Quando mi ero ritrovato per le mani il primo album solista di
Steve Harris, avevo grandi aspettative, i successivi ascolti mi hanno invece spinto a pensare:
perchè... perchè... a che pro?
Ora lo so.
A riavvicinare Steve Harris alla natura più umana di un musicista, quella che ormai gli è preclusa con gli Iron Maiden, ma che ora in questo tour con i British Lion ha sicuramente ritrovato.
Eccolo così suonare sul palco di un Live Club non particolarmente affollato, dove il carismatico bassista si presentato
carico a mille e disposto a concedersi ai fans sia durante il concerto che al termine dello stesso.
Sergio RapettiDopo una giornata lavorativa convulsa, sedute odontoiatriche con l’occhio fisso all’orologio, indicazioni “fantasiose” del navigatore e piccole delusioni per la mancata concessione di un
pass-photo (Ermo non l’ha presa benissimo …), riusciamo ad arrivare in perfetto orario al Live Club di Trezzo sull'Adda (che, a proposito, si conferma un’ottima
location!) per assistere alla data lombarda del British Lion on Tour 2013, evento a supporto del (controverso) progetto “solista” di Steve Harris.
Gruppo “d’apertura”: gli
Zico Chain, … chiii? Gli Zico Chain, no … e che diamine! Ero convinto (illuso!) di avere una “certa” conoscenza della scena
rock contemporanea, ma francamente il trio londinese non lo avevo mai nemmeno sentito nominare … poco male, è sempre bello fare la conoscenza con una
band che qualcuno, come apprendo da taluni commenti “rubati” tra gli astanti, ha definito “gente che spacca” (che siano stati influenzati dalla nota pubblicità di sottilette … protagonista una spassosa “nonnina”?), come del resto poi confermato dall’opinione comune della “comunità virtuale”, rilevata da una veloce indagine informativa svolta prima di scrivere queste parole.
Risultato del “primo contatto”? Positivo, tutto sommato. Quaranta minuti circa di
hard rock “moderno” d’ispirazione palesemente “americana”, piuttosto adatto alla diffusione radiofonica, alimentato da una bella energia e dall’istintiva simpatia di tre ragazzi molto
easy-going, sia sul palco e sia quando, sorprendentemente, li ritrovi fuori dal locale a vendere i loro Cd con fare da perfetti piazzisti (un po’ alla “madamine roba bella!”, ma con perfetto accento
british!), accanto alle bancarelle del
merchandising non “ufficiale”.
Musicalmente gli Zico Chain mescolano abbastanza sapientemente suggestioni di Flaw, 3 Doors Down, Bush e Papa Roach, condendo il tutto con strappi di matrice System of a Down e con un pizzico di “emotività” alla My Chemical Romance e lasciano complessivamente una buona impressione, meravigliando altresì per un (seppur breve)
drum solo, vagamente “fuori luogo” per ambito stilistico e circostanze contingenti.
Pezzi più efficaci, il “singolone” “New Romantic”, la schizofrenica “Mercury Gift”, le “vitali” “More Than Life” e “The Real Life” e l’intensa “Case #44PQ_110807”.
In “giro”, nello stesso settore di competenza, probabilmente c’è di meglio, e tuttavia i nostri meritano attenzione.
Marco AimassoDopo il set dei Zico Chain la preparazione del palco per gli headliner procede spedita, senza particolare frenesia nemmeno tra i più accaniti fans piazzati sotto il palco, tuttavia quando scatta il momento dei British Lion, l'attenzione è tutta per il lui: Steve Harris, uno di quelli che il Metal lo ha codificato e che catalizza gli sguardi dei presenti ripagandola con un'inaspettata energia e giovialità.
Giusto il tempo di accorgersi che come al solito, Harris oltre a suonare il suo basso è sempre lì a cantare ogni singola canzone, prima di passare a dare un'occhiata d'assieme a questi
British Lion, che ovviamente tendono ad essere offuscati dal loro leader.
Certo, questo è inevitabile, anche se poi i quattro musicisti sul palco ce la mettono tutta, i due
lungagnoni alla chitarra: Grahame Leslie e David Hawkins, il drummer Simon Dawson e sopratutto il cantante Richard Taylor, che tiene discretamente la scena e che in più di un'occasione si propone anche alla chitarra acustica (beh... lo ha fatto anche Dickinson).
Sebbene nel contesto live riescano a venire contenuti, i limiti che avevo rilevato su "British Lion", non possono certo svanire, anche perchè le canzoni non fanno certo gridare al miracolo e la prova dietro al microfono di Richard Taylor ripresenta tutte le difficoltà e le perplessità emerse nella sua prestazione in studio.
Come immaginavo non viene recuperata nessuna canzone dal repertorio degli Iron Maiden, ed a rimpolpare una setlist che ripercorre praticamente l'intero album (all'appello manca la sola "The Lesson"), Harris e soci piazzano un paio di cover (come "Let it Roll" degli UFO che apre i bis) e quattro nuove canzoni, che sono anche quelle che catturano maggiormente le mie attenzioni. Discreta "Father Lucifer" con il suo Hard Rock caldo e coinvolgente, solo
così e cosi la ritmata (ma dai ben pochi sussulti) "Guineas and Crowns", sicuramente meglio sia "The Burning" con i suoi rimandi ai Thin Lizzy sia l'arrembante e corale "Last Chance", il pezzo più
maideniano della serata.
La presenza di ben quattro brani nuovi, lascia presupporre che i British Lion possano avere un futuro, sia in studio sia per quanto riguarda l'attività live.
Mi aspetto maggiori soddisfazioni da quest'ultima, ma mai come in questo caso sarei lieto di sbagliarmi.
Sergio RapettiSetlist:This is My God
Lost Worlds
Karma Killer
Father Lucifer
The Chosen Ones
These Are the Hands
Guineas and Crowns
The Burning
Last Chance
Us Against the World
A World Without Heaven
Do Ya Do Ya Want Me (cover)
Judas
Encore:Let it Roll (cover)
Eyes of the Young