“
La fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo” è uno degli aforismi più azzeccati (assieme a "
Non c'è gusto in Italia ad essere intelligenti” …) del geniale e mai troppo compianto Roberto "Freak" Antoni, o almeno è quello in cui il sottoscritto si riconosce maggiormente, soprattutto negli ultimi periodi.
Attendevo il
Frontiers Rock Festival con ansia “vera” fin dal momento del suo annuncio tanto da premurarmi immediatamente di organizzare impegni individuali e lavorativi, in modo che nulla potesse frapporsi tra la mia innata passione per il
rock melodico e la sua inedita celebrazione sul suolo italico.
Tutto (o quasi) inutile … all’ultimo istante il destino avverso mi ha riservato un indifferibile obbligo familiare, tanto da mettere in serio rischio la mia intera partecipazione all’evento.
Fortunatamente, però, seppur con enormi difficoltà (e qualche rimorso …), approfittando di un momento di
distrazione della suddetta malasorte, sono riuscito a dimenticare per almeno una giornata i miei problemi personali (in fondo, anche questo è il compito della buona musica …) e a godermi la sessione conclusiva di questo favoloso “concertone”, assieme all’ottimo Sergio Rapetti, che pur rischiando in parecchie occasioni crisi iperglicemiche di tipo sonoro, ha stoicamente resistito e sostenuto al meglio il suo ruolo di provetto fotografo e d’ideale compagno d’avventura.
Pronti al resoconto, soprattutto di carattere emotivo, dell’avvenimento?
Ok, we roll …
Crazy LixxPartenza della giornata un po’ in sordina, per una promessa dello
sleaze metal non del tutto mantenuta, a causa di un leggero appannamento in corso d’opera.
La prova degli svedesi è comunque discreta, caratterizzata da una bella energia e da una soddisfacente “tenuta del palco”. Qualche coro perfettibile non inficia lo
show del gruppo di Malmö, che (specialmente con i brani più “datati”, invero) dimostra di saper far divertire il pubblico di riferimento.
Non male pure “l’assaggio” del nuovo album (“Sympathy”) … non rimane che attendere e sperare in un pronto riscatto.
Setlist:
1. Rock and a Hard Place
2. Sympathy
3. Whiskey Tango Foxtrot
4. Lock Up Your Daughter
5. Riot Avenue
6. Blame It on Love
7. 21 Til I Die
IssaUn altro momento abbastanza
interlocutorio. Nemmeno dal vivo i pezzi di
Isabell Oversveen, pur gradevoli, acquisiscono il
grip necessario ad una conquista sensoriale risolutiva.
Sul palco, poi, la nostra appare poco disinvolta e spigliata, non riuscendo a fare davvero breccia nell’attenzione dell’
audience, che rimane piuttosto impassibile di fronte alle sue un po’ impacciate sollecitazioni. Anche sotto il profilo vocale sembra mancare qualcosa, per una
performance che, tutto sommato, non lascia molto nel cuore e nella memoria degli astanti.
P.S. La presenza di
Alessandro Del Vecchio alle tastiere mi consente di ossequiare un’altra figura fondamentale nell’ambito del
melodic rock made in Italy … grande Ale!
Setlist:
1. Dream On
2. Looking For Love
3. Angels Crying
4. Invincible
5. I'm Alive
6. Can't Stop
Jeff Scott SotoHo già avuto parecchie possibilità di apprezzare le doti da “animale da palcoscenico” di
Jeff Scott Soto, ma in questa circostanza l’istrionico (e stacanovista … anche qui, grazie all’acclamata prova dei W.E.T., si è esibito due volte in tre giorni …) cantante di origine portoricana si è veramente superato.
Adeguatamente supportato da un impeccabile schieramento esecutivo multinazionale, Jeff domina palco e astanti con un carisma e una vitalità da
standing ovation, catalizzando senza possibilità di scampo l’intera gamma sensoriale dei tanti
melodic rockers convenuti al Live Music Club.
Poter contare su una laringe in grado di disimpegnarsi con enorme pregio in qualunque situazione stilistica e su un repertorio sterminato, aiuta sicuramente e tuttavia l’onda energetica con cui il tutto viene condito è certamente una prerogativa concessa solamente ai grandi
performer della scena musicale internazionale.
