Foto e Report a cura di Carlo Viano
Dio ti benedica, Dwarfnebula! Prima organizza il tour italiano dei Flower Kings, poi "infila" una data dei polacchi Riverside di passaggio tra Spagna e Austria, il passaparola ha funzionato in tutti i siti prog e metal (nonchè in quello ufficiale della band), il prezzo così ridicolo (10 euro) che mi sarei vergognato a chiedere l'accredito, la band credo non abbia più bisogno di presentazioni, e allora cosa non ha funzionato?
Meno di 100 persone, tutta gente che comunque non si è risparmiata in applausi dimostrando di conoscere a fondo ogni brano, un affetto a cui i Riverside hanno risposto come meglio sanno fare: suonando e incantando per poco più di 90 minuti.
L'intro strumentale sfuma con un breve omaggio ai Pink Floyd di "Shine on your crazy diamond", poi il piano di Michal Lapaj attacca le inconfondibili note di "Conceiving you", melodica e malinconica hit di "Second life syndrome" la cui struggente bellezza viene esaltata dal fluido lavoro di chitarra di Piotr Grudzinski e dal cantato di Mariusz Duda, abile in tutto il set nel riproporre vocalmente anche dal vivo il suo caratteristico alternarsi tra i momenti calmo-melodici e quelli aggressivi in stile Opeth senza dimenticare l'importanza che riveste il suo lavoro al basso.
Il concerto scorre via che è un piacere e si rimane spesso incantati dall'armonia e dall'affiatamento di una band unica che può permettersi il lusso di pescare qualsiasi estratto di "Out of myself" e "Second life syndrome", una band che dà il meglio di sè nei brani più lunghi ed articolati ("Second life syndrome" e "Dance with the shadow") mostrando conoscenze musicali che spaziano dal rock atmosferico al new prog inglese come ben si evidenzia nella strumentale "Reality dream III" che sa molto di Arena e primi Marillion, trainata dal drumming incessante e molto più incisivo che in studio del possente (anche nel senso di stazza fisica) Piotr Kozeradzki e dal nuovo mito della 6 corde Grudzinski, abile tessitore di trame sonore incantevoli e perfetto incrocio di stili tra Steve Rothery e David Gilmour, non di meno influente l'apporto di rifinitura ed arricchimento atmosferico operato dalle tastiere di Lapaj che spesso rubano spazio alla chitarra.
Il set si chiude con "The curtain falls", un brano che permette ai membri della band di lasciare il palco ad uno ad uno lasciando Lapaj da solo, ma la band viene giustamente richiamata per un bis ed il concerto si chiude sulle note rabbiose del cantato di Duda in "Out of myself" che si contrappongono al ritmo calmo e nostalgico che caratterizza buona parte del brano.
Se solo 1/4 dei fans di Anathema, Marillion, Pink Floyd, Porcupine Tree, Opeth, Dream Theater, Pain of Salvation fosse stato presente ora non starei qui a parlare solo di un concerto grandioso ed indimenticabile ma anche di un pubblico italiano che si muove quando l'occasione lo merita e non accampa le solite scuse del luogo sperduto o del concerto a metà settimana, ancora una volta il grande prog ha bussato alla nostra porta e in pochi gli hanno aperto,un grazie di cuore ancora a Dwarfnebula (salito sul palco a presentare il concerto) e a chi è venuto, ma soprattutto ai Riverside, con la speranza (seppur lieve) di rivederli al più presto.
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