Lascio all'eloquente (chi ha pensato "prolisso" alzi una mano!) Marco il compito di disquisire sulla partecipazione e de
il fascino del Folk Metal - se volete anticipare i tempi fate pure un salto più avanti al paragrafo dedicato agli Ensiferum - e mi limito a raccontarvi delle prime formazioni che si sono presentate sul palco dell'annuale appuntamento con l'Heidenfest, per l'occasione accolto tra le mura del Live Club di Trezzo sull'Adda e da un discretamente nutrito, ed eterogeneo, pubblico.
Sono i giovanissimi finlandesi
Frosttide a dare il via alla serata, musicalmente maggiormente accostabili ai Children of Bodom (eccoli che fanno l'occhiolino dalla conclusiva "No Turning Back") che al Folk Metal degli headliner, pronti a cogliere l'occasione di promuovere il loro recentissimo album d’esordio, "Awakening".
La loro inesperienza è ancora palpabile (ed i gruppi che seguiranno
infieriranno sotto questo aspetto) ed a cavarsela al meglio sono il chitarrista/cantante Joni Snoro e soprattutto il tastierista Felipe Munoz, con quest'ultimo che tiene i
contatti con il pubblico, comunque ben disposto a seguirli e supportarli per tutto il corso del loro set.
Dopo la Finlandia è il momento della Germania con una doppietta di formazioni che pur non avendo mai fatto il grande salto di qualità hanno entrambe una discreta discografia alle spalle e riscosso anche buoni riscontri e riconoscimenti.
Gli stessi che tributa loro il pubblico del Live Club, che accoglie con entusiasmo i
Suidakra guidati da un Arkadius Antonikk in grande spolvero, bravo a trascinare i presenti e spingerli in un pogo furioso, come avviene nel corso di "March of Conquest". La loro proposta musicale, tra lo Swedish Death Metal, il Folk e sonorità più classiche, sembra funzionare più dal vivo che su disco, così alla fine del loro show, quando le note della battagliera ed epica "Wartunes" finiscono di riecheggiare nella hall, la soddisfazione tra i presenti è palpabile.
E non deludono le aspettative nemmeno i loro connazionali
Equilibrium, che palesano la stessa compattezza e presenza sul palco, dove a far compagnia ai soliti
truci musicisti troviamo la bassista Sandra Völkl, che comunque non mostra alcuna remora e timore nel dover tener testa ai propri compagni di scorribande metalliche (seppur stasera mancava all'appello il chitarrista René Berthiaume, ottimamente sostituito da Arkadius Antonikk dei Suidakra) nel corso di brani d'impatto, come l'opener "Blut Im Auge" o "Zwergenhammer", ma anche in quelli meno frontali di "Unter der Eiche" o in quelli
danzerecci di "Met".
Come inizio non è niente male... ed il meglio deve ancora venire.
A cura di Sergio RapettiTurisasNutrivo una grande curiosità per i “nuovi”
Turisas, da verificare alla sempre eloquente prova del “palco”, situazione a loro tradizionalmente assai congeniale e che ha contribuito a renderli uno dei migliori interpreti del cosiddetto
folk metal.
Le ultime prove dei nostri hanno in parte deluso le aspettative dei
fans più irriducibili, maldisposti nei confronti di un approccio espressivo certamente meno irruente e “wild” degli esordi, tale da indurli ad utilizzare termini come
imborghesimento e
commercializzazione per definire un’evoluzione in realtà già in atto da qualche tempo.
Ebbene, diciamo subito che stasera i finlandesi sono apparsi effettivamente più “seri”, maturi e concentrati di altre occasioni (niente “Rasputin”, per esempio …), ma non credo che questo abbia inficiato una prestazione decisamente coinvolgente e convincente dal punto di vista tecnico ed emotivo.
I brani di “Turisas2013” (che pure non ho ancora avuto occasione di approfondire a dovere in sede “discografica” …) colpiranno con minore furia e le loro sfumature evocative e drammatiche, talvolta tipicamente
power, potranno anche essere giudicate come la manifestazione di una
scaltrezza poco compatibile con l’indole “barbarica” di un gruppo di questo tipo, e tuttavia sfido chiunque sia dotato di un minimo di obiettività e di una regolare funzionalità
cardio-uditiva a non rimanere sedotto dalle cadenze enfatiche ed oscure di “For Your Own Good”, dal tiro sinfonico (solo lievemente
kitsch …“
Turisas! You can count on us …
Turisas! Rugged and robust … “) di “Ten More Miles”, dall’aggressione meditata di “Piece By Piece” (non lontana dalle “vecchie” cose della
band, in realtà …) oppure ancora non sorprendersi per la peculiare opulenza armonica di “Greek Fire” o finire nel gorgo epico e magniloquente di “We Ride Together”, non a caso (se non ho capito male …) presentata attraverso la suggestiva immagine di “
Steve Harris, Conan il Barbaro e Freddie Mercury che cavalcano nella prateria”.
Il tutto, poi, esibito tramite la consueta perizia e forza comunicativa, con un Mathias "Warlord" Nygård abile
entertainer ed eccellente
vocalist, autore d’interpretazioni che alternano sapientemente impetuosità e introspezione.
I “nostalgici” si sono potuti consolare con un’energica versione di “Battle Metal”, che continuo a considerare alla stregua di una sorta di “The Final Countdown” del genere, mentre la conclusiva “Stand Up and Fight” ha messo d’accordo un po’ tutti, considerando la reazione entusiastica del pubblico, sottolineata da un significativo “
siete fantastici, cazzo!”, in un italiano pressoché perfetto.