All’interno di una
setlist priva di pause, impossibile non segnalare il “ripescaggio” di “Believe in Me” e della favolosa “Holding On” (con dedica speciale a
Serafino Perugino, “papà” della grande famiglia Frontiers …), la presenza (come già su “Damage Control”) di Joel Hoekstra durante la scintillante esecuzione di “Look Inside Your Heart” e il lungo ed avvincente
medley dedicato ai Talisman (comprese le
cover di “Frozen” e “Crazy”), concluso con una “I'll Be Waiting” semplicemente travolgente. A fornire la “mazzata” finale, poi, dopo un breve momento d’impasse tecnica (gestita con la consueta disinvoltura …), arriva “Stand Up and Shout”, noto per essere uno dei pezzi “forti” degli Steel Dragon, la band del film “Rock Star” … nessuno degli spettatori è riuscito a sovrastare la voce di Soto, però …
Setlist:
1. Take U Down
2. 21st Century
3. Damage Control
4. Believe in Me
5. Look Inside Your Heart
6. Soul Divine
7. Holding On
8. Eyes of Love
9. Break Your Chains / Day By Day / Give Me a Sign / Dangerous / Just Between Us / Mysterious (This Time It's Serious) / Frozen / Crazy
10. I'll Be Waiting
11. Stand Up and Shout
John WaiteDifficile mantenere un atteggiamento critico “distaccato” quando un “mito” autentico come Mr.
John Waite si manifesta su un palco a pochi metri da te, abbigliato in perfetto
business casual style.
E’ probabile, dunque, che le valutazioni sulla sua prestazione contingente siano lievemente influenzate da un’ammirazione che si avvicina molto al concetto di “venerazione”, ma ciononostante credo che l’eleganza e la forza espressiva ostentate dal nostro siano talmente lampanti da travalicare una lieve forma di apatia complessiva verosimilmente dovuta a problemini fisici (“
I’m totally fucked by jet-lag …”, per la precisione) e a una scaletta che avrebbe forse potuto essere anche più “piaciona” e “ruffiana”.
La versione elettro-acustica di “When I See You Smile” e l’interpretazione della celebre “Missing You” (dedicata a Serafino Perugino) sono momenti imprescindibili dell’esibizione, mentre gli affezionati estimatori di Waite avranno sicuramente apprezzato la presenza dei brani targati The Babys (“Back On My Feet Again”, “Every Time I Think of You”, “Head First”), un gruppo non sempre adeguatamente celebrato per i suoi reali meriti.
La
cover di “Whole Lotta Love” è un piacevole “diversivo”, che avrebbe potuto tranquillamente essere sostituito da un altro brano “originale” prelevato dal ricco repertorio del
vocalist britannico (“Forget Me Not”, tanto per fare un esempio …) e che chiude una
performance complessivamente piuttosto emozionante.
God bless you! E’ il saluto di John Waite al popolo del Live Music Club, che, ne sono sicuro, ricambia unanimemente con un augurio di lunga vita e prosperità rivolto ad un immenso protagonista della scena melodica.
Setlist:
1. Change
2. Back On My Feet Again
3. Rough & Tumble
4. When I See You Smile
5. Saturday Night
6. Every Time I Think of You
7. Best of What I Got
8. Missing You
9. Head First
10. Whole Lotta Love
Danger DangerAi tempi in cui “consumavo” quotidianamente il loro straordinario esordio (rigorosamente in cassetta … altri tempi …), fantasticando di feste sfrenate e di corse in decapottabile sulle assolate
highway americane, non pensavo che un giorno di ben venticinque anni dopo avrei avuto la possibilità di assistere “in diretta” ad un’esibizione degli spumeggianti
Danger Danger, per la prima volta impegnati nelle lande del
Belpaese. Il fatto di perdere il loro ingresso sul palco e buona parte di “Rock America” a causa di un’imperdonabile e “futile”
necessità nutrizionale era ancora meno prevedibile, ma tant’è. Con un trancio di pizza gommosa ancora sullo stomaco, è la frizzante “Boys Will Be Boys” ad accoglierci, scatenando nel sottoscritto un sacco di ricordi e un pizzico d’inevitabile nostalgia.
