Si scrive Sonisphere 2014, si legge Metallica. Chiunque ha fatto riferimento o ricorderà questo evento non come un festival, ma unicamente come il concerto di Hetfield e soci più qualche altro gruppo "che adesso non ricordo". Ed infatti anche per strada le insegne e la cartellonistica fanno riferimento quasi unicamente al "by request", con questa fantomatica scaletta decisa dalle votazioni dei fan, di cui però nutro abbondanti dubbi in merito.
La location, diciamolo subito, non è delle più adeguate, perlomeno per un evento di questa portata con più di 30 mila presenti: strade anguste e già trafficate di loro, pochi parcheggi, terreno in discesa orizzontale, palco invisibile tanto che se non fosse per i maxi schermi, di cui uno impallato da un pilone di illuminazione dell'ippodromo, potremmo rimanere fuori ad ascoltare il tutto. La gente è tanta, troppa, si va ad occupare anche la corsia laterale che porta al dietro palco e ad altri stand e da lontano nemmeno gli enormi monitor bastano più. L'acustica non è male anzi, ma chi è rimasto dietro ha dovuto tollerare un sensibile ritardo dei suoni provenienti dalla seconda installazione delle casse, con un effetto duplicato assai fastidioso anche se non credo che in troppi ieri sera fossero "audiofili".
Ma andiamo con ordine parlando dei
Kvelertak, ebbene sì c'erano anche loro. Non che se ne siano accorti in tanti, ma i bravi norvegesi hanno avuto la loro mezzoretta di "popolarità", sebbene l'arena sia ancora per metà vuota. Il caldo, la luce e l'inesperienza dei nostri fanno il resto, il loro show decisamente non passerà agli annali anzi è già dimenticato, persino da loro stessi, che al momento trovano ancora la loro dimensione ideale in clubs di più modeste dimensioni ma con assai più atmosfera.
I
Volbeat alle 18 salgono sul palco e mi attendo un trionfo, un'ovazione, visto il loro successo in nord Europa ed i dati di vendita riscontrati, invece ancora una volta lo show viene quasi ignorato e la domanda tra i presenti è sempre la stessa: "ma quando arrivano i Metallica". Tranne qualche esagitato tra le prime file, pressochè proveniente dall'estero, la maggiorparte della gente è ancora fuori, o imbottigliata nel traffico, o incolonnata nell'interminabile fila ai cancelli, o proprio a casa a lavoro, che "tanto arrivo per le 9 quando attaccano LORO". Michael Poulsen di esperienza ne ha, ed anche di savoir faire, ma nonostante si sbatta parecchio non riesce a far breccia più di tanto nel cuore di chi sta pensando a quale panino comprare, di quanta fila ci sarà per farsi una birra o di quale maglietta comprarsi (25/30 euro di media, me cojoni). Non mi spiegherò mai come il loro indefinito ed indefinibile di mix di metal thrashy danzereccio folk pop punk abbia avuto così tanto seguito e li abbia proiettati su palchi così importanti, ma almeno per una volta non mi sento solo nel non dargli alcuna importanza, alleluja.
La storia però, e finalmente direi io, cambia radicalmente per gli
Alice in Chains. Non che mi aspettassi molto a dire il vero, invece il buon Jerry Cantrell, che ammiro per la prima volta con i capelli corti ed assai invecchiato - mannaggia - la sa lunga ed insieme all'invece miracolato Mike Inez che sembra sempre un ragazzino mette su uno show da applausi. Forse un po' troppi brani recenti, ma senza dubbio la loro esibizione convince tutti i presenti, che nel frattempo sono aumentati in maniera esponenziale e le aree vuote che c'erano fino a pochi minuti prima sono ormai scomparse. William DuVall, che pare il figlio di Cantrell ed invece ha solo 2 anni meno, deve aver stretto un patto con l'aldilà visto che chiudendo gli occhi si materializza il fantasma del compianto Layne Staley tanto è simile la timbrica della sua voce, sempre ad onor del vero precisa ed efficace. Tra gli applausi generali gli Alice in Chains chiudono con la doppietta "Would?", che però inspiegabilmente non viene cantata a squarciagola da tutti (perchè ahimè non la conoscono!), e "Rooster" che li congeda con un giudizio più che lusinghiero: bravi, avete convinto proprio tutti, persino il più polemico e scettico, che se non si capisse sarei io.
E vabbè, non perdiamoci in inutili chiacchiere, che tanto tutti sono venuti per i
Metallica e a fare da sparring partner ci poteva essere pure la Pippo Pluto e Paperino band che non sarebbe cambiata una virgola. L'arena a questo punto è STRApiena, fin troppo, anche la corsia laterale a ridosso delle piste dell'ippodromo è colma e la visibilità non è certo delle migliori, per fortuna acustica e maxischermi aiutano non poco. Alle 21.45 è l'ora del tripudio quando "Battery" esplode nella sua fragorosa rabbia e mi illudo, ahimè, di poter assistere ad uno show che mi facesse ricredere sui Metallica, con cui comunque ho fatto pace dopo la ridicola storia dell'orso ed il cattivo e brutto cacciatore Hetfield, ed invece...
"Master of Puppets" è la prima coltellata. Non capisco se il fan medio dei Metallica sia:
1) sordo
2) incompetente
3) indifferente
di fronte al fatto che vengano perpetrati scempi come quelli commessi in CONTINUAZIONE dalla premiata ditta Hammett/Ulrich che probabilmente ingaggiano una gara privata a chi la combini più grossa. Nella mia mente immagino la disperazione di Hetfield che ogni volta deve rimetterli a tempo, probabilmente alzando gli occhi al cielo o pensando a come dovrà cazziarli per l'ennesima volta nei camerini: un brano leggendario clamorosamente martirizzato, semplificato, mortificato tanto da svilirlo in maniera deprimente. La folla è in delirio, mentre io cado vittima di una nostalgia cosmica.
