano ai fan gli altri della band). Vincent è sempre strepitoso: una delle più belle voci in circolazione ed una presenza scenica assolutamente magnetica. Che gli Anathema sappiano come fidelizzare il pubblico si vede anche nel dopo concerto. Stavolta è proprio Vincent a mettersi dietro lo stand del merchandising e, naturalmente, se prima del concerto avevano venduto cinque magliette, ora ne avranno vendute cinquanta, più i dischi e cd, che vengono autografati sul momento. Foto e abbracci con lui e agli altri due fratelli che, a turno escono fuori per i fans. Due curiosità: a Daniel proprio non piace che li si riprenda con i cellulari, finendo inevitabilmente per guardare tutto lo spettacolo tramite un "filtro", e se ne lamenta sia questa sera che, mi dicono, anche la sera dopo a Torino. Nel mezzo del concerto Vincent e Daniel hanno detto di avere l’intenzione di registrare qualcosa di inedito proprio in Italia, paese che amano particolarmente.
Setlist:
Untouchable, part. 1
Untouchable, part. 2
Thin Air
Dreaming Light
Everything
Deep
Emotional Winter
Wings of God
A Simple Mistake
Lightning Song
The Storm Before the Calm
The Beginning and the End
Universal
Closer
A Natural Disaster
Flying
Encore:
Internal Landscapes
Empty
Orion
Fragile Dreams