Con un
fast forward degno della mia gloriosa
tape-deck Yamaha, torniamo repentinamente al 2014, giusto in tempo per rilevare la capacità di questi
yankee di irretire completamente il “loro” pubblico, nonostante qualche problemino tecnico e grazie ad una considerevole disinvoltura e ad un fervore espressivo davvero contagioso.
Ted Poley è un vero istrione, pilota la
performance da consumato
entertainer, magari leggermente “arrugginito” (in un “eccesso d’entusiasmo”, durante un tentativo di “giocoleria microfonistica”, perde addirittura la presa sul suo strumento di lavoro, che cade e smette di funzionare, per la gioia dei
roadies …), eppure sempre efficace nell’interpretazione di adamantini
anthems sonori come “Don't Blame It on Love”, “Bang Bang”, “Beat the Bullet”, “Monkey Business” e l’irresistibile “Naughty Naughty”.
In definitiva ritengo che tanta attesa sia stata ripagata, e che i numerosi
fans della
band (molte le
t-shirt con il logo del “doppio pericolo” avvistate nella platea …) non siano stati delusi dai loro beniamini … a quando il nuovo disco?
Setlist:
1. Rock America
2. Boys Will Be Boys
3. Hearts on the Highway
4. Don't Blame It on Love
5. Bang Bang
6. Beat the Bullet
7. I Still Think About You
8. Crazy Nites
9. Monkey Business
10. Naughty Naughty
WingerIn sede di recensione della loro ultima fatica discografica mi chiedevo come i nuovi brani avrebbero superato la fatidica “prova del palco” …
beh, mi sa che per un giudizio “definitivo” bisognerà attendere una futura sessione di
test (magari da
headliner …), dacché per la celebrazione della Frontiers Records i
Winger scelgono una scaletta piuttosto “accessibile” e “sicura”, pescando in maniera assai equilibrata dal loro repertorio più “diretto” ed istintivo.
Decisione anche abbastanza condivisibile, in realtà, che concede una
chance di “verifica”
live solo ai due singoli di “Better Days Comin’”, “Midnight Driver of a Love Machine” e “Rat Race”, i maggiormente adatti ad una fruizione istantanea, sebbene non del tutto rappresentativi dell’eclettismo e della raffinatezza di cui è dotato il Cd.
Assieme a loro, come anticipato, un’oculata selezione di brani dalla comprovata efficacia, tra inderogabili scintille del “passato” e materiale più recente, il tutto orientato a non rendere il concerto una situazione sensoriale eccessivamente “cerebrale”, in conformità al clima di “festa” che sostiene l’intero avvenimento.
Insomma, è ineluttabile rimanere coinvolti dall’immarcescibile magnificenza di “Madalaine”, “Hungry”, “Headed for a Heartbreak” e del
kick-ass riff (come lo definisce un sempre fascinoso Kip Winger) di “Seventeen”, così come accogliere con sollecita soddisfazione i flutti importanti di dopamina cagionati da “You Are the Saint, I Am the Sinner” e dalle pulsazioni di “Blind Revolution Mad”, “Deal With the Devil” e “Stone Cold Killer”.
Discorso a parte lo merita, infine, una magica versione di “Miles Away”, in pratica l’unico momento introspettivo accordato ad una prestazione di notevole impatto emotivo e di elevato livello tecnico.
Il
guitar solo di Reb Beach (in generale mi è sembrato leggermente infastidito …
boh …) può essere considerato l’unica “ridondanza” di uno spettacolo assai godibile …
well done guys!
Setlist:
1. Midnight Driver of a Love Machine
2. Madalaine
3. Hungry
4. Pull Me Under
5. Blind Revolution Mad
6. Down Incognito
7. Rat Race
8. Deal With the Devil
9. Stone Cold Killer
10. Miles Away
11. Headed for a Heartbreak
12. Can't Get Enuff
13. Easy Come Easy Go
14. Reb Beach guitar solo
15. You Are the Saint, I Am the Sinner
16. Seventeen
Night RangerQui le cose, se possibile, si complicano ulteriormente, tenendo conto che è da quando vidi per la prima volta il filmato del loro “Live in Japan” (e parliamo di qualche “annetto” fa,
eh …) che attendo questo momento.