Con "Welcome Home (Sanitarium)" si migliora un po', tranne per il concitato finale dove la coppia Gianni e Pinotto pastrocchia come suo solito ridendo allegramente sotto i baffetti da sparviero di Kirk, desideroso di mandare in analisi il suo fido compagno di ascia, per poi crollare definitivamente con l'esibizione di "Ride the Lightning": purtroppo, e non vorrei mai scriverlo, qui a deludere pesantemente è lo stesso Hetfield.
Parliamoci chiaro: a Hetfield i brani vecchi non piacciono, gli pesa suonarli e soprattutto cantarli, è palesemente svogliato, depresso, scoglionato. Canta "Ride the Lightning" come io canterei "Perdere l'Amore" di Massimo Ranieri, c'ha un entusiasmo degno di un funerale, la sussurra, la ammicca, la parla, per poi lanciarsi in qualche "oh yeeeeah", "c'mon babeeee" che non ci incastrano veramente un cazzo in un brano che parla di sedie elettriche e condannati a morte. Il bello è che il peggio deve ancora venire.
Su "The Unforgiven" così come poi successivamente "Nothing Else Matters", "Sad but True" ed "Enter Sandman" (su cui c'è un vero boato del pubblico, pazzesco...) è un altro Hetfield, c'è poco da fare: assai più dinamico, coinvolto, contento di suonarle, divertito e convincente: si metta l'animo in pace e smettano di fare brani dei primi quattro dischi perchè se il risultato deve essere quello a 'sto punto è meglio rassegnarsi a "Gimme Fuel Gimme Fire Gimme Five, alright" che al sottoscritto fa pena ma almeno quei tre disgraziati sono contenti. Trujillo non fa testo, lui sta in un mondo tutto suo (e te credo, beato lui, c'ha ancora l'assegno da un milione di dollari in tasca).
C'è spazio anche per l'inattesa e prolissa "Lords of Summer", che troverà spazio nel prossimo meraviglioso disco, e per "...and Justice for All!" che sebbene venga semplificata fino all'inverosimile dei brani vecchi forse è quello che viene meglio.
Discorso a parte per "Orion", NETTAMENTE il brano più bello della serata, emozionante, trascinante, vissuto ed a quel punto ti incazzi perchè nessuno pretende più i Metallica dell'89 ma basterebbe essere più professionali (Hetfield escluso che, nonostante la prova di ieri, regge in piedi la baracca praticamente da solo) per fornire un risultato degno. Ma, giustamente direi io, che je frega a loro se comunque i loro show sono sempre strapieni? Meglio starsene in piscina a bere cocktails a profusione, mi rendo conto ed approvo.
Tra un assolo (per fortuna brevissimi, BRAVI!!! e non sono ironico, lo capissero tutte le band metal del globo che i loro assoli spaccano le balle) di basso e di chitarra (quello di Hammett davvero ridicolo) giungiamo ad un'onesta "Fade to Black", passando per una fin troppo veloce "For Whom the Bell Tolls", ad una massacrata "Blackened" ed una devastata "One", senza dubbio il momento più basso di tutto il concerto, un continuo di errori, imprecisioni, incertezze, Hetfield che pensa di cantare già "Fuel" tra una moina, uno yeah ed un oooh babe. Vabbè.
Ci va vicino "Creeping Death", anch'essa torturata, mentre la chiusura del concerto viene affidata a "Fuel" e la celeberrima "Seek & Destroy".
Piccola parentesi: probabilmente sono io ad essere troppo intransigente, ma la "pezzentata" di ricordare a ripetizione (dalle 4 di pomeriggio sui maxischermi fino a durante lo show da parte dello stesso Hetfield) di mandare gli sms per votare un brano a scelta tra "Fuel", "The Four Horsemen" e "Whiskey in the Jar" fa veramente capire a quale livello sia arrivato il metal oggigiorno, ci mancava solo la Ventura e X-Factor era servito: se è tutto falso è una cosa che mette veramente angoscia, se è vero ancora peggio perchè "The Four Horsemen" è arrivata ultima tra le tre e questo la direbbe lunga su chi è oggi il fan medio dei Metallica, da denuncia.
Tralascio le scene pietose dei due fan, tra i tanti presenti lì accanto a loro, fatti intervenire sul palco con esclamazioni e domande al pubblico "do you want heavy?" o "chi è rock?", insomma a Celentano saranno fischiate le orecchie ed io non dico altro per non incappare in fastidiose querele.
Alla fine chi ha vinto? Ovviamente i Metallica, portati in tripudio dal loro numerosissimo pubblico ed acclamati all'inverosimile, ma anche tutta l'audience presente che si è divertita, ha goduto, s'è fatta centomila selfie mentre quelli suonavano (ma che cazzo c'andate a fare ai concerti?) e li ha proclamati ancora una volta i veri Gods of Metal di questa era.
Chi ha perso? ovviamente il sottoscritto, che si è dovuto sorbire uno show potenzialmente memorabile ma devastato tecnicamente e con un mood dei protagonisti prossimo allo zero, con gente intorno a me che si chiedeva come si chiamasse questa "Battery" e da che disco uscisse fuori, e con una marea di gente che a malapena sapesse chi fossero 'sti Metallica, ma non si poteva mancare tra un Muse ed un Coldplay all'evento top del Postepay Rock in Roma.
Diceva la compianta Francesca Bonfanti, state bene così!
Il metal ha vinto ancora una volta, hail Metallica!
Foto a cura di Marta Coratellawww.martacoratella.it