Le note della “Suite No. 1 - Les Toreadors" dalla Carmen di Bizet fanno da sottofondo ai ringraziamenti finali di rito e a me non resta che rilevare, almeno dal vivo, l’efficacia di un suono che è stato “indomabile” e scanzonato e che oggi è rimasto “soltanto” vigoroso, intenso e multiforme … tutti si vive, s’impara e si “cresce” … evidentemente alla regola non fa eccezione nemmeno la categoria dei barbari dalla faccia dipinta.
Setlist1. For Your Own Good
2. A Portage to the Unknown
3. Ten More Miles
4. Piece By Piece
5. To Holmgard and Beyond
6. Greek Fire
7. As Torches Rise
8. Battle Metal
9. We Ride Together
10. Stand Up and Fight
A cura di Marco AimassoEnsiferumMentre attendo l’ingresso sul palco degli
Ensiferum, e appollaiato su un gradino cerco disperatamente di concedere un minimo di ristoro alle mie stanche membra (brutta cosa la vecchiaia …), osservo il variopinto pubblico della serata e mi chiedo: cosa ci sarà nel
folk metal ad attrarre questi ragazzi, compulsivi consumatori di
smartphones e
social networks, dall’età media piuttosto bassa? Cosa c’entrano con i vichinghi, le saghe guerresche e la cultura celtica e norrena, anche volendo tener conto del contributo della solita “globalizzazione”? E ancora … cosa induce molti di loro a presentarsi ad un
festival come questo armati di corni da birra, abbigliati con
kilt e
man-skirt, con il viso pitturato, spesso in maniera anche abbastanza approssimativa?
Il fascino invincibile di melodie che hanno resistito indenni al trascorrere del tempo e che si sono tramandate attraverso le generazioni? Il valore ancestrale di certi suoni, da considerare una sorta di “portale” che mette in comunicazione mondi apparentemente incompatibili? Il senso “festoso” e rituale di antiche celebrazioni pagane trasferite nel grigiore “tecnologico” del terzo millennio?
O magari li conquista solo perché, in qualche modo, è un genere di
moda?
Beh, ovviamente non ho una risposta univoca, e come sempre accade in tali situazioni è verosimile che si tratti di un miscuglio delle succitate motivazioni … l’inizio dello
show arriva opportunamente ad interrompere queste “profonde” riflessioni, che spariscono quasi istantaneamente quando l’
heroic folk metal dei finlandesi satura l’atmosfera del Live Club.
L’impatto è forte e anche se personalmente non mi spingerei ai picchi di entusiasmo raggiunti dai loro
fans più fedeli (e da una parte della critica specializzata …), è innegabile che gli Ensiferum sono un gruppo di qualità, molto abile nell’interpretare al meglio il ruolo che gli compete: un manipolo di guerrieri “spietati” e fieri sul campo di battaglia, pronti a festeggiare le vittorie, ad invocare i propri numi e a commemorare i compagni caduti.
Tecnicamente valorosi, sufficientemente dinamici (soprattutto il bassista Sami Hinkka, un autentico “invasato” …) sul palco ed esteticamente adeguati, i nostri colpiscono “duro”, ma sanno anche manifestare una discreta versatilità espressiva, sviluppando spesso strutture melodiche abbastanza variegate, gratificate da armonie corali seducenti e ben congeniate.
Leggermente meno efficaci nei brani più monolitici, complice anche il ricorso ad
harsh vocals un po’ monocordi, i finnici trasmettono tutta la loro gloriosa tensione espressiva in brani dal vibrante
animus pugnandi come “In My Sword I Trust” e come la brutale “Windrider” (supportata da un bellissimo gioco di luci …), e piacciono ancora di più nella sinfonia tragica “Unsung Heroes” e nella fascinosa “Burning Leaves”, un
cocktail vincente di creatività e intensità, accentuato da un’esecuzione veramente potente.
Introdotta da “Tumman virran taa” (che mi ha ricordato la versione scandinava di un “canto degli alpini” …
vabbè …), altre impressioni piuttosto positive le desta “The Longest Journey (Heathen Throne, Part II)”, con le sue interessanti sfumature
doom-death e allo stesso modo attrae pure l’immaginifica atmosfera epico-mitologica di “Wanderer”, il primo
bis di una performance complessivamente soddisfacente e suggestiva.
Sorprende, infine, dopo tanta rudezza ed eroico misticismo, vedere la legione nordica abbandonare brevemente il proscenio e ritornare con degli enormi sombreri per il secondo e conclusivo
encore della serata: la veemente versione di “Bamboleo” (brano portato al successo dai Gipsy Kings, per la cronaca …), svela l’insospettabile lato “giocoso” e “latino” del gruppo e crea un bel contrasto con la sua natura austera e bellicosa (spassoso sentirli intonare con disinvoltura "
Bamboléo, Bamboléa, porque mi vida yo la prefiero vivir asi …" o ringraziare con un classico “
muchas gracias” …) … vuoi vedere che, alla fine, ricollegandomi alle considerazioni iniziali, il “divertimento” è l’aspetto che conta maggiormente anche da queste parti?
Comunque sia, un bel concerto, e il degno sigillo ad un
Heidenfest meneghino alquanto riuscito.
Setlist1. Into Battle
2. In My Sword I Trust
3. Windrider
4. Unsung Heroes
5. Burning Leaves
6. From Afar
7. Twilight Tavern
8. Ahti
9. Tumman virran taa
10. The Longest Journey (Heathen Throne, Part II)
Encore:
11. Wanderer
12. Bamboleo
A cura di Marco Aimasso