Dopo averli mancati ai tempi della tappa italica del loro
tour con Journey e Foreigner, sarebbe stato davvero “intollerabile” perdere nuovamente l’occasione di vedere all’opera uno dei miei (tanti, lo ammetto …) eroi personali del settore.
Assistere all’unico
show europeo (con tanto di visita turistica a Venezia, come c’informa il mitico Blades!) di una delle
band fondamentali dell’intera scena melodica internazionale mi ha permesso di giungere alla seguente, “profonda”, conclusione: la bella musica, il talento, il carisma e la passione autentica non sono aspetti che possono essere intaccati da una faccenda “trascurabile” come il passare del tempo, almeno se ti chiami Jack Blades (un generatore instancabile di energia e simpatia), Brad Gillis (incontenibile) e Kelly Keagy (“mostruoso” … introdotto come uno dei cinque batteristi / cantanti migliori al mondo assieme a Phil Collins, Ringo Starr, Don Henley e Gil Moore …), “gente” che sembra davvero aver trovato la fonte dell’eterna freschezza artistica.
Tanta esperienza, ovviamente, ma altrettanto entusiasmo (il termine più utilizzato in questo
report, mi sa …), condiviso altresì da due “innesti” importanti come Joel Hoekstra ed Eric Levy (seppur apparentemente imperturbabile e poco appariscente …), rendono un’esibizione dei
Night Ranger un’esperienza totalizzante per i loro
fans, risultando poi appassionante anche per chi certi suoni non li “frequenta” assiduamente.
Una scaletta SPETTACOLARE, che non trascura nemmeno i favolosi Damn Yankees (celebrati con impeccabili esecuzioni di “Coming of Age” e “High Enough”), solca la storia del gruppo, anticipa il suo luminoso futuro (con “High Road”,
title-track dell’imminente nuova uscita dei californiani) e si permette addirittura una brillante citazione di “Highway Star”, fornisce agli astanti una dimostrazione schiacciante di superiorità espressiva e tecnica, impossibile da confutare.
Difficile, in tale contesto, selezionare il momento più emozionante della circostanza, in un continuo susseguirsi di scosse emotive, da custodire gelosamente nella memoria per molto tempo.
Parafrasando il titolo di un loro
hit, qui puntualmente proposto con la consueta
verve,
il segreto del successo dei Night Ranger risiede proprio nel riuscire a far “star bene” chi li ascolta e li guarda … e di queste “cose” se ne avrà sempre un gran bisogno …
Setlist:
1. Touch of Madness
2. Sing Me Away
3. Lay It On Me
4. Sentimental Street
5. Coming of Age
6. The Secret of My Success
7. High Road
8. Eddie's Comin' Out Tonight
9. High Enough
10. Goodbye
11. Four in the Morning
12. When You Close Your Eyes
13. Don't Tell Me You Love Me (with "Highway Star")
Encore:
14. Sister Christian
15. (You Can Still) Rock in America
In sede di commenti finali posso solamente aggiungere che raramente ho assistito ad una manifestazione così imponente di professionalità ed infervoramento (vedere l’
headquarter della Frontiers così coinvolto e felice nonostante gli inevitabili oneri organizzativi è una faccenda che “scalda il cuore” ...), che il massiccio intervento di appassionati stranieri ha solo in parte mitigato la piccola delusione per una presenza nostrana al di sotto delle aspettative e che una buona risposta di pubblico complessiva fa ben sperare per il futuro … per un
Frontiers Rock Festival da confermare in toto (compresa la sede nella nostra ormai
ex Italietta, a questo punto …
ah, che soddisfazione nel potersi esprimere in questi termini!) e da far diventare l’appuntamento irrinunciabile di ogni
chic-rocker che si rispetti.
Complimenti a tutti quelli che si sono “sbattuti” (compresi i ragazzi del
Live Music Club di Trezzo,
venue eccellente per accoglienza, resa sonora e impostazione …) per realizzare un sogno, dunque, e a chi ci ha creduto fino in fondo attraverso la sua entusiastica (e forse un po’ incredula …) adesione … ovviamente l’obiettivo primario è continuare su questa strada e migliorarsi ulteriormente … insomma, come dice “qualcuno” che se ne intende …
don’t stop